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Statali: almeno il 10% lavorerà da casa
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La riforma della trasparenza
La riforma della normativa sulla trasparenza, il D.Lgs. 33/2013 riscritto in parte dal D.Lgs. 97/2016, mira ad introdurre in Italia un vero e proprio Freedom of Information Act (FOIA), in analogia a quanto fatto nei Paesi del Nord Europa ed anglosassoni, richiedendo un profondo ripensamento delle modalità operative e mettendo la trasparenza dell’operato della pubblica amministrazione al centro della propria attività.L’elemento più rilevante della riforma, tale da indurre le amministrazioni a modificare organizzazione e comportamenti, amplia l’accesso civico, che divienediritto di ogni cittadino di pretendere la pubblicazione nei siti istituzionali degli atti e delle informazioni da rendere obbligatoriamente pubblici e ottenere gratuitamente dati, informazioni e documenti prodotti. L’eventuale rigetto delle domande di accesso dovrà essere sempre molto ben motivato.La riforma punta anche alla semplificazione dei troppi adempimenti richiesti dalla normativa: viene eliminato il Piano triennale per la trasparenza e l’integrità, essendo sufficiente il Piano triennale della prevenzione della corruzione; alcuni adempimenti non saranno più richiesti, come la produzione dell’elenco semestrale dei provvedimenti in tema di appalti e concorsi; alcune pubblicazioni sui portali, nella sezione “Amministrazione trasparente”, potranno effettuarsi tramite link già presenti nei siti, evitando duplicazioni; i comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti saranno esentati da una serie di adempimenti su cui si attendono le linee guida che emanerà l’Anac; vengono estesi gli obblighi di pubblicità incombenti sugli organi politici anche ai dirigenti pubblici. Luigi Oliveri Dirigente amministrativo della Provincia di Verona, collaboratore del quotidiano “Italia Oggi”, autore di molteplici volumi sul Diritto amministrativo e degli Enti locali, docente in corsi di formazione.
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Tra le novità della Riforma Madia della Pubblica Amministrazione, si prevede anche che per almeno un 10% dei dipendenti pubblici, nel caso venga fatta richiesta, ci sarà la possibilità di usufruire del cosiddetto telelavoro, ossia di svolgere la propria attività da casa o fuori dall’ufficio.
Si tratta di un traguardo che dovrà essere raggiunto entro 3 anni dall’entrata in vigore delle nuove regole della Riforma. Inoltre, per i dipendenti pubblici che sceglieranno questa opzione non dovranno rischiare di subire eventuali penalizzazioni “ai fini del riconoscimento di professionalità e delle progressione di carriera”.
Ad aprire alla possibilità del lavoro da casa per la P.A. è anche la bozza sul nuovo testo unico del pubblico impiego, la stessa che prevede il licenziamento, dopo 2 anni, dei dipendenti che vengono considerati “eccedenze” rispetto alle “esigenze funzionali o alla situazione finanziaria” dalle singole amministrazioni.
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La bozza del decreto, inoltre, prevede anche la cancellazione definitiva del meccanismo degli scatti di anzianità, introducendo al suo posto una valutazione (che verrà fatta annualmente) che potrà premiare non più di 1 statale su 5.
Orario ridotto e conciliazione famiglia-lavoro
Viene estesa a tutti i dipendenti pubblici, fatta eccezione per militari e forze di polizia, la possibilità di aderire al part-time. Con i presunti risparmi ricavati sulle retribuzioni da pagare si andranno a rimpinguare (per un 30%) le casse dello Stato, alla voce “economia di bilancio”, per il resto andranno invece agli incentivi da mettere eventualmente a disposizione per trasferire altri dipendenti da un ufficio all’altro.
Altro punto cardine della bozza di decreto è mettere in campo strumenti volti a semplificare la conciliazione dei tempi di vita e di lavoro del dipendente pubblico: ad esempio, gli uffici pubblici potranno stipulare accordi con asili nido e scuole materne, sia per convenzioni sulle rette che per i centri estivi.
I tempi del nuovo testo unico
A margine dell’incontro con i sindacati di ieri, il ministro Madia ha precisato che le tempistiche del nuovo testo unico arriveranno certamente dopo il referendum costituzionale di ottobre, se ne riparlerà quindi a gennaio 2017.
Le 3 sigle sindacali, nel vertice di ieri, hanno chiesto all’unanimità di stanziare ulteriori risorse rispetto ai 300 milioni di euro concessi nell’ultima legge di Stabilità per il rinnovo del contratto dei dipendenti pubblici (congelato nel 2009).
Le intenzioni del Governo sembrano, tuttavia, quelle di non seguire più la via degli incentivi a pioggia, essendo anche definitivamente archiviata la soglia dei 26mila euro lordi l’anno diffusa nelle ultime settimane.
Secondo Madia, infatti, qualora gli aumenti fossero realmente concentrati al di sotto di questa soglia, il rinnovo contrattuale rischierebbe di rendere nullo il bonus da 80 euro, dal momento che il provvedimento è proprio destinato a quei soggetti che guadagnano meno di 26mila euro. In tal senso quindi, molto probabilmente i nuovi soldi potranno finire ai premi di produttività e non ai meno abbienti.
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