La scorsa settimana, per la verità, l’esecutivo non ha solo scampato le insidie del caso kazako, che ha tenuto banco sui mezzi di comunicazione fino al weekend, ma ha anche svolto l’attesa cabina di regia, dove ha fissato gli impegni per le prossime settimane, e le basi di partenza per la strada autunnale del governo, che porterà dritta alla legge di stabilità 2014.
Così, oltre alle promesse su Imu e fiscalità immobiliare più in senso lato, entro lo stesso termine, ossia il 31 agosto, Letta e i suoi ministri si impegnano a fissare nuovi criteri per includere altri esodati alla salvaguardia, dopo i decreti di Monti – attuati ancora in minima parte – che hanno comunque avviato l’iter per il rientro nel welfare id oltre 130mila esclusi.
Ora, dunque, il governo ha superato, seppur stentando, la prima prova della sua breve esistenza, uno scandalo vero e proprio che ha minato la sopravvivenza dell’esecutivo di larghe intese, così fortemente voluto dal presidente della Repubblica rieletto Napolitano e da questi tenuto in vita facendo scudo sul ministro dell’Interno e vicepremier, con la bocciatura assicurata dal Pd sulla mozione di sfiducia.
Insomma, ora basta alibi: il governo ha superato il tornante kazako e ora punta dritto alla chiusura della sessione estiva del Parlamento, ripescando il grande escluso dalle leggi fin qui approvate e dai decreti varati in Cdm: il welfare.
Allora, ecco che sono due i binari su cui l’azione del governo Letta dovrà dirigersi: in primis la riforma delle pensioni vera e propria. Come anticipato dai ministri Giovannini e Saccomanni, non ci sono soldi per una modifica di ampio respiro sulla legge che ha introdotto i canoni più rigidi del welfare mai accolti dalla previdenza italiana, mettendo a risparmio, però circa 80 miliardi di euro entro il 2014. L’unico accorgimento che il governo dovrebbe prendere è quello del ritorno di un coefficiente di flessibilità, tale da consentire uscite anticipate dal lavoro con disincentivi in assegno. Si tratta, in breve, della proposta Damiano, la cui versione più quotata per modificare la legge vigente è quella del 2% in meno – per ogni anno – per chi va in pensione tra i 62 e i 66 anni e un bonus equivalente per chi resta fino ai 70 negli anni successivi. Il tutto, seocndo i piani, dovrebbe essere varato entro settembre.
Veniamo, quindi, alla questione esodati, la vera tragedia nazionale su cui il welfare non riesce a risollevarsi: ancora 200mila infatti sarebbero gli ex lavoratori esclusi. Possibile, allora, che un accenno di allargamento della platea arrivi nell’ottica del ripristino della Cassa integrazione in deroga, i cui margini di risorse si stanno già estinguendo dopo il miliardo approvato a maggio dal governo. A questo proposito, si potrebbe attingere, a quanto risulta da alcune fonti, dal fondo dei contributi ordinari pagati dalle aziende, che restano in positivo, da cui potrebbe uscire qualche risorsa extra per nuovi esodati ancora senza tutele.
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