Responsabilità medica e applicazione della legge Gelli-Bianco

Rosalba Vitale 14/11/17
La Corte di Cassazione con la sentenza n. 50078/17 ha disposto il rigetto del ricorso annullando senza rinvio la sentenza impugnata per essere il reato estinto per prescrizione.

La vicenda riguardava un medico che veniva condannato da parte della Tribunale e poi dalla Corte d’ Appello di Bologna per il reato di lesioni colpose gravi a danno di un paziente con il relativo risarcimento del danno nei confronti della parte civile di 10.000,00 euro, per aver provocato in quest’ ultimo una  diminuzione della sensibilità a distanza di 5 anni dall’ intervento in un’ occhio.

Il ricorrente lamentava violazione dell’ art. 43 c.p. e manifesta illogicità della motivazione, con riferimento al diniego dell’ applicabilità del decreto Balduzzi  di cui invocava l’applicabilità, nonché violazione degli artt. 590 e 583 c.p.

La Suprema Corte oltre ad evidenziare che sul caso fosse intervenuta la prescrizione dopo la sentenza di appello ha altresì sottolineato la colpa grave dell’ imputato in relazione alla condotta, tale da considerarsi inappropriatezza rispetto al risultato.

Nel caso di specie, trovava applicazione la nuova disciplina dell’ art. 6 della legge 2017 n. 24, in materia di responsabilità penale del medico che prende in considerazione ai fini dell’imputabilità l’imperizia quale elemento determinante della lesione.

In particolare il 2 comma dell’art. 590 –sexies c.p. introdotto dalla legge sopra citata (leggi Gelli), dedicato alla responsabilità colposa per morte o lesioni personali in ambito sanitario stabilisce che: “la punibilità si ha quando l’evento sia causato da imperizia, esclusa quando fossero state rispettate le raccomandazioni previste dalle linee guida come definite e pubblicate ai sensi della legge ovvero in mancanza di queste, o siano state rispettate le buone pratiche clinico assistenziali sempre che le raccomandazioni previste dalle predette linee guida risultassero adeguate alle specificità del caso concreto”.

Tale esclusione in verità trova applicazione ai fatti commessi prima dell’entrata in vigore della legge n. 24 del 2017.

La riforma precisa: “una non imputabilità del sanitario per la sola imperizia qualora abbia rispettato le raccomandazioni previste dalle linee guida così come definite dalla legge al caso specifico o in mancanza di queste si sia attenuto alle buone pratiche clinico assistenziali”.

Scopo del legislatore era quella di non mortificare l’iniziativa del professionista.

Ne discende, l’annullamento della sentenza con rinvio per accertare tali circostanze, ma poiché sul caso era avvenuta la prescrizione del reato, occorreva disporre l’annullamento senza rinvio con rigetto del ricorso con condanna del ricorrente alle spese.

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