L’ardito quesito referendario e l’inconsapevole voto degli italiani

Massimo Greco 28/10/16

All’avvicinarsi della data in cui gli italiani saranno chiamati ad esprimere il proprio voto al quesito referendario di riforma della Costituzione aumenta il livello di indecisione. Diverse sono infatti le questioni che rendono sempre più insofferenti gli italiani verso questo appuntamento solo apparentemente democratico.

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Votare con consapevolezza e serenità: perché mancano i requisiti?

Se è vero che il referendum rappresenta una conquista democratica dei popoli contemporanei è altrettanto vero che i medesimi devono essere messi nelle condizioni di scegliere con consapevolezza e serenità. In questo particolare momento entrambi i requisiti risultano assenti. Non vi è alcun serenità in quasi tutte le società del globo, sia quelle “mature” che quelle ancora considerate “in via di sviluppo”, basta ascoltare ogni giorno le news per confermarne l’assunto.

Anche il secondo requisito risulta deficitario, quello della consapevolezza. Argomenti complessi come la permanenza nell’Unione Europea (si veda la Brexit inglese) o come la riforma di numerose disposizioni della Costituzione richiede un livello di conoscenza che difficilmente può ritrovarsi nei popoli.

Avete provato a chiedere al vicino di casa o al proprio genitore cosa sia il CNEL che si vuole sopprimere, cosa sia il bicameralismo partitario che si vuole riformare o come saranno i futuri enti intermedi privati di copertura costituzionale? Verificherete che almeno il 95% degli intervistati non saprà dare una risposta plausibile.

Il Referendum costituzionale e il difetto di consapevolezza

La conseguenza di questo evidente difetto di consapevolezza è inevitabile: l’elettore medio che deciderà di andare a votare ugualmente lo farà per orientamento (o simpatia) politica. E qui sorