Riforma Madia: cosa prevede il decreto contro i “furbetti del cartellino”

Dario Di Maria 04/07/16
Di seguito l’analisi del nuovo decreto legislativo 20 giugno 2016 , n. 116 recante norme in materia di licenziamento disciplinare nella pubblica amministrazione (c.d. decreto contro “furbetti del cartellino”), anche confrontando le osservazioni di Corte dei Conti e Consiglio di Stato con la versione pubblicata in Gazzetta Ufficiale.

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Il decreto consta di 3 articoli, di cui solo il primo reca le norme di carattere sostanziale, infatti inserisce nell’articolo 55-quater del d.lgs. n. 165/2001, i commi 1-bis, 3-bis, 3-ter , 3-quater e 3-quinquies.

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La riforma della normativa sulla trasparenza, il D.Lgs. 33/2013 riscritto in parte dal D.Lgs. 97/2016, mira ad introdurre in Italia un vero e proprio Freedom of Information Act (FOIA), in analogia a quanto fatto nei Paesi del Nord Europa ed anglosassoni, richiedendo un profondo ripensamento delle modalità operative e mettendo la trasparenza dell’operato della pubblica amministrazione al centro della propria attività.L’elemento più rilevante della riforma, tale da indurre le amministrazioni a modificare organizzazione e comportamenti, amplia l’accesso civico, che divienediritto di ogni cittadino di pretendere la pubblicazione nei siti istituzionali degli atti e delle informazioni da rendere obbligatoriamente pubblici e ottenere gratuitamente dati, informazioni e documenti prodotti. L’eventuale rigetto delle domande di accesso dovrà essere sempre molto ben motivato.La riforma punta anche alla semplificazione dei troppi adempimenti richiesti dalla normativa: viene eliminato il Piano triennale per la trasparenza e l’integrità, essendo sufficiente il Piano triennale della prevenzione della corruzione; alcuni adempimenti non saranno più richiesti, come la produzione dell’elenco semestrale dei provvedimenti in tema di appalti e concorsi; alcune pubblicazioni sui portali, nella sezione “Amministrazione trasparente”, potranno effettuarsi tramite link già presenti nei siti, evitando duplicazioni; i comuni con popolazione inferiore ai 15.000 abitanti saranno esentati da una serie di adempimenti su cui si attendono le linee guida che emanerà l’Anac; vengono estesi gli obblighi di pubblicità incombenti sugli organi politici anche ai dirigenti pubblici.   Luigi Oliveri Dirigente amministrativo della Provincia di Verona, collaboratore del quotidiano “Italia Oggi”, autore di molteplici volumi sul Diritto amministrativo e degli Enti locali, docente in corsi di formazione.

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In particolare il novello comma 1-bis reca una definizione di “falsa attestazione della presenza in servizio”.
Visto che già una definizione è data al comma 1 dell’articolo in questione (art. 55-quater d.lgs. 165/2001), il Consiglio di Stato aveva suggerito che, per esigenze di chiarezza e di coordinamento di rinnovare anche nel comma 1-bis il riferimento alla “alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza”, specificando che “costituisce falsa attestazione della presenza, oltre a quella realizzata mediante l’alterazione dei sistemi di rilevamento della presenza, qualunque modalità fraudolenta posta in essere…”. Il Governo non ha invece ritenuto di accogliere l’osservazione.

Più importante il nuovo comma 3-bis, poichè introduce un nuovo procedimento disciplinare, una sorta di procedimento “accelerato” giustificato solamente dal fatto di cogliere il soggetto in flagranza di reato e/o dell’esistenza di riprese video. Quindi ad oggi i procedimenti disciplinari nel pubblico impiego sono di tre tipi:
1)procedimento disciplinare ordinario, che si conclude in 60 gg e per cui si hanno 20 gg per la contestazione di addebito;
2)procedimento disciplinare “lungo”, nelle ipotesi più gravi, che si deve concludere in 120 gg e prevede 40 gg per la contestazione dell’addebito;
3)procedimento disciplinare “accelerato”, nei casi di “furbetti del cartellino”, che si deve concludere in 30 gg e prevede 48 ore per la contestazione dell’addebito.

