Il presente articolo è firmato dall’autore del volume “Commento alla delega fiscale per la riforma del processo tributario” (Maggioli, 2014)
Giova ricordare che la disciplina dei tributi locali, ed in particolare, la tassazione dei rifiuti, è stata caratterizzata, negli ultimi anni, da un susseguirsi quasi frenetico di interventi legislativi volti, a seconda dei casi, a modificare le forme di tassazione in vigore o ad introdurne di nuove.
In un primo momento, difatti, la tassazione legata allo smaltimento dei rifiuti era dettata esclusivamente dal D.Lgs. n. 507/1993, con il quale il legislatore aveva istituito e regolamentato la Tarsu (tassa per lo smaltimento dei rifiuti solidi urbani).
A seguire, con il successivo art. 49 del D.Lgs. n. 22/1997 (cd. “decreto Ronchi”), all’art. 49, veniva introdotta la Tia-1 (tariffa di igiene ambientale) che nelle intenzioni del legislatore avrebbe dovuto prendere il posto della Tarsu fino a sostituirla completamente. Per tale ragione la sua introduzione prevedeva un termine transitorio entro il quale tutti i Comuni avrebbero dovuto adottare il nuovo prelievo in sostituzione della Tarsu. Il fine perseguito con tale nuova forma di prelievo era quello (non garantito dalla Tarsu) di coprire integralmente i costi per i servizi relativi alla gestione dei rifiuti urbani e dei rifiuti di qualunque natura o provenienza giacenti sulle strade ed aree pubbliche e soggette ad uso pubblico (art. 49, comma 2).
La Tariffa di igiene ambientale di cui al citato art. 49 del D.Lgs. n. 22/1997 è stata poi, sempre nelle intenzioni del legislatore, sostituita con la Tariffa per la gestione dei rifiuti urbani (denominata Tariffa Integrata o anche Tia-2) così come previsto dall’art. 238 del D.Lgs. n. 152/2006.
Va detto che inizialmente l’art. 49 del decreto Ronchi prevedeva l’entrata in vigore graduale, in ragione della percentuale di copertura dei costi del servizio di gestione dei rifiuti raggiunto con il gettito del 1999. Con l’avvicinarsi delle scadenze graduate, il legislatore di fronte alle difficoltà di imporre una entrata di complessa applicazione, ha provveduto nel corso degli anni successivi a differire l’entrata in vigore della tariffa con le leggi finanziarie di fine anno.
Inoltre lo stesso art. 49 stabiliva che fino al momento dell’entrata in vigore dell’obbligatorietà di questo prelievo, i Comuni avrebbero potuto applicare la tariffa “Ronchi” in via sperimentale, mediante apposite delibere regolamentari.
La Tariffa Ronchi non è mai diventata obbligatoria per i Comuni, date le ripetute proroghe e i provvedimenti che hanno di fatto congelato la sua introduzione per arrivare alla definitiva abrogazione ad opera della “nuova” tariffa integrata ambientale (tia 2) di cui all’art. 238 del codice ambientale (d.lgs. 152/2006).
Al comma 11 di tale articolo viene stabilito che sino alla completa attuazione della nuova tariffa, la cui procedura rimanda ad un apposito decreto ministeriale (ancora non emanato dal 2006) ed all’adozione di specifiche previsioni regolamentari locali “continuano ad applicarsi le discipline regolamentari vigenti”.
Secondo l’interpretazione più accreditata con l’espressione “discipline regolamentari vigenti” devono intendersi i regolamenti comunali di introduzione e disciplina della tariffa nei propri territori, che alla data di entrata in vigore del codice ambientale erano stati già adottati.
Ciò significa che dal 29 aprile 2006 non è più ammissibile il passaggio alla tariffa Ronchi (Tia 1) in virtù del fatto che tale entrata è da ritenersi soppressa. In via transitoria è “tollerata” la vigenza degli atti deliberativi comunali già assunti.
Proprio in virtù di tali principi il collegio regionale di Latina con la decisone in commento, di riferimento per ogni comune che abbia approvato l’adozione della Tia con una delibera successiva alla data dell’entrata in vigore del codice dell’ambiente (29 aprile 2006), dichiara illegittima la delibera comunale che travolge, di conseguenza, la debenza della stessa pretesa tributaria.
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