Qual è la ricetta messa a punto dal governo delle larghe intese per abbattere i carichi pendenti, specialmente in appello, e consentire di arrivare a sentenza nei tempi congrui a uno Stato di diritto?
Vediamoli. Innanzitutto, il ddl prende il nome di “Disposizioni per l’efficienza del processo civile, la riduzione dell’arresto, il riordino delle garanzie mobiliari, nonché altre disposizioni per la semplificazione e l’accelerazione del processo di esecuzione forzata” ed è un collegato alla legge di stabilità 2014. Dunque, si prefigura un’approvazione in tempi brevissimi per la proposta arrivata ieri in Cdm.
Sul fronte delle cause in essere, il ddl interviene introducendo il principio delle cause semplici, con la facoltà, riservata al giudice, di passare dal rito ordinario di cognizione a quello sommario.
La parte più controversa, e già criticata, del nuovo disegno di legge approvato dal Consiglio dei ministri, riguarda la possibilità di conoscere le motivazioni della sentenza di primo grado solo previo pagamento di una quota prestabilita, corrispondente a una parte del contributo unificato richiesto per il grado di giudizio seguente. In sostanza, il giudice non emana più la sentenza completa, ma esclusivamente il dispositivo, con i riferimenti normativi e giurisprudenziali occorsi per risolvere la controversia. Sulle motivazioni estese, invece, saranno le parti a doverne presentare relativa richiesta con tanto di saldo degli oneri pattuiti. In questo modo, assicura il governo, si colpisce “la stesura della motivazione per esteso in tutte controversie, uno dei fattori che impedisce la ragionevole durata dei processi civili”.
Quindi, proseguendo nell’esame del decreto, troviamo la possibilità per il giudice di appello di ricollegarsi alle conclusioni del suo predecessore in primo grado, il quale, peraltro, vedrà una più massiccia presenza dei giudici monocratici per quelle vertenze di non particolare gravità.
In aggiunta, il ddl prevede la possibilità di una mora che il giudice può infliggere al condannato, il quale si troverà costretto a versare la “multa” finché non avrà esaudito le disposizioni presenti nel dispositivo della sentenza emessa.
In ottica di mediazione, poi, viene consentito che, per processi di particolare complessità tecnica, si proceda a una perizia volta a quantificare l’ammontare del danno denunciato, una procedura che, però, rischia di appesantire il carico e di rallentare l’iter giudiziale.
Da ultimo, gli uffici giudiziari potranno svolgere indagini anche in rete per individuare i beni pignorabili, compresa la neonata anagrafe tributaria.
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