Richiamo in servizio: Il datore può far rientrare i dipendenti dalle ferie?

Paolo Ballanti 17/08/22
Le ferie rappresentano un diritto del lavoratore di assentarsi, senza perdere la retribuzione, al fine di recuperare le energie psico – fisiche e dedicarsi alle proprie esigenze di vita privata e sociale.

Il potere di determinare quando e per quanti giorni il lavoratore può assentarsi spetta al datore di lavoro. Questi, nel prendere le proprie decisioni in merito, è tenuto a considerare da un lato le esigenze economico – produttive dell’azienda e, dall’altro, i bisogni del lavoratore.

Una volta approvate le ferie, il datore di lavoro si trova nelle condizioni di modificarle, anche in assenza di fatti sopravvenuti, esclusivamente per una riconsiderazione delle esigenze aziendali.

Tali cambiamenti, tuttavia, devono essere comunicati (ha precisato la giurisprudenza di Cassazione con le sentenze del 3 dicembre 2013 numero 27057 e dell’11 febbraio 2000 numero 1557) con congruo preavviso ed in ogni caso prima dell’inizio del periodo feriale.

Come comportarsi invece nel caso in cui il datore di lavoro si trovi costretto a richiamare in servizio i dipendenti nel corso delle ferie? Analizziamo la questione in dettaglio.

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Richiamo in servizio e reperibilità

Sull’argomento è necessario innanzitutto tener separato:

  • Il richiamo in servizio, quale prerogativa del datore di lavoro che dev’essere prevista nel contratto collettivo, in accordi aziendali o lettere di assunzione;
  • La reperibilità del lavoratore durante le ferie.

Richiamo in servizio

Nel primo caso, il datore di lavoro può legittimamente richiamare in servizio il dipendente, nel rispetto di quanto previsto dal contratto collettivo o da altri accordi tra le parti.

Il lavoratore, dal canto suo, non può rifiutarsi di proseguire le ferie ed è tenuto pertanto a riprendere servizio.

Al contrario, l’assenza dal lavoro a seguito di legittimo richiamo in servizio potrebbe essere considerata non più ferie ma assenza ingiustificata, con il rischio di vedersi recapitare una lettera di contestazione disciplinare che, nei casi più gravi, può portare fino al licenziamento.

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Fanno eccezione le ipotesi in cui il lavoratore, non essendo tenuto a rendersi reperibile nel corso delle ferie, non è stato raggiunto dal datore di lavoro e, pertanto, non ha ricevuto la comunicazione di richiamo in servizio.

In tal caso, il dipendente potrà giustificarsi fornendo gli elementi di prova necessari a dimostrare che, durante le ferie, si è trovato in condizioni tali da non essere raggiungibile con i normali mezzi di comunicazione.

Reperibilità

La reperibilità, anch’essa da stabilire con accordo scritto tra le parti, può comportare l’obbligo del lavoratore, entro certi limiti, di rendersi reperibile anche durante il periodo feriale.

In queste ipotesi l’interessato non potrà pertanto giustificarsi sostenendo che non si è presentato in servizio perché non raggiungibile.

Nel corso di un eventuale procedimento disciplinare l’azienda potrebbe accogliere le giustificazioni del lavoratore, legate ad eventi eccezionali che gli hanno oggettivamente impedito, anche applicando la diligenza richiesta dall’incarico, di rispondere alla chiamata.

Richiamo forzato dalle ferie: rimborso delle spese

Nel caso in cui, per esigenze produttive, il lavoratore venga richiamato in servizio durante le ferie, i singoli contratti collettivi possono imporre all’azienda il rimborso delle spese sostenute per il rientro anticipato.

In mancanza di disposizioni da CCNL, le singole aziende possono, per contratto / regolamento interno o per semplice prassi, riconoscere comunque un ristoro economico per il rientro in servizio.

Rientro forzato ferie: cosa prevedono i contratti collettivi

Ecco alcuni esempi di CCNL italiani e di quanto prevedono in materia di richiamo in servizio.

Il CCNL Alimentari – industria stabilisce che nel caso in cui il lavoratore “venga richiamato in servizio durante il periodo di ferie, l’azienda sarà tenuta a rimborsargli le spese effettivamente sostenute e documentate secondo i mezzi normali impiegati per il viaggio, sia per il rientro in sede che per l’eventuale ritorno nella località dove godeva le ferie stesse”.

Il CCNL Autotrasporti merci e logistica – Assotrasporti dispone che per “ragioni di servizio non espletabili da altro dipendente, il datore di lavoro potrà richiamare al lavoro il socio e il lavoratore dipendente nel corso del periodo di ferie fermo restando il diritto del socio e del lavoratore dipendente a completare detto periodo in epoca successiva e il diritto al rimborso delle spese sostenute”. In tal caso l’eventuale “rifiuto al rientro non può costituire giusta causa di licenziamento”.

Il CCNL Commercio e terziario – Confcommercio prevede che, per ragioni di servizio, il datore di lavoro abbia la possibilità di “chiamare il lavoratore prima del termine del periodo di ferie, fermo restando il diritto del lavoratore a completare detto periodo in epoca successiva”. Si riconosce inoltre il “diritto al rimborso delle spese sostenute sia per l’anticipato rientro, sia per tornare eventualmente al luogo dal quale il dipendente sia stato richiamato”.

Il CCNL Metalmeccanica – industria riconosce che in caso di “richiamo in servizio, per esigenze eccezionali, nel corso del periodo di ferie, sarò corrisposto al lavoratore il trattamento di trasferta per il solo periodo di viaggio”.

Rientro forzato ferie: cosa dice la Cassazione

La Corte di Cassazione ha affrontato il tema del richiamo in servizio con la sentenza del 3 dicembre 2013 numero 27057.

La controversia su cui si è pronunciata la Suprema Corte ha riguardato il licenziamento di un dipendente a tempo indeterminato reo di esser stato assente ingiustificato mentre lo stesso, contestando la legittimità del recesso, sosteneva di trovarsi legittimamente in ferie.

La Cassazione afferma che, pur avendo riconosciuto il “diritto del datore di lavoro di modificare il periodo feriale in base soltanto a una riconsiderazione delle esigenze aziendali” ha al tempo stesso ritenuto che le modifiche debbano essere comunicate al lavoratore con congruo preavviso. Ciò presuppone una comunicazione tempestiva ed efficace, idonea ad essere conosciuta dal lavoratore prima dell’inizio del godimento delle ferie.

Sotto questo aspetto il lavoratore non è tenuto, salvo patti contrari, ad essere reperibile durante il godimento delle ferie.

La reperibilità può infatti essere oggetto di uno specifico obbligo nei confronti del lavoratore in servizio, disciplinato dal contratto individuale o collettivo di lavoro, ma non già nei confronti di chi è in ferie “salvo specifiche difformi pattuizioni individuali o collettive”.

Rientro forzato ferie: cosa fare se il CCNL non dice nulla

Nelle ipotesi in cui il contratto collettivo, gli accordi aziendali, i regolamenti interni e lettere di assunzione nulla prevedono in merito al richiamo in servizio del lavoratore, come deve comportarsi quest’ultimo?

L’esigenza dell’azienda

Innanzitutto è bene precisare che l’azienda può richiamare in servizio il lavoratore soltanto in casi eccezionali, quando non c’è alcun’altra possibilità di riorganizzare in modo diverso l’attività produttiva.

La scelta del datore di lavoro dev’essere dettata da ragioni esclusivamente oggettive, senza integrare comportamenti ritorsivi o intenzionalmente penalizzanti nei confronti del dipendente.

Il comportamento del lavoratore

A fronte del richiamo in servizio dell’azienda, in assenza di qualsiasi disposizione del contratto collettivo o di altri accordi, si ritiene che il lavoratore possa legittimamente rifiutarsi.

 

(Foto di copertina: iStock/pooiekoo)

Paolo Ballanti

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