Riforma pensioni: perché il contributo sugli assegni sarà un flop

Redazione 21/08/14
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Mentre si continua a discutere sul possibile prelievo alle pensioni medio alte, arrivano già le prime proiezioni dell’entità del contribuo di solidarietà proposto dal ministro del Lavoro Giuliano Poletti. E le prospettive dipingono una situazione di incertezza, non solo sul fronte politico della misura, ma anche sull’effettiva utilità della stessa, almeno nei propositi che si dovrebbe prefiggere.

Attualmente, è bene ricordarlo, la politica è ferma ai box per le vacanze ferragostane, con il Parlamento che riaprirà le aule solo nei primi giorni di settembre. Il governo, però, è pronto a tornare in sella, già a partire dalla prossima settimana, con il Consiglio dei ministri programmato per venerdì 29 agosto che promette veri e propri botti. Lì, infatti, non solo dovrebbe vedere la luce la promessa riforma della giustizia firmata da Renzi e dal nuovo Guardasigilli Andrea Orlando, ma, se davvero arriverà un contributo di solidarietà per le pensioni medio-alte, è possibile che il provvedimento finalizzato alla sua introduzione possa esordire proprio nel “primo giorno di scuola” al rientro dalle vacanze.

Ancora, i dettagli esatti del contributo non sono noti e, anzi, il premier si è affrettato a smentire tutto quanto, prima di volare in Iraq in visita ufficiale per fronteggiare la minaccia dell’Isis, il califfato che sta nuovamente destabilizzando il Paese mediorentale.

Sulle pensioni, al momento, l’unica certezza è la posizione favorevole del ministro del Lavoro a un nuovo prelievo sulle mensilità ancora calcolate con il metodo retributivo, al fine di equipararle a quelle invece conteggiate con le nuove regole del metodo contributivo. La differenza tra l’attuale assegno e quello che verrebbe erogato con il cambio di rotta, dovrebbe andare a finanziare pieni di recupero o di prevenzione rivolti a potenziali esodati o cassintegrati, dunque alle categorie più svantaggiate del welfare.

Quello che però non si accenna, è che al momento il 98% delle prestazioni erogate dall’Inps sono di tipo retributivo e che, purtroppo,  è quasi impossibile appurare con certezza assoluta a quanto ammonterebbero le pensioni di artigiani e quelle precedenti agli anni Ottanta, dove il solo tentativo di risalire ai contributi versati sarebbe uno spreco di tempo. In aggiunta, non va dimenticato come gran parte delle prestazioni pensionistiche per mano pubblica siano di tipo assistenziale, dunque erogate dallo Stato in maniera del tutto straordinaria. Al momento, infatti, sulla spesa pensionistica quella di tipo previdenziale classico incide per circa il 30%, mentre quasi 5 milioni sono le quote assistenziali, con 2 milioni di assegni di accompagnamento e un totale di  milioni di pensionati su 16 milioni che usufruiscono di qualche integrazione non avendo completato il versamento di 15 anni interi nella carriera lavorativa per la certezza del metodo retributivo.

Insomma, da queste cifre si nota come il prelievo secondo le linee guida abbozzate in questi giorni, finirebbe per essere di natura arbitraria, da un lato e, dall’altro, non riuscirebbe a raggiungere lo scopo prefissato dal governo, per la semplice ragione che gran parte delle pensioni sarebero escluse dal suo raggio d-azione. Si attendono ulteriori sviluppi per scoprire se si sia trattato di un colpo di sole ferragostano, oppure della mossa disperata del governo per raggranellare qualche spicciolo a spese dei soliti noti.

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