Lo stabilisce la Corte di cassazione con la sentenza n. 13012/2016, che rigetta il ricorso del nuovo proprietario e lo condanna a pagare l’indennità, nonostante nel contratto di locazione originale il conduttore avesse dichiarato l’utilizzazione per attività non comportante contatti diretti con il pubblico.
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Il contratto tra proprietario e conduttore e il ricorso in Tribunale
La contesa riguarda una porzione di fabbricato adibito a laboratorio artigianale concessa in contratto di locazione a un’azienda del forlivese. L’azienda aveva dichiarato nel contratto che avrebbe fatto uso dell’immobile per attività non comportante contatti diretti con il pubblico, ma aveva poi utilizzato il fabbricato quale negozio di vendita all’ingrosso e al dettaglio di materiale informatico. Otto anni dopo una nuova impresa aveva acquistato l’immobile, e al termine del contratto di locazione il conduttore aveva richiesto il pagamento dell’indennità di avviamento, adducendo l’effettivo “svolgimento da tempo di attività di vendita all’ingrosso e al dettaglio di materiale informatico ed elettronico”.
Le due parti erano quindi ricorse al Tribunale ordinario e poi alla Corte d’appello: il Tribunale si era espresso a favore del nuovo proprietario, e la Corte d’appello a favore del conduttore. Come evidenziato dalla Corte di cassazione, le sentenze dei primi due gradi di giudizio erano concordi nel ritenere che l’immobile venisse effettivamente usato come negozio di vendita all’ingrosso, ma differivano riguardo alla “prova della conoscenza di tale mutamento di destinazione (rispetto alla dichiarazione del conduttore nel contratto)” da parte della nuova società che aveva comprato l’immobile.
La sentenza della Corte di Cassazione
La nuova società proprietaria dell’immobile era quindi ricorsa in Cassazione chiedendo l’annullamento della decisione della Corte d’appello. La Suprema Corte ha rigettato il ricorso e condannato la società al pagamento dell’indennità e delle spese processuali. Gli Ermellini hanno ritenuto che la società acquirente conoscesse l’effettivo utilizzo dell’immobile, motivando la sentenza sulla base “dell’essere noto a tutti il tipo di attività esercitata” e “dell’essere la regola quella di visionare l’immobile da comprare, tanto più che il conduttore era stato presente all’atto di compravendita”.
Nessun rilievo invece, come si legge nella sentenza, può assumere la clausola del contratto originale nella quale il conduttore aveva unilateralmente dichiarato la maniera di utilizzo dell’immobile.
La decisione della Corte, dunque, si basa “sulla situazione effettiva, in luogo di quella dichiarata nel contratto”. Con l’avvenuta cessazione di un’attività aperta al pubblico al termine di un contratto di locazione, anche a prescindere dall’accordo originale tra precedente locatore e conduttore, i nuovi proprietari saranno dunque costretti a versare l’indennità di avviamento.
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