Il contribuente che presenta il modello 730 (precompilato o ordinario) ottiene l’eventuale rimborso del credito Irpef direttamente nella busta paga o nella rata di pensione, oppure verserà l’eventuale debito Irpef mediante trattenuta sempre nello stipendio mensile o nella pensione.
Quest’anno con riferimento ai rimborsi Irpef, a seguito delle novità, vi potranno essere delle variazioni in termini di tempo rispetto allo scorso anno.
Nello specifico, la data di effettuazione dell’eventuale rimborso, è correlata a quella di invio del modello 730, che potrà avvenire con tempistiche differenziate specie per chi si rivolge ai Caf o ai professionisti abilitati.
Proroga invio modello 730/2020: le nuove scadenze
Si ricorda che a causa dell’emergenza sanitaria dovuta al coronavirus, è stato modificato con il D.L. 9/2020 (che in pratica ha anticipato di un anno quelle che erano le disposizioni previste dall’articolo 16-bis, comma 5, del D.L. n. 124 del 26 ottobre 2019) il calendario relativo alla presentazione della dichiarazione dei redditi modello 730/2020, e agli adempimenti conseguenti.
Da quest’anno il termine ultimo per la trasmissione del modello 730 ordinariamente fissato al 23 luglio, slitta al 30 settembre.
Per quanto concerne i rimborsi, fino allo scorso anno i lavoratori dipendenti o pensionati, ricevevano l’eventuale rimborso a partire dal mese di luglio o, agosto per i pensionati.
Con lo spostamento del termine di presentazione al 30 settembre, i tempi probabilmente potranno diventare più lunghi, e i primi che riceveranno l’eventuale rimborso Irpef, saranno i contribuenti che invieranno il modello 730 entro la fine del mese di maggio.
Vedi anche Certificazione unica 2020, minimi e forfetari: istruzioni e scadenze
I rimborsi fiscali con il modello 730: istruzioni e tempi di rimborso
Con il modello 730, viene effettuato il calcolo delle imposte dovute dal contribuente, sulla base dei redditi percepiti, e delle detrazioni fiscali riconosciute.
Se dal calcolo, sarà evidenziato un credito per il contribuente (significherà che avrà avuto maggiori trattenute in busta paga o sulla pensione rispetto a quanto effettivamente dovuto), potrebbe maturare il diritto ad un rimborso Irpef.
L’Agenzia delle Entrate rende disponibili ai sostituti d’imposta, entro 10 giorni dalla ricezione, i risultati contabili dei modelli 730 (cioè i modelli 730-4).
I rimborsi che scaturiscono dal modello 730, saranno erogati con il primo stipendio utile, a partire dal mese successivo a quello in cui il datore di lavoro ha ricevuto il prospetto di liquidazione. Le stesse scadenze valgono per i contribuenti che chiudono il modello 730 a debito.
Anche per le pensioni, l’INPS e tutti gli enti pensionistici, effettueranno le operazioni di accredito (o di addebito) a partire dal secondo mese successivo a quello di ricezione del prospetto di liquidazione.
Secondo quanto indicato nelle istruzioni ministeriali del modello 730, a partire dalla retribuzione del mese di luglio, il datore di lavoro o l’ente pensionistico deve effettuare i rimborsi relativi all’Irpef e alla cedolare secca o trattenere le somme o le rate (se è stata richiesta la rateizzazione), dovute a titolo di saldo e primo acconto relativi all’Irpef e alla cedolare secca, di addizionali regionale e comunale all’Irpef, di acconto del 20 per cento su taluni redditi soggetti a tassazione separata, di acconto all’addizionale comunale all’Irpef.
Non verrà eseguito il versamento del debito o il rimborso del credito di ogni singola imposta o addizionale se l’importo che risulta dalla dichiarazione è uguale o inferiore a 12 euro.
Nel caso dei pensionati, queste operazioni vengono di solito effettuate a partire dal mese di agosto o di settembre (anche se è stata richiesta la rateizzazione).
Qualora la retribuzione erogata nel mese risulti essere insufficiente, la parte residua, maggiorata dell’interesse previsto per le ipotesi di incapienza, sarà trattenuta nei mesi successivi fino alla fine del periodo d’imposta.
L’Agenzia delle Entrate può effettuare controlli preventivi sul modello 730 presentato, entro 4 mesi dal termine previsto per la trasmissione della dichiarazione, ovvero dalla data della trasmissione, se questa è successiva a detto termine. Il rimborso spettante al termine delle operazioni di controllo preventivo viene poi erogato dalle Entrate entro il sesto mese successivo al termine previsto per la trasmissione della dichiarazione, ovvero dalla data della trasmissione, se questa è successiva a questo termine.
Dichiarazione dei redditi e rimborsi Irpef: le novità 2020
Da quest’anno, entrerà in scena una nuova tempistica per i conguagli Irpef e, per chi beneficerà dell’assistenza fiscale (probabilmente ancora la maggioranza dei contribuenti), i tempi per la ricezione dei rimborsi Irpef sono legati ai termini entro i quali i Caf, i professionisti e il sostituto, dovranno trasmettere all’Agenzia delle Entrate il risultato finale della dichiarazione dei redditi, nello specifico:
- entro il 15 giugno per le dichiarazioni presentate (dal contribuente) entro il 31 maggio;
- entro il 29 giugno, per quelle presentate dal 1° al 20 giugno;
- entro il 23 luglio, per quelle presentate dal 21 giugno al 15 luglio;
- entro il 15 settembre, per quelle presentate dal 16 luglio al 31 agosto;
- entro il 30 settembre, per quelle presentate dal 1° al 30 settembre.
I rimborsi che emergeranno dal risultato del 730, saranno dunque erogati sul primo stipendio utile, a partire dal mese successivo a quello in cui il datore di lavoro ha ricevuto il prospetto di liquidazione. Stessa regola si applicherà in caso di invio del modello 730 precompilato.
Per i contribuenti che invieranno il modello 730/2020 con risultato a credito entro l’ultimo termine utile del 30 settembre 2020, i rimborsi potranno arrivare a partire dal mese di ottobre 2020. Inviare il modello 730 a settembre comporterà un ulteriore differimento della data a partire dalla quale il sostituto d’imposta, o direttamente l’Agenzia delle Entrate, avvierà le operazioni di rimborso Irpef e gli addebiti d’imposta.
Rimborso Irpef 2020: se manca il sostituto d’imposta
In assenza di sostituto d’imposta, se dalla dichiarazione presentata emerge un credito, il rimborso è eseguito direttamente dall’Agenzia delle Entrate.
Se il contribuente ha fornito all’Agenzia le coordinate del suo conto corrente bancario o postale (codice IBAN), il rimborso viene accreditato direttamente sul conto.
La richiesta di accredito può essere effettuata online (è prevista una specifica applicazione sul sito internet www.agenziaentrate.gov.it, e chi è registrato ai servizi telematici può farlo attraverso il canale Fisconline), oppure presso qualsiasi ufficio delle sedi territoriali. Se non sono state fornite le coordinate del conto corrente, il rimborso è erogato tramite titoli di credito a copertura garantita emessi dalle Poste Italiane.
La presenza di un debito d’imposta
Dal risultato del modello 730, potrebbe emergere anche una somma da pagare (quindi un debito) ad esempio nei casi un cui nel corso dell’anno si sono percepiti redditi da diversi datori di lavoro, o deve essere restituito il bonus Irpef.
In presenza di una imposta a debito, per lavoratori dipendenti o pensionati, il pagamento verrà disposto dal proprio sostituto d’imposta mediante addebito Irpef in busta paga o nella rata della pensione.
Chi invece presenta il modello 730 senza sostituto, dovrà provvedere autonomamente al pagamento dell’importo che scaturisce dalla liquidazione, mediante addebito su conto corrente (previa comunicazione dell’IBAN) o versamento mediante modello F24. In questo caso la scadenza ordinaria (saldo e primo acconto) è il 30 giugno (30 luglio con la maggiorazione dello 0,40%).
Se il 730 precompilato senza sostituto è presentato direttamente all’Agenzia delle Entrate, nella sezione del sito internet dedicata al 730 precompilato, il contribuente può eseguire il pagamento on line oppure stampare il modello F24 per effettuare autonomamente il pagamento con le modalità previste dalla legge.
Per i contribuenti senza sostituto d’imposta che hanno utilizzato un intermediario (Caf, commercialista) per presentare il 730 possono operare il conguaglio anche versando l’importo mediante F24 ricevuto dall’intermediario abilitato.
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Mai come in questo periodo il tema degli ammortizzatori sociali è stato così sentito dall’intero sistema produttivo. In occasione della pandemia Covid19 ed alle conseguenti chiusure degli esercizi commerciali e dei siti produttivi il ricorso agli ammortizzatori sociali ha coinvolto praticamente tutto il mondo del lavoro. Un vero stress-test dell’impianto disegnato dal D.lgs 148/15. Il decreto legislativo, inserito nella più ampia manovra passata alla storia come JobsAct, traendo esperienza dalla crisi del 2009 ha previsto al fianco degli ammortizzatori sociali “storici” (il sistema della cassa integrazione ordinaria e straordinaria) una copertura rispetto a settori, fino a quel momento, poco interessati alla gestione di temporanee crisi d’impresa. Le considerazioni che si possono fare a valle del dramma Coronavirus, ed alle conseguenze che lo stesso ha determinato nel mondo del lavoro ed al nuovo assetto che ne deriva degli ammortizzatori sociali, sono diverse. Partirei dal porre quattro questioni che ritengo primarie:1) ha senso disegnare tanti sistemi e procedure diverse per affrontare i medesimi problemi? Non sarebbe più corretto giungere ad un meccanismo unico per rispondere alle crisi d’impresa?2) in che rapporto si deve porre sistema di ammortizzatori conservativi con un meccanismo di politiche attive del lavoro che favorisca la mobilità e la ricollocazione della forza lavoro?3) se il beneficiario dell’ammortizzatore sociale è il lavoratore come inquadrare l’inadempienza contributiva del datore di lavoro? Quali le sue conseguenze?4) chi deve pagare il sistema di ammortizzatori sociali? Il mondo del lavoro o la fiscalità generale?Sono quesiti importantissimi quelli che ci lascia come eredità la crisi della pandemia del 2020. Per provare a fornire una complessiva, sia pure in termini generali, risposta ritengo che sia necessario partire dalla valutazione di quello che ha funzionato e quello che non ha funzionato in questi mesi.Avere tanti strumenti differenti suddivisi per tipologia e dimensione d’impresa crea una difficoltà enorme di gestione del sistema obbligando sia gli operatori professionali (consulenti del lavoro) che la PA ad impiantare, conoscere e manutenere sistemi tecnologici differenti. La tecnologia in una situazione del genere diventa un amplificatore di burocrazia. Esattamente il contrario dell’approccio digitale ai problemi. Un sistema non si semplifica trasformando moduli cartacei in digitali, si semplifica utilizzando l’analisi digitale per un suo ripensamento. Quindi uno strumento “tagliato su misura” per ogni impresa non diventa sinonimo di strumento idoneo, al contrario crea una babele di procedure nella quale è difficile districarsi. A tutto ciò deve aggiungersi che il D.lgs 148 ha previsto la creazione di ammortizzatori sociali di comparto, i fondi bilaterali, creati dalle forze sociali di settore. Un simile impianto prevede un presupposto fondamentale. La chiarezza di chi sia rappresentativo di un settore e quale sia la contrattazione collettiva di effettivo riferimento. Senza di ciò il sistema di finanziamento di questi fondi rischia di entrare in quel complesso di dubbi interpretativi che ha sempre accompagnato gli istituti presenti nella cd. “parte obbligatoria” del CCNL alla stregua degli enti bilaterali, della sanità integrativa o della previdenza complementare. In definitiva se non si parte dalla vigenza erga omnes di talune disposizioni diventa impossibile pretendere la contribuzione e, conseguentemente in un sistema puramente assicurativo, la prestazione.Veniamo al punto successivo. In mancanza di contribuzione manca la prestazione. Questo è evidente in un impianto assicurativo classico ma il concetto è difficilmente traslabile in un meccanismo di sicurezza sociale in cui il contraente (datore di lavoro) ed il beneficiario (lavoratore) sono soggetti diversi. La prestazione consente di evitare il licenziamento del lavoratore ed il mantenimento del rapporto di lavoro sia pure in fase di