Regime dei minimi, dietrofront: si torna al vecchio 5%

Redazione 11/02/15
Ormai la data segnata sul calendario di professionisti e centri di assistenza è una sola: il 20 febbraio, venerdì prossimo, il governo presenterà in Consiglio dei ministri una vera inondazione di novità fiscali, tra cui il famoso decreto sull’abuso del diritto. E subito si fa strada un’ipotesi clamorosa: potrebbe esserci un ritorno al passato sul regime dei minimi.

Andiamo con ordine. Il governo ha ancora qualche settimana per portare a termine il cammino di attuazione della delega fiscale, la cui concessione al governo arriva fino al termine del mese di marzo.

Entro quella data, l’esecutivo dovrà aver completato il cammino di legiferazione in materia tributaria, avviando riforme imponenti come quella sul catasto, nuove misure anti evasione e, soprattutto, il decreto sulla ristrutturazione fiscale e i limiti di tolleranza sui mancati pagamenti.

All’interno di questo provvedimento, inizialmente presentato lo scorso 24 dicembre si trovava anche la soglia del 3% dell’imponibile che esentava da reati quali evasione e anche la frode fiscale. Una norma che ha sollevato un putiferio poiché sembrava proprio creata ad personam, per favorire il reintegro del condannato per frode Silvio Berlusconi – e decaduto dal Parlamento – nella vita politca del Paese.

Poi, nel bel mezzo della bufera, il governo ha pensato di rinviare tutto al 20 febbraio, quando si terrà un Consiglio dei ministri che potrebbe ridisegnare alcune delle recenti decisioni assunte dal governo in materia erariale.

Se, infatti, la legge sul 3% sembra confermata, come ha suggerito anche il ministro Boschi in una recente intervista televisiva, ora pare addirittura che il governo possa tornare sui suoi passi in materia di partite Iva. E non è tutto.

Le novità per i minimi

Con la legge di stabilità 2015, infatti, è cambiato radicalmente il regime di imposte per i contribuenti entro i limiti prefissati dal fisco per accedere ai contributi in forma agevolata. In particolare, l’imposta sostitutiva era stata rivista al 15%, un’impennata che aveva portato nei mesi di novembre e dicembre a un vero e proprio boom di aperture di partite Iva, dla momento che la finanziaria consentiva di accedere al vecchio regime solo alle attività avviate entro il 31 dicembre.

Quindi, ne sono seguite aspre polemiche e ammissioni di colpa, come quella del ministro del Lavoro Giuliano Poletti, il quale senza girarci troppo intorno ha riconosciuto: “Abbiamo sbagliato sulle partite Iva”.

Ora, allo studio sarebbe un vero e proprio dietrofront, con il ripristino dell’imposta al 5% per i contribuenti minimi, anche se non è ancora dato sapere se verranno riviste anche le soglie di reddito entro cui avvalersi dell’imposizione soft. Le voci parlano di un periodo ponte concesso per tutto il 2015, con possibilità fino a fine anno di optare per il vecchio regime, entro il tetto di ricavi a 30mila euro (ma per quali categorie di professioni?).

Quello che è certo è che il governo, al Cdm del 20 febbraio, vuole fare le cose in grande. Sarebbero sei i decreti fiscali in arrivo: un pacchetto di norme che chiuderebbe del tutto la pratica delega fiscale. Nell’ordine, si attendono provvedimenti, oltre all’abuso del diritto, il nuovo impulso alla riforma del catasto dopo l’ok alle commissioni censuarie, le fatture telematiche, i giochi e anche i nuovi regimi, che molto probabilmente finiranno in un testo ad hoc.

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