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FLESSIBILITA’ IN USCITA: QUALI SONO LE NUOVE OPZIONI?
Sembra, infatti, che non usciranno prima della fine del 2016, con la prossima manovra finanziaria, i nuovi presupposti per poter accedere al prepensionamento.
Spetterà, infatti, alla prossima legge di Stabilità per il 2017 chiudere (si spera) la partita sulle uscite flessibili, dietro specifiche penalizzazioni, verso la tanto agognata, per molti lavoratori, pensione anticipata.
Circa poi la flessibilità, le ipotesi che si delineano sembrano rimanere quelle relative a:
1) prestito previdenziale;
2) estensione dell’Opzione donna (anche se rivista).
PENSIONE ANTICIPATA NEL 2016: NESSUNA SPERANZA?
Il tema che, dietro la pressione dei lavoratori prossimi alla pensione e dei sindacati, doveva essere incluso nella legge di Stabilità per il 2016, tuttavia, su scelta del Governo, è stato rimandato al prossimo anno.
Per dare, quindi, avvio ai nuovi lavori sulla riforma è giunto il tempo. Lo aveva già confermato il sottosegretario alla Presidenza, Tommaso Nannicini, anche se prima rimane ancora da sciogliere il nodo dei costi che seguiranno l’intero intervento.
La cosiddetta flessibilità in uscita per le pensioni verrebbe, infatti, a costare dai 5 ai 7 miliardi annui “per diversi anni”, aveva precisato Nannicini. Ecco motivata, dunque, l’esigenza di dover ricorrere alle inevitabili penalizzazioni con tanto di relativa necessità di accertare anche la compatibilità dell’operazione con i conti dello Stato.
PENSIONI: RIMBORSO PER MACATO PAGAMENTO DELLE PEREQUAZIONI, QUALI NOVITA’?
A complicare ulteriormente la questione riguardante la riforma pensioni interviene, poi, la problematica relativa ai rimborsi per il mancato pagamento delle perequazioni. A seguito della sentenza della Corte Costituzionale dell’anno scorso, infatti, il consecutivo decreto, responsabile di aver stabilito una restituzione parziale ai pensionati, torna di nuovo al centro del vaglio di costituzionalità.
Dopo la pronuncia del Tribunale di Palermo, nello specifico, anche il giudice del lavoro del tribunale di Brescia ha rimesso alla Corte Costituzionale il decreto legge 65/2015, il quale ha restituito solo parzialmente il mancato adeguamento delle pensioni all’inflazione nel biennio 2012-2013, nonché la legge 147/2013 con riferimento al meccanismo di perequazione del triennio 2014-2016.
Le anzidette disposizioni di legge violano i principi costituzionali degli articoli 3, 36 e 38 perché vanno a ricadere, oltre che sull’adeguatezza della pensione, sul principio di proporzionalità tra pensione e retribuzione, finendo anche con il discriminare, in maniera del tutto illogica, una categoria di pensionati.
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