Riforma scuola 2015: assunzioni addio, ma bastava un decreto legge

Inizialmente dovevano essere centomila, forse anche più. I precari della scuola in attesa dell’assunzione definitiva hanno sperato a lungo che il 2015 fosse infine l’anno decisivo, ma a metà giugno è arrivata la doccia gelata: il primo settembre, in cattedra non andrà nessuno.

Almeno, questa è stata la minaccia del premier Renzi evocata nei giorni scorsi, quando esaminando lo stato del’arte del ddl “la buona scuola”, ha sconfessato le promesse dei mesi scorsi, obbligate anche dalla sentenza della Corte europea che ha condannato l’Italia sul trattamento riservato agli insegnanti precari.

“Tremila emendamenti sono troppi – ha riconosciuto il premier – di questo passo non ci saranno assunzioni nell’anno che sta per iniziare”. Un’affermazione che ha gettato nello sconforto migliaia e migliaia di precari speranzosi di ottenere l’agognato riconoscimento dopo lunghi anni di instabilità, supplenze, sostituzioni e continui cambi di località.

Del resto, però, che il disegno di legge di riforma della scuola non fosse nato sotto la stella della rapidità, lo si era capito già a marzo, quando venne presentato per la prima volta in Consiglio dei ministri. O sarebbe meglio dire, quando non venne presentato in Cdm, dal momento che il piano di riorganizzazione della pubblica istruzione venne dapprima annunciato e poi rinviato, lasciando intendere che le anime nel governo su questo progetto fossero tutt’altro che concordi. Una sensazione resa ancor più forte dalle minacce di dimissioni del ministro Stefania Giannini.

In prima battuta, infatti, per accelerare il processo di restyling del comparto educativo e soprattutto dell’organico docenti, si era accennato di procedere con un decreto legge, che sarebbe entrato in vigore all’indomani della pubblicazione in Gazzetta ufficiale, obbligando il Parlamento a procedere a marce forzate per evitare la decadenza.

Oggi, con ogni probabilità, se si fosse imboccata quella strada, la regolarizzazione dei famosi centomila precari sarebbe già una legge fatta e finita, con le procedure per le assunzioni già avviate e tutto il tempo davanti per chiudere le pratiche prima del ritorno sui banchi.

A distanza di tre mesi, invece, la situazione è del tutto immutata rispetto al quadro di urgenza e ineluttabilità che aveva contraddistinto inizialmente la consultazione pubblica online di fine 2014. Un referendum chiuso con la raccolta dei dati relativi alle principali lacune di un sistema educativo sempre troppo indietro rispetto alle attese degli utenti e agli obiettivi di governi, bravi a incensare il valore della scuola, ma molto rapidi a ridurre drasticamente gli aiuti e i fondi a disposizione degli istituti.

Così, è tutto rimandato – di nuovo – alla prossima settimana, quando l’auspicio è quello di vedere una drastica riduzione degli emendamenti presentati in Senato, che potrebbero alleggerire il peso di una disegno di legge il quale non è ancora mai approvato all’esame dell’aula parlamentare. Con due mesi di fronte, i tempi tecnici e le vacanze di mezzo, l’entrata in ruolo dei famosi centomila precari appare, in ogni caso, quantomai proibitiva. Il sospetto, però, è che qualcuno lo avesse già messo in conto, una volta che venne deciso di accantonare il decreto legge, per un cammino molto più lento il cui approdo naturale è proprio quello che si sta vivendo in questi giorni.

 

Francesco Maltoni

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