Di recente, i giudici di legittimità hanno sancito “un vero e proprio diritto soggettivo all’animale da compagnia nell’ambito dell’attuale ordinamento giuridico” legittimando un’interpretazione evolutiva e indirizzata dalle norme vigenti, che “impone di ritenere che l’animale non possa essere più collocato nell’area semantica concettuale delle cose” ma vada riconosciuto altresì come un “essere senziente“. Il principio lo ha affermato la Cassazione con il decreto 13 marzo 2013, nel quale si dispone che “il gatto, come anche il cane” vada valutato, ai fini di legge, come membro della famiglia e dunque, in virtù di queste ragioni, esso vada “collocato presso il coniuge separato con regolamento di spese analogo a quello del figlio minore“.
Nel primo testo di riforma, la pertinenza del divieto toccava gli “animali da compagnia“. Nella stesura definitiva del nuovo testo della riforma, con riferimento all’articolo 1138 del Codice, però, subentra la definizione animali “domestici”. Una dissomiglianza, questa, che potrebbe sollevare non pochi equivoci ed obiezioni nelle aule di giustizia. Mentre, infatti, risulta chiaramente deducibile la possibilità, sempre garantita, d’interdire la presenza condominiale di animali esotici (come ad esempio i serpenti), non è altrettanto limpido l’assetto normativo che disciplina l’inquadramento degli animali d’affezione, i quali non sempre possono considerarsi “domestici” in senso proprio, come nel caso dei criceti, dei furetti o, per certi aspetti, dei conigli.
Per quanto poi concerne le altre direttive prescritte, si denota come l’accesso condominiale degli animali non diventi, tuttavia, completamente immune da ogni regolamentazione. Al riguardo è, infatti, buona norma rispettare le disposizioni contenute nell’ordinanza del ministero della Salute, entrata in vigore il 23 marzo 2009, previdente tra l’altro l’obbligo, nei confronti dei proprietari dell’animale, di mantenere ordine e pulizia nell’intera area di passaggio, di usufruire del guinzaglio in ogni luogo e, qualora si fosse in possesso di animali con indole aggressiva, di applicare la museruola.
Rimane poi sempre vigente la responsabilità civile, ex articolo 2052 del Codice civile e penale, a carico dei proprietari, in caso scaturiscano danni o lesioni a persone, animali o cose, nonché l’obbligo di stipulare, in caso di animali pericolosi, una polizza di assicurazione di responsabilità civile per danni causati, ad esempio, dal proprio cane contro terzi. Infine, è d’uopo rammentare alcune aggiuntive prescrizioni per chi detiene animali domestici in sede condominiale: anzitutto, gli animali non sono tenuti ad essere lasciati liberi di circolare negli spazi comuni in mancanza delle idonee cautele sovra menzionate; i proprietari degli animali devono tenere un comportamento congruo al dovere che impone loro di non nuocere alla quiete e all’igiene degli altri conviventi dello stabile.
Il condominio, inoltre, in caso di rumori molesti o di odori sgradevoli per i quali si presentasse l’esigenza di richiedere la cessazione della turbativa per violazione delle norme sulle immissioni intollerabili ex articolo 844 del Codice civile, diventa abilitato a proporre la domanda di allontanamento dell’animale dall’abitazione in base all’articolo 700 del Codice di procedura civile. Anche nel caso di immissioni rumorose è possibile avanzare, purché ne sussistano i prerequisiti, il reato di “disturbo del riposto delle persone” (articolo 659 del Codice civile): si precisa, però, che l’elemento portante di questa fattispecie criminosa risulta l’idoneità del fatto ad arrecare disturbo ad un numero indeterminato di individui e non già l’effettivo disturbo ai medesimi. Infine, quale ultimo precetto, si apprende come gli animali non devono essere abbandonati, senza supervisione alcuna e per un periodo temporale lungo, sul balcone o nelle abitazioni dal momento che la verificazione della circostanza potrebbe ipotizzare il reato di “omessa custodia” (articolo 672 del Codice penale).
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