Riforma pensioni e lavoro: governo prende in carico esodati e giovani

Redazione 23/05/13
Sono 77 i miliardi di euro che la riforma delle pensioni di Elsa Fornero, che ha generato il caos esodati, consentirà di risparmiare da qui al 2020. Il dato confermato dalla Ragioneria dello Stato è l’ostacolo più alto per il nuovo governo, intento a rivedere gli ingranaggi della legge in vigore, con l’obiettivo di eliminare i fattori di rischio e marginalità, ma, al contempo, evitare di spolpare ulteriormente le casse pubbliche.

E’ per questo che, ieri, il ministro del Lavoro Enrico Giovannini ha annunciato che verranno apportati correttivi “con il cacciavite” alla legge firmata dal precedente titolare del dicastero sul Welfare, che ha realizzato le sue riforme sul lavoro e, soprattutto, sulle pensioni in un contesto di attacco alla stabilità finanziaria del sistema Italia, tale da richiedere interventi drastici, i quali però, hanno prodotto effetti imprevisti, come quello, drammatico, degli oltre 300mila esodati lasciati senza lavoro e senza trattamento pensionistico.

A questo proposito, la priorità per il governo, che ieri ha dato il via agli incontri con le parti sociali, è quella di, innanzitutto, bloccare l’emersione di ulteriori lavoratori non salvaguardati, ritoccando la legge sulle pensioni proprio nei suoi aspetti più critici.

Così, l’ultima novità in orbita welfare, spuntata nelle ultime ore, è quella che prevederebbe un taglio alle pensioni più ricche, al fine di accumulare un tesoretto tale da consentire un margine minimo di manovra sul comparto lavorativo, che tiri dentro anche i giovani senza occupazione, un’altra moltitudine inoperosa, che lo Stato vuole farsi carico di guidare fuori dalle sabbie mobili dell’inattività.

Obiettivi nobili, certamente, che però devono sposarsi con una situazione economica tuttora fortemente precaria, che dovrà operare con precisione per favorire maggior equità tra le varie fasce sociali e anagrafiche: in questo senso, il taglio delle pensioni più elevate “è un elemento di giustizia sociale – ha affermato il ministro Giovannini – e attualmente è una delle proposte che sono state fatte”.

Una strategia che rientra appieno dentro quel principio guida del patto generazionale più volte annunciato sia dallo stesso premier Enrico Letta che dal ministro Giovannini in persona, nelle poche uscite pubbliche finora intrattenute. Così, il rovescio della medaglia di questa stretta alle pensioni sarà quello di favorire l’occupazione giovanile con misure precise, tra cui la riduzione del periodo di intervallo tra la conclusione di un contratto a termine e il successivo, mentre appare più ostica la sospensione del contributo aggiuntivo sui contratti flessibili, fissato a 1,4%.

Sul tavolo, nel frattempo, per le pensioni sono sempre presenti le proposte Damiano e Baretta, che prendono ispirazione dalle precedenti bozze Treu e Cazzola: l’uscita elastica tra i 62 e 70 anni, con penali o bonus a seconda che l’addio al lavoro avvenga prima o dopo i 65, dovrebbe garantire la chiusura definitiva della pratica esodati. L’unico dubbio riguarda, per l’appunto, l’ammontare di tali deficit nell’assegno mensile dei futuri pensionati: le opzioni riguardano se incrementare i tagli nelle mensilità sulla base di quanto già previsto dalla riforma Fornero, o, in alternativa, proporre una riduzione base del 10% della pensione, che via via si alleggerirebbe a seconda della “resistenza” del lavoratore al proprio posto. Insomma una flessibilità orientata, che consenta l’uscita in anticipo, presentando però forti incentivi al ritiro oltre il minimo per l’età pensionabile.

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