Recentemente Antonio Coviello, Garante Nazionale degli Assicurati, è stato audito dalla Commissione Finanze della Camera dei Deputati, in merito alla proposta di legge sul cosiddetto “Premio minimo RC auto“, esprimendo il suo pieno appoggio alla proposta di modifica all’art. 133 del Codice delle Assicurazioni avanzata dall’On. Borrelli, deputato di Alleanza Verdi e Sinistra.
Coviello punta il dito contro l’attuale criterio di determinazione del premio auto, che si basa su elementi di rischio molto eterogenei, tra i quali la “rischiosità” del territorio di residenza dell’assicurato. Ciò comporta che, allo stato attuale, un conducente attento alla guida che non ha mai causato incidenti e residente, ad esempio, a Reggio Calabria paga un premio assicurativo molto più alto di un altrettanto virtuoso automobilista che vive in una città del nord Italia.
Una situazione che, oltre ad alimentare un sentimento di profonda ingiustizia nei cittadini del meridione, incentiva il pericoloso fenomeno dell’evasione assicurativa.
Coviello è poi critico in merito alla soluzione del “premio medio nazionale“, visto che creerebbe una situazione opposta scontentando gli automobilisti che hanno sempre pagato un premio più basso della media in virtù dell’applicazione del criterio di rischiosità territoriale.
In questo contesto la proposta di istituzione del cosiddetto “premio minimo nazionale” appare senz’altro una soluzione sensata.
Agli automobilisti che non hanno causato sinistri negli ultimi 10 anni sarebbe garantita l’applicazione del profilo tariffario assicurativo più basso tra quelli previsti a livello nazionale, a prescindere dalla residenza.
A mio parere si otterrebbero, così, tre risultati positivi: si incentiverebbe la guida virtuosa con potenziale diminuzione dei sinistri, sarebbero diminuite le disparità tra nord e sud in tema di tariffe RC auto e si porrebbe un argine al fenomeno dell’evasione assicurativa.
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L’ostacolo all’introduzione di questa novità va identificato sull’impatto finanziario generale che potrebbe avere sul sistema assicurativo, che si troverebbe a dover “ammortizzare” un ammanco economico significativo dovuto all’abbassamento dei premi, soprattutto al Sud.
Se diminuiscono i premi per chi non causa incidenti, parallelamente non potranno che aumentare i premi per chi invece ha la sventura di causare un incidente, con incrementi senz’altro maggiori rispetto al passato.
Chi, suo malgrado, causa un incidente stradale non dovrebbe mai essere criminalizzato o punito in modo eccessivo. Il fatto che sia chiamato a pagare un premio maggiore ha la sua logica, ma un aumento applicato in misura superiore rispetto al passato per compensare le minori entrate dei premi “minimi garantiti” sarebbe decisamente iniquo.
Del resto parliamo di persone che, nella stragrande maggioranza dei casi (escludendo, ovviamente, le condotte che hanno risvolti anche sul piano penale, come nel caso in cui determinino lesioni gravissime o mortali) hanno semplicemente commesso un’imprudenza o una disattenzione, per quanto censurabile. Del resto è proprio per questa eventualità che esiste l’assicurazione, ovvero per garantire la sicurezza e la possibilità di risarcimento per tutti.
Se questa riforma dovesse concretizzarsi, pertanto, è auspicabile che il Legislatore stabilisca precisi limiti alle strategie commerciali che le compagnie potranno adottare per gestirne l’impatto economico.
Dopotutto, non mi pare proprio che le imprese di assicurazioni in Italia abbiano i bilanci in rosso. Anzi.