temporanea sospensione. Si evita di generare disoccupazione involontaria. Pertanto, in ossequio all’art. 38 Cost., dovrebbe valere, per ogni tipologia di ammortizzatore, il principio dell’automaticità della prestazione fermo restando l’obbligo contributivo del datore di lavoro. Altro tema importante è quello relativo alla funzione propria degli ammortizzatori sociali. Il nome stesso “ammortizzatore” evoca la funzione di quel meccanismo che serve ad evitare colpi improvvisi ed a superare dossi o avvallamenti stradali con il minor danno possibile. Sul punto il richiamato D.lgs 148/15 aveva ben introdotto meccanismi che impedissero l’attivazione degli strumenti per funzioni diverse (pensiamo al caso di cessazione dell’attività aziendale) promuovendo in tali circostanze meccanismi di presa in carico del lavoratore da parte dei servizi di ricollocazione con supporto della assicurazione sociale per l’impiego (naspi). Negli anni questi concetti sono stati un po’ lasciati in disparte dal sistema che ha preferito “tornare all’antico” accantonando la ricollocazione dei lavoratori, propria delle politiche attive del lavoro, e privilegiando il sostegno al mancato reddito riprendendo quindi temi di politiche passive del lavoro. Un meccanismo così impostato rende difficile ipotizzare riprese occupazionali visto anche il dichiarato e mai realizzato potenziamento tecnico/organizzativo dei centri per l’impiego ai quali l’avvento della figura dei “navigator” non ha fornito alcun beneficio concreto.Ultimo tema sollevato è quello relativo al finanziamento degli ammortizzatori sociali. La questione è molto ampia e delicata. Mi limito solo a segnalare che la risposta dipenderà dalla funzione che il sistema darà agli stessi. Se rimanessero nell’alveo di uno strumento temporaneo di “sicurezza aziendale” il loro costo non potrà che essere a carico delle imprese e dei lavoratori. Se invece si evolvesse a meccanismo di generale ed universale difesa dalla povertà (reddito di cittadinanza), ancorchè temporanea, del lavoratore potrebbe aprirsi un tema di riconsiderare come destinatario del costo non il mondo del lavoro ma l’intera collettività. In questo caso l’aggravio per la fiscalità generale sarebbe compensato dal minor onere per le imprese che potrebbe tradursi con maggior gettito salariale e quindi maggior introito fiscale.Tematiche ampie e strutturali. Sicuramente lo stress test Covid19 non passerà inosservato anche in tema di ammortizzatori sociali che saranno probabilmente ristrutturati. Come ogni crisi, anche questa, avrà come conseguenza elementi di miglioramento. L’economista Joseph Schumpeter insegnava che proprio dalla crisi, la cui etimologia greca fa riferimento al cambiamento, deriva ogni miglioramento sociale. Speriamo valga anche questa volta.Paolo Stern – presidente Nexumstp S.p.A.Paolo SternConsulente del Lavoro in Roma. Socio fondatore di Nexumstp Spa. Autore di numerose pubblicazioni in materia di lavoro e relatore a convegni e seminari. Professore a contratto presso università pubbliche e private.Sara Di NinnoDottore in Scienze politiche e Relazioni internazionali, collaboratrice area normativa del lavoro presso Nexumstp Spa. Specializzata in Diritto del lavoro e Relazioni industriali, è dottore di ricerca in Diritto pubblico, comparato ed internazionale, con tema di ricerca in Diritto del lavoro internazionale, e docente in corsi di formazione in materia di disciplina del rapporto di lavoro.Massimiliano Matteucci Consulente del Lavoro in Roma, Socio Nexumstp spa. Laureato in Economia. Specializzato in normativa di Diritto del lavoro e previdenza sociale. Cultore della materia presso la Cattedra di Diritto del lavoro dell’Università La Sapienza di Roma e preso l’Università Niccolò Cusano di Roma. Membro del Centro Studi dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro Roma, relatore a convegni e seminari. È articolista per la rivista TWOC dell’Ordine dei Consulenti del Lavoro di Roma. Consulente Asseveratore Asseco.Lorenzo Sagulo Laureato in Economia e Gestione delle imprese all’Università degli Studi “Roma Tre”. Collabora con Nexumstp Spa nell’area consulenza del lavoro. È specializzato in normativa di Diritto del lavoro e relazioni industriali.
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