Con il rientro dalle ferie, infatti, i ministeri riprendono in mano i dossier già avviati e, tra questi, quello sicuramente più atteso e da lungo tempo sotto esame, è certamente quello sul tema previdenziale.
Del resto, in tempi meno sospetti anche lo stesso presidente dell’Inps Tito Boeri, mesi fa, aveva auspicato una contro riforma della legge attualmente in vigore, che penalizza in maniera eccessiva le uscite dal lavoro, ingessando il mercato occupazionale e obbligando migliaia e migliaia di lavoratori a rimanere in servizio ormai in età avanzata e senza stimoli.
Ovviamente, però, il problema rimane sempre il solito: come conciliare una volontà politica che sembra ormai condivisa con i conti pubblici, sempre in emergenza?
Anche i ministri del Lavoro e dell’Economia – Giuliano Poletti e Pier Carlo Padoan – hanno manifestato profondo interesse nella riscrittura della legge previdenziale, pur avendo illustrato vie differenti, che riprendono grossomodo le proposte arrivate in Parlamento negli ultimi anni, nessuna delle quali è riuscita ad arrivare in aula per una votazione concreta.
L’ago della bilancia è sempre sospeso tra le modifiche ai requisiti di anzianità o contributivi entro cui poter richiedere la pensione, da una parte, e dall’altra la possibilità straordinaria di lasciare il lavoro in anticipo con una penalizzazione nell’assegno Inps, ipotesi, questa, gradita al presidente della commissione Lavoro di Montecitorio, anch’egli ex ministro, Cesare Damiano (Pd).
Nei propositi del ministro dell’Economia Padoan, invece, la riforma delle pensioni è il tassello più delicato della legge di stabilità 2016, alla quale il governo sta già lavorando da settimane sotto silenzio e su cui dovrà venire allo scoperto partendo dal mese di settembre, quando il rientro nei ranghi della politica sarà completo.
L’ipotesi più accreditata per arrivare nella finanziaria 2016 è proprio quella del regime di malus sull’assegno per chi decide di lasciare prima dei 66 anni, che si trasformeranno in bonus nei riguardi di quei lavoratori più infaticabili, che rimarranno a lavorare fino a 70 anni.
Ma c’è un’altra questione che occupa i pensieri dell’esecutivo ed è la promessa ormai urlata ai quattro venti dal premier Renzi sull’abolizione dell’Imu prima casa: un’operazione già quantificata in poco meno di 5 miliardi.
Ecco, allora, che tra le misure previdenziali e il nuovo taglio all’imposta immobiliare, Padoan è già costretto a fare i salti mortali per far quadrare il bilancio. In proposito, via XX Settembre avrebbe già pronta la carta da giocare con i severi giudici di Bruxelles: chiedere la deroga sul piano di contenimento del rapporto deficit/Pil dall’1,8% previsto per il 2016, al 2,2%. Quasi mezzo punto in più che, in euro, vale circa sette miliardi: un tesoretto tale da garantire le coperture al mancato gettito Imu e, insieme, avviare l’attesa riforma delle pensioni.
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