La previsione è contenuta nel decreto 66/2014 convertito con la legge 89 dello scorso 23 giugno “Misure urgenti per la competitività e la giustizia sociale” e investe i redditi di natura finanziaria, con l’aumento dal 20 al 26 percento dell’aliquota sulle rendite.
Nello specifico, l’intento del governo è quello di proseguire sulla strada già tracciata dall’ultimo governo Berlusconi, che nell’agosto 2011 uniformò le percentuali sottoposte a imposizione delle rendite finanziarie al 20 percento. Ora, dunque, le aliquote vengono innalzate sensibilmente dal 20 al 26 percento.
La misura rientra nel complesso di riforme varate nei mesi scorsi dal governo, in particolare al bonus Irpef in busta paga dei famosi 80 euro. Il gettito derivante dall’aggravio di imposizione sulle rendite, infatti, è una delle coperture realizzate per sostenere l’esborso di 7 miliardi di euro necessari a garantire il benefit da qui a fine anno ai dieci milioni di lavoratori coinvolti, cui si stanno aggiungendo anche disoccupati in stato di sostegno al reddito e pensionati.
Chi sono gli interessati
La tassazione delle rendite finanziarie passa dal 20 al 26% per i redditi da capitale, come dividendi, cedole e interessi di c/c, oltre a depositi bancari e postali. Allo stesso modo, saranno incluse obbligazioni e cambiali, a partire dal primo luglio 2014, senza tenere conto della data di emissione dei titoli.
Cosa è escluso
Niente aumento per i titoli di Stato, come Boc, titoli del debito pubblico, buoni della Cdp che mantengono aliquota al 12,5%, sugli interessi maturati a partire da oggi primo luglio così come alle plusvalenze conseguenti alla loro cessione.
Il margine al 30 settembre
Fino alla fine del prossimo mese di settembre, le Entrate riconoscono la possibilità di pagare l’aliquota del 20% attraverso il pagamento di un’imposta sostitutiva sulla plusvalenza maturata nei capital gain affrancati, sempre che si abbiano a disposizione le risorse necessarie.
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