Secondo quanto annunciato nei giorni scorsi dallo stesso presidente del Consiglio Renzi, infatti, un intervento corposo sul welfare non potrà avvenire prima del 2015, ma è scontato che un piano come quello in procinto di avviarsi sul comparto del lavoro pubblico, non potrà lasciare indenni quei lavoratori vicini al ritiro dopo una carriera negli enti dello Stato.
Così, ieri lo stesso premier ha ufficializzato l’ipotesi della staffetta generazionale, cioè quel turnover tra lavoratori ormai vicini all’età pensionabile e i giovani mai pienamente assunti, più volte proclamato anche dai precedenti governi, ma mai attuato in maniera definitiva.
Nel disegno di legge che sarà licenziato oggi dal Consiglio dei ministri, che reca la firma del ministro della Funzione Pubblica Marianna Madia, dovrebbe dunque trovare spazio la nuova versione di questo programma di avvicendamento tra vecchi e nuovi dipendenti pubblici, con lo scopo di abbassare l’età media del personale in funzione negli uffici dello Stato.
Sul fronte economico, il governo non si dice troppo spaventato dagli eventuali costi di questa operazione, dal momento che i nuovi stipendi sarebbero ragionevolmente più bassi di quelli dei lavoratori uscenti. Resta da valutare, invece, l’impatto sui conti previdenziali, osservati speciali già dall’avvento della legge Fornero a fine 2011, che ha stabilito una tabella di marcia fino al 2020 serratissima sulla spesa delle prestazioni Inps.
Una delle possibili vie d’uscita che potrebbe essere concessa ai lavoratori, è quella di avallare un ritiro negli ultimi 5 anni, in previsione di arrivare a 40 effettivamente lavorati. Il rapporto definitivo tra ingressi e uscite, alla fine, potrebbe venire a realizzarsi secondo questa proporzione: ogni tre neo pensionati, dovrebbe entrare un giovane.
Insomma, l’operazione, se compiuta, potrebbe avviare davvero una mini rivoluzione, dal momento che gli organici della PA, oltre che ringiovaniti in senso anagrafico, sarebbero al centro di una vera e propria dieta, volta a ridurne sensibilmente il numero degli addetti. A favorire questo procedimento, sicuramente, il decreto 101 varato dall’esecutivo di Enrico Letta, che ha postulato l’entrata in servizio di decine di migliaia di precari della pubblica amministrazione entro il 2016. In questo senso, sono state garantite corsie preferenziali per l’ammissione ai concorsi pubblici per coloro che avessero maturato periodi di lavoro con contratto a termine, al fine di assicurare il riconoscimento delle esperienze svolte e dei titoli maturati, ivi compreso anche il superamento di quelle selezioni, poi mai sfociate in assunzioni definitive.
Ora, dunque, per conoscere i dettagli di questo provvedimento dovremo attendere il Consiglio dei ministri, ma è evidente che ogni intervento sulla pubblica amministrazione,a questo punto, non può prescindere dallo sfoltimento degli organici. A tal proposito, rimane lo spettro degli esuberi, anche se il premier si è affrettato a rassicurare dicendo che “nessuno verrà licenziato”. La sola alternativa, insomma, resta lo scivolo pensionistico: una strada piena di ostacoli, ma al momento l’unica praticabile.
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