E’ ormai scontro aperto, tra sindacati ed esecutivo, con le sigle di rappresentanza che si schierano a difesa dei pensionati privati del diritto di vedersi riconosciuta l’indicizzazione dell’assegno pensionistico, bloccata dalla legge di fine 2011 che ha cambiato per sempre i connotati al sistema di welfare italiano.
Nelle ultime ore, la Consulta si è resa protagonista di un balletto senza precedenti, che ha visto l’intervento tramite un comunicato degli stessi giudici costituzionali per chiarire la posizione in merito alla legge e alla sentenza sull’illegittimità dello stop all’indicizzazione degli assegni.
Se, in un primo momento, infatti il sottosegretario all’Economia e leader di Scelta civica Enrico Zanetti si era dichiarato convinto che non tutti i pensionati avrebbero potuto permettersi di avanzare un ricorso in sede di giudizio per ottenere il rimborso agognato, era da registrare la replica, provenuta da ambienti vicini alla Consulta, che sottolineava l’immediata applicabilità della sentenza, avvenuta la pubblicazione in Gazzetta Ufficiale.
In sostanza, la Corte rimetteva il governo all’obbligo di saldare tutti i pensionati interessati dalla mancata rivalutazione, prospettando un esborso di oltre dieci miliardi, addirittura di 16 secondo la Cgia di Mestre.
Poi, ieri, improvvisamente, ecco il dietrofront della stessa Corte costituzionale, che ha ribadito sì la piena effettività della sentenza – e la sostanziale evitabilità dei ricorsi – ma che la stessa vuole fungere da monito per la politica, a cui è rimessa la facoltà di intervenire sulla normativa. Le sentenze, ha scritto la Consulta “producono la cessazione di efficacia della norma stessa dal giorno successivo alla pubblicazione della decisione. Da quel momento gli interessati possono adottare le iniziative che reputano necessarie e gli organi politici, ove lo ritengano, possono adottare i provvedimenti del caso nelle forme costituzionali”.
Dunque, che la Corte indica alla politica di poter intervenire per calmierare l’onere di saldare tutti i pensionati. E’ stato infatti calcolato che per le pensioni pari a tre volte il minimo – a partire dalle quali avvenne il blocco degli assegni – l’importo da versare sarebbe superiore a 2500 euro. Dunque, la situazione per i conti pubblici sarebbe ancora più critica.
Così, la politica sta pensando seriamente a un tetto entro cui il rimborso potrà avvenire e questo sarebbe stato individuato nei 5mila euro di pensione. Sicuramente, però, la legge Fornero ora è più che mai in bilico.
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento