Riforma del lavoro: ma i Tribunali sono pronti a reggere l’urto?

Massimo Russo 25/05/12
… Allo stato l’unica certezza è che ci sarà un aggravio per noi. E l’aumento del contenzioso non agevola nè i lavoratori nè i datori di lavoro“.

Sarà perché coordina le quattro sezioni Lavoro del Tribunale di Roma che sono sotto organico ma il presidente Anna Maria Franchini non nasconde le sue preoccupazioni per gli effetti che la riforma del Ministro del Lavoro Elsa Fornero potrà avere sull’efficienza dei suoi uffici.

La carenza di organico é un problema generalizzato.

A Milano nella sezione lavoro presieduta da Piero Martello mancano tre dei 22 giudici previsti e nel 2011 le cause sono aumentate del 40 per cento rispetto al 2010. In generale nel 2011, tra il pubblico impiego e il settore privato, il contenzioso in Italia è aumentato del 51,6 per cento. Il presidente della sezione lavoro del Tribunale di Torino, Marco Buzano, afferma che “è ragionevole pensare che con la riforma ci sarà un nuovo salto, anche se è difficile quantificarlo”.

L’azione del giudice, secondo la riforma, dovrebbe essere piu’ incisiva sull’accertamento del motivo: “Non possiamo tuttavia andare a sindacare nel merito le ragioni dell’azienda” avverte Buzano “bensì dobbiamo accertare che sia reale e che non venga mascherato come economico un licenziamento discriminatorio o disciplinare”.

In linea generale, con la riforma Fornero costerà di più assumere, scegliere e gestire lavoratori precari, e sarà, come dire, favorito il ricorso al contratto di apprendistato, identificato come il principale veicolo di ingresso nel mondo del lavoro.

Per quanto riguarda i licenziamenti, l’articolo 18 sarà operativo nei riguardi di tutte le imprese, sopra o sotto i 15 dipendenti, in caso di licenziamento discriminatorio (“quel lavoratore ha la pelle nera, è omosessuale: licenziamolo”); in questi casi, accertata la discriminazione, il giudice disporrà il reintegro e il risarcimento.

In caso di giustificato motivo soggettivo (grave inadempimento, i cosiddetti “fannulloni”), il giudice a seconda dei casi può disporre il reintegro del lavoratore o un congruo indennizzo; fa discutere in particolare la riforma del giustificato motivo oggettivo, ovvero il motivo economico (“la mia azienda non ce la fa, devo licenziare”): se il giudice accerterà che il motivo manca, in ogni caso non potrà disporre il reintegro, ma solo condannare il datore di lavoro ad una multa. Il che fa temere molti: come potranno essere distinti i licenziamenti discriminatori, mascherati da licenziamenti economici?

Questo, a grandi linee, il quadro normativo ma le modifiche del diritto positivo non sono nulla se non possono essere fatte rispettare; ovvero, se il sistema giurisprudenziale non è pronto a reggere l’urto dei cambiamenti, ad interpretare ed applicare le norme. E in effetti la situazione nei tribunali del lavoro italiani è, al solito, critica. Bisogna essere pronti in quanto la riforma Fornero porterà ad un aggravio del lavoro dei giudici che, sui temi del lavoro, dovranno lavorare di più e più approfonditamente.

E se i tribunali non fossero in grado di gestire le novità della riforma, tutte le innovazioni del nuovo mercato del lavoro rimarrebbero lettera morta.

Con conseguenze imprevedibili.

 

Massimo Russo

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