Riforma del condominio 2012, la privacy mutilata in caso di insolvenza

Redazione 23/11/12
La riforma del condominio è diventata legge, introducendo importanti novità sulla regolamentazione delle controversie in materia di destinazioni d’uso o di pagamenti. Senza dubbio, però, l’apporto più corposo è quello che detta le nuove coordinate alle assemblee e su diritti e doveri degli amministratori.

E proprio sugli amministratori pende l’obbligo di fare pressing su quegli inquilini che non soddisfino gli oneri di spesa, in particolare per le prestazioni dirette a un servizio di comune godimento per i residenti.

La nuova normativa specifica che, qualora il mancato pagamento si prolunghi oltre un semestre, l’amministratore è autorizzato a far decadere il diritto al servizio da parte del condomino moroso.

E proprio qui sorge un nodo non da poco: conoscendo l’identità degli inquilini che non corrispondono le somme dovute, all’amministratore è data facoltà di segnalarne le generalità a soggetti terzi in attesa dei versamenti per le prestazioni eseguite.

La disposizione va intesa in senso generale, ossia non come una pratica vessatoria nei confronti del singolo insolvente, ma in qualità di un danno arrecato all’istituzione condominiale nel suo complesso e, dunque, alla globalità dei condòmini.

Per questa ragione, viene a decadere, nei confronti dei morosi, il diritto alla privacy, ma solo nel momento in cui i creditori chiedano effettivamente i dati dei condòmini insolventi. Insomma, iniziative peregrine da parte degli amministratori, in questo senso, non sono contemplate.

La questione, oltre che con le ultime modifiche al Codice civile e relative disposizioni contenute proprio nella riforma di ultima conversione in legge, è annosa e prende le mosse da alcuni rimpalli tra Authority e giustizia ordinaria.

Il primo a esprimersi fu infatti il Garante per la protezione dei dati personali, che nell’ormai lontano 2006 specificava come i dati dei singoli abitanti condominiali non fossero soggetti a particolare tutela, essendo di diretto interessamento per l’amministrazione e, per questa ragione, non stretti dall’obbligo di consenso alla diffusione.

Un altro parere fondamentale in materia, emanato sempre dal Garante privacy, è invece datato 2008, quando l’organo difese il dovere della suddivisione tra i vari residenti in condominio degli oneri per scopi collettivi.

Quest’ultimo giudizio del Garante affondava le radici, in realtà, in una sentenza della Cassazione di poco antecedente, in cui la Suprema corte stabiliva come fosse prerogativa dell’amministratore rimettere gli inquilini ai loro doveri, senza travalicare i limiti delle proprie funzioni, naturalmente.

Dunque, la Cassazione aveva fatto decadere il principio della responsabilità solidale, di modo che i vari condòmini siano chiamati individualmente a rispondere dei pagamenti, e a vedersi, in caso di morosità, divulgata la propria identità pur nell’interesse generale. Tutto ciò, resta valido ancora oggi, dopo l’epocale riforma del condominio appena convertita in legge.

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