Nella versione approvata in prima lettura dal Governo, vi era la previsione che il Responsabile della struttura trasmettesse gli atti all’Ufficio procedimenti disciplinari (UPD), che poi provvedeva all’avvio del procedimento disciplinare.
Invece, nella versione pubblicata, è lo stesso Responsabile della struttura che contesta l’addebito entro 48 ore, sospende il dipendente e trasmette all’UPD gli atti di un procedimento già avviato.

La differenza non è di poco conto, soprattutto per quelle strutture che potrebbero non avere le competenze per una corretta contestazione; in particolare, si fa riferimento alle strutture sanitarie (un reparto di un ospedale), strutture sociali (dei Comuni), o strutture tecniche (Lavori pubblici, urbanistica, ecc…). In tali casi, il gravoso e delicato compito di avviare un procedimento per il licenziamento sarebbe posto in capo a soggetto che non ha competenze giuridiche, soprattutto in materia di corretta contestazione dei fatti, corretta indicazione della norma violata, corretta notificazione dell’atto, e comunque potrebbe non avere il personale amministrativo idoneo.

La conseguenza è il rischio di un vasto contenzioso su aspetti formali, con probabile vittoria proprio degli “assenteisti”.

Un altro rischio, messo in luce dalla Corte dei Conti, è l’eccessiva “prossimità” tra dipendente e chi avvia il procedimento disciplinare. Questa vicinanza può dar luogo a due problemi, tra di loro opposti: un atteggiamento eccessivamente indulgente, oppure un atteggiamento eccessivamente “duro” dovuto a screzi personali. Tali problemi di solito potevano essere superati o attenuati con l’attribuzione della competenza all’UPD. Ora, tale distinzione tra segnalante e chi avvia il procedimento è venuta meno, con rischio di archiviazioni frettolose o procedimenti disciplinari ritorsivi.

Un’altra criticità è data dai tempi troppo brevi, che rischiano una sorta di “corto circuito”.
In particolare, il dipendente e’ convocato, per il contraddittorio a sua difesa, con un preavviso di almeno 15 gg. La violazione di tale termine, però, non determina l’invalidità della sanzione. Potrebbe quindi il dipendente essere convocato con un preavviso di 12-13 gg, senza che ciò abbia effetto sulla validità della sanzione finale.

Di contro, il novello comma 3-quater dell’art. 55-quater, prevede che la denuncia al pubblico ministero e la segnalazione alla competente procura regionale della Corte dei conti avvengono entro 15 gg dall’avvio del procedimento disciplinare. Ciò può dar luogo a situazioni paradossali, in cui il Responsabile della struttura trasmette una notizia di reato e una notizia di danno erariale entro 15 gg, e poi si accorge, leggendo le difese del dipendente dopo 16 gg, che vi era una giustificazione alla mancata timbratura.
Ricordiamo che la denuncia al Pubblico Ministero determina, ex se, la necessità di farsi assistere da un legale, con tutte le spese del caso.

Infine, il nuovo comma 3-quater pone un limite minimo inderogabile all’ammontare del risarcimento conseguente all’eventuale condanna per danno erariale (sei mensilità dell’ultimo stipendio in godimento, oltre interessi e spese di giustizia).
In tal modo vi è una predeterminazione ex lege del danno, che incide, in senso limitativo, sul potere di determinazione equitativa riconosciuto al giudicante, precludendogli nel contempo di ritenere che il licenziamento disciplinare, se intervenuto tempestivamente, possa esso stesso assolvere ad una funzione riparatoria del danno all’immagine dell’amministrazione pubblica secondo i principi del risarcimento in forma specifica.

Peraltro, non si giustifica l’adozione, senza adeguato supporto di delega legislativa, della disciplina riguardante il danno erariale, considerandosi pure che essa non attiene alla materia disciplinare e al procedimento disciplinare e che la stessa contiene indubitabili profili di specificità e novità rispetto alla ordinaria regolamentazione di essa.

In ultimo, è stato espunta la previsione del reato di omissione di atti d’ufficio nel caso di omessa adozione di provvedimenti. Il Consiglio di Stato e la Corte dei Conti avevano fatto osservare che, in disparte che non doveva essere omissione in atti d’ufficio ma semmai rifiuto di atti d’ufficio, comunque si tipizzava una nuova fattispecie penale, in evidente eccesso di delega. La previsione è stata quindi tolta dal testo definitivo, rimanendo un generico rinvio alla “sussistenza di eventuali reati”.

Dario Di Maria

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