Come c’era da attendersi, infatti, l’incremento delle pensioni erogate anzitempo, finirà per incidere ni maniera pesante sulle casse dell’ex Inpdap, ossia il nuovo SuperInps che ora gestisce anche la previdenza dei dipendenti pubblici.
Lo tsunami si abbatterà sulle casse dell’ente pensionistico nei prossimi quattro anni, con le proporzioni di circa 250mila uscite previste tra ritiri previsti, anticipati e per la maturazione dei requisiti.
A dimostrarlo, i recenti studi pubblicati da Ragioneria dello Stato e Aran, che hanno cercato di guardare avanti sui possibili effetti delle riforme inerenti il mondo delle pensioni. Naturalmente, osservato speciale il recentissimo decreto varato dal Consiglio dei ministri e non ancora arrivato all’esame delle aule parlamentari, dove è atteso comunque entro la fine di luglio.
E tra le possibili conseguenze della conversione in legge della Riforma PA, dovrebbe emergere lo stop alla possibilità di trattenimento in servizio, ossia la facoltà che i dipendenti pubblici avevano di restare al proprio posto anche a seguito della maturazione di diritti per andare in pensione. Scopo della riforma, come più volte confermato dal ministro madia,è infatti quello di ringiovanire l’organico della PA italiana. Per fare questo, ovviamente, andranno erogate le pensioni per quei lavoratori che abbiano maturato i requisit, i quali dovranno abbandonare il proprio posto e lasciare spazio ai più giovani.
Attualmente, i requisiti per andare in pensione sono pari a
66 anni a tre mesi per i limiti di età
42 anni e tre mesi per anzianità di servizio per gli uomini, mentre per le donne siamo a 41 anni e 3 mesi
Secondo le elaborazioni sul decreto Madia, però, si calcola che solo il blocco dei trattenimenti in servizio finirà per costare dai 48 milioni dell’anno prossimo ai 139 del 2018. Entro quell’anno, in aggiunta, sono 250mila le persone che dovrebbero ritirarsi dal lavoro per uno dei due requisiti sopra citati, mentre i conti del SuperInps sono già in sofferenza. Perché è così importante il 2018? Perché entro quell’anno dovrebbe essere attivato il turnover completo secondo la recente riforma.
Peccato, però, che i già i primi conti metano in serio pericolo la realizzabilità del progetto varato dal governo Renzi: con i conti della previdenza disastrati più che mai, ipotizzare rivoluzioni sembra sempre più un miraggio.
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