Come noto, la legge oggetto della possibile consultazione, riguarda il taglio di circa mille uffici tra tribunali e sezioni distaccate, che finirebbero per ridisegnare drasticamente la cartina giudiziaria nazionale.
Contro la riforma si sono scagliate associazioni di cittadini, avvocati per magistrati, che hanno chiesto a gran voce il ritiro della legge. La richiesta è stata presentata dai consigli di Abruzzo, Piemonte, Marche, Puglia, Friuli Venezia Giulia, Campania, Liguria, Basilicata e Calabria.
La riforma, varata dall’ex Guardasigilli Paola Severino nell’ottica della montiana spending review, ha incontrato il benestare del successore Anna Maria Cancellieri, che ha posto in essere le nuove disposizioni a partire dallo scorso 13 settembre.
Esulta il presidente Oua Nicola Marino: “La riforma è ben lontana dall’essere a regime e i rinvii delle cause aumentano esponenzialmente, così come i disagi per tutti. Eppure, nessuno ha più notizia della Commissione ministeriale che avrebbe dovuto monitorare la situazione”.
Sorte inversa a quella dei quesiti sulla riforma della geografia giudiziaria è toccata a diversi altri referendum, per le cui raccolte firme nei mesi passati si erano svolte campagne pubblicitarie e tam tam sui social network assai pressanti.
E’ il caso sia dei quesiti sull’abrogazione della legge Fornero sul lavoro presentati da Di Pietro, Sel, verdi e Fiom e supportati da almeno 650 mila firme, così come di quelli sulla diaria dei parlamentari evocati da Unione popolare. A questo proposito, la coordinatrice Maria Di Prato protesta: “Ha ragione chi sostiene che la sovranità popolare è un optional: non si farà il referendum sulla diaria di 3500 euro al mese riconosciuta anche ai parlamentari residenti a Roma. In Italia si vota ad ogni piè sospinto e dunque i cittadini non potranno mai votare per abrogare le leggi sbagliate”.
Sul banco degli imputati, a parere di Paolo Ferrero di Rifondazione, anche il presidente della Repubblica – nel frattempo rieletto – Giorgio Napolitano: “Chiedemmo a Napolitano di sciogliere le Camere all’inizio del 2013 mentre decise di scioglierle alla fine del 2012 proprio per impedire, con l’inizio del semestre bianco, i referendum”.
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