Un regolamento ad hoc per l’attività consultiva dell’Anac in materia di appalti pubblici

Michele Nico 15/05/15
Con un comunicato dello scorso febbraio il Presidente Cantone ha dettato le regole per l’esercizio della funzione consultiva da parte dell’ANAC, rendendo noto che i quesiti da sottoporre all’Autorità devono essere formulati dall’organo di vertice delle stazioni appaltanti o dei soggetti aggiudicatori, ovvero dai legali rappresentanti dei soggetti privati deputati a esprimere all’esterno la volontà degli stessi.

A titolo esemplificativo, l’istanza del Ministero deve essere sottoscritta dal Ministro, o dal Segretario generale, o dal Direttore generale del dipartimento, mentre per gli Enti territoriali sono legittimati a formulare quesiti i seguenti soggetti: Presidente della Giunta regionale o provinciale e Assessori, Sindaco e Assessori, Segretario provinciale, Segretario comunale, Segretario generale e direttore Generale.

È bene sapere, dunque, che gli organi di vertice degli Enti, indipendentemente dalla loro appartenenza all’area tecnica o politico-istituzionale, possono interpellare l’ANAC per ottenere pareri non vincolanti relativamente a questioni insorte durante lo svolgimento delle procedure di gara, eventualmente formulando ipotesi di soluzione al riguardo.

L’esercizio di una siffatta attività consultiva si ricollega al fatto che l’Autorità nazionale anticorruzione ha assunto i compiti e le funzioni dell’Autorità per la vigilanza sui contratti pubblici di lavori, servizi e forniture, dopo che l’art. 19, comma 1, del Dl 24 giugno 2014, n. 90, convertito dalla legge 114/2014, ha disposto la soppressione dell’AVCP.

Per regolamentare tali funzioni consultive di rilievo – peraltro contemplate dall’art. 6, comma 7, lettera n) del dlgs 12 aprile 2006, n. 163 (codice dei contratti) – il 14 gennaio scorso l’ANAC ha adottato un apposito regolamento, specificando che esulano dalla relativa sfera di applicazione “i pareri espressamente previsti da specifiche disposizioni di legge e gli atti di carattere generale” (art. 2).

L’art. 4 della stessa fonte normativa precisa poi che l’Autorità avrà cura di valutare la rilevanza delle istanze pervenute sulla base di vari criteri, tra cui il carattere di novità della tematica oggetto della richiesta, la portata generale della questione giuridica sollevata e utilità nell’orientare altri soggetti destinatari della normativa, nonché la particolare complessità della norma in relazione alla quale è richiesto il parere.

Lo scopo della funzione in parola è evidentemente quello di comporre le controversie prevenendo (e, possibilmente, evitando) contenziosi in sede giudiziale, grazie all’elaborazione di un autorevole bagaglio interpretativo dei nodi giuridici più ricorrenti nell’espletamento delle procedure di gara, nella prospettiva di agevolare la convergenza delle parti interessate su linee guida condivise, e di promuovere, per questa via, una maggiore efficienza nei processi di selezione del contraente da parte della PA.

A ben vedere, la logica ispiratrice di tale intervento a cura dell’Authority presenta notevoli affinità con il principio della “vincolatività del precedente” che contraddistingue – in ambito giurisdizionale – lo “stare decisis” (o “binding precedent”) di spiccata derivazione anglosassone, e che si traduce concretamente nell’obbligo di attenersi alle precedenti decisioni, garantendo così una maggiore stabilità all’ordinamento giuridico.

Michele Nico

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