Revenge Porn, il reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti

Redazione 15/12/20
Recentemente è stato introdotto nel nostro Ordinamento, precisamente all’articolo 612 ter del Codice penale, il nuovo reato di diffusione illecita di immagini o video sessualmente espliciti, comunemente denominato reato di “revenge porn”.

La nuova norma era attesa per meglio poter perseguire comportamenti illeciti che la recente cronaca giudiziaria aveva portato all’attenzione del Legislatore, essendosi verificati addirittura casi di suicidio di vittime di “revenge porn”.

Pena, sanzioni e ipotesi di reato di revenge porn

La norma prevede sostanzialmente due distinte ipotesi, punite con la medesima pena, ovvero con la reclusione da uno a sei anni e con la multa da Euro 5 mila a Euro 15 mila.

Con la prima viene punito il comportamento di colui che, dopo aver realizzato o sottratto immagini o video a contenuto sessualmente esplicito destinati a rimanere privati, senza il consenso delle persone ritratte le invii, consegni, ceda, pubblichi o diffonda.

Si tratta di una ipotesi con cui si punisce l’autore diretto del video o dell’immagine, oppure colui che la sottragga illecitamente al legittimo possessore: si tratta in altre parole del soggetto dal quale può partire l’illecita diffusione del contenuto a sfondo sessuale (una sorta di “primo diffusore”).

La seconda ipotesi colpisce invece il comportamento di colui che, avendo in ogni caso ricevuto o acquisito tali immagini o video, a sua volta li invii, consegni, ceda, pubblichi o diffonda ad altre persone: si tratta quindi di un soggetto che, pur non essendo la fonte primaria della diffusione illecita, agisca diffondendo ulteriormente il materiale illecito (e quindi un distributore di “seconda battuta”).

Come detto le due ipotesi sono punite con la medesima pena, pur a fronte di comportamenti diversi dal punto di vista sostanziale; tuttavia, se con riferimento alla prima ipotesi la condotta sarà sempre punita, per quanto riguarda la seconda ipotesi (quella del diffusore di “seconda battuta”) ai fini dell’integrazione del reato e della punibilità dello stesso sarà necessario che questi abbia agito al fine di recare un nocumento alle persone rappresentate.

In altre parole, nel caso di un soggetto che diffonda ulteriormente un contenuto illecito ricevuto in via indiretta, occorrerà la prova che questi abbia a sua volta distribuito il video a terzi con malanimo, ovvero con il preciso scopo di danneggiare le persone ritratte nelle immagini o nei video.

Dal punto di vista oggettivo è bene rimarcare come il materiale illecitamente diffuso debba avere un contenuto sessualmente esplicito e debba essere destinato a rimanere privato: tali caratteristiche hanno la funzione di limitare l’ambito di applicazione della norma alla diffusione illecita di immagini che abbiano una chiara ed inequivoca connotazione sessuale e che non siano stati realizzate per essere poi diffuse.

Quando il Revenge Porn non viene considerato reato? 

Per fare quale esempio pratico è evidente che il cosiddetto reato di “revenge pornnon sussisterà qualora abbia ad oggetto immagini o video realizzati in situazioni in cui vi sia stata volontaria esposizione al pubblico, come ad esempio nel caso del soggetto che abbia compiuto atti sessuali in pubblico, oppure qualora si tratti di contenuti realizzati nell’ambito dell’industria pornografica (che presuppongono ovviamente una loro successiva diffusione).

Ovviamente il reato non sussisterà qualora il soggetto possa dimostrare di aver ottenuto il consenso alla diffusione delle immagini da parte delle persone rappresentate, e ciò anche nel caso in cui il contenuto fosse in un primo momento riservato e destinato a rimanere privato, a condizione che successivamente – ma prima della diffusione – sia stato ottenuto il consenso alla divulgazione.

Non dovrebbe poi essere punito per tale reato il soggetto che diffonda contenuti in cui la persona raffigurata non sia riconoscibile o identificabile, perché ad esempio non ripresa in volto o mostrando altri particolari (ad esempio un tatuaggio) attraverso i quali individuare il protagonista delle immagini: la norma infatti tutela il soggetto che possa riportare un danno dall’illecita diffusione delle immagini, danno che si ritiene possa sussistere solo qualora sia possibile porre le stesse in relazione ad una persona determinata.

Revenge Porn: modalità di diffusione di materiale illecito

Dal punto vista della condotta di diffusione questa potrà essere integrata con molteplici modalità: risponderà del reato chi faccia circolare il contenuto illecito tramite chat di messaggistica come WhattsApp o Telegram, oppure mediante pubblicazione su social network quali ad esempio Facebook, o ancora chi lo pubblichi su siti internet oppure lo diffonda attraverso piattaforme peer to peer.

Naturalmente la maggior parte delle violazioni avverranno mediante l’utilizzo di strumenti informatici; tuttavia il delitto di “revenge porn” sussisterà anche se attuato mediante distribuzione fisica di fotografie o video.

Invece non si ritiene che possa essere punito per tale reato il soggetto che si limiti a mostrare il contenuto illecito ad un’altra persona (anche se solo la Giurisprudenza che maturerà in materia potrà delineare i contorni delle “aree grigie” della norma): in tale ipotesi infatti il contenuto illecito rimane nella disponibilità del soggetto, che si limita a mostrarlo, senza cederlo e quindi senza che si possa verificare il rischio che il contenuto venga poi ulteriormente diffuso fino a diventare “virale”.

Revenge Porn: circostanze aggravanti

Una circostanza aggravante è prevista nel caso in cui il reato di “revenge porn” sia commesso dal coniuge (anche separato o divorziato) o comunque da persona che sia stata legata da una relazione affettiva con la persona ritratta nelle immagini illecitamente diffuse (i più gravi casi di cronaca giudiziaria hanno infatti ad oggetto proprio vicende in cui il divulgatore delle immagini era stato legato sentimentalmente alla vittima).

Altro aggravamento di pena è previsto qualora il fatto sia commesso con strumenti telematici o informatici, circostanza che ovviamente si verificherà nella stragrande maggioranza dei casi, visto che l’illecito in oggetto è esploso di pari passo con l’utilizzo dei social network e delle chat di messaggistica istantanea.

Perseguibilità del reato di Revenge Porn

Appare importante sottolineare come il reato di “revenge porn” sia punibile esclusivamente a querela della persona offesa, almeno che non sia in rapporto di connessione con altro reato procedibile di ufficio.

La vittima avrà sei mesi di tempo per sporgere la querela, senza la quale quindi le Autorità non potranno perseguire l’autore del fatto; la remissione della querela (ovvero il suo ritiro che provoca la chiusura del procedimento a carico dell’imputato) potrà avvenire solo in sede processuale.

Il reato sarà invece procedibile di ufficio qualora ricada nell’ambito di un’altra circostanza aggravante prevista dall’articolo 612 ter C.P., che inasprisce il trattamento sanzionatorio (con un aumento della pena da un terzo alla metà) nel caso in cui il fatto sia commesso in danno di persona incinta, o che si trovi in condizioni di inferiorità fisica o psichica.

Articolo a cura dello dell’Avvocato Giuseppe Migliore Studio Penale Roma

Redazione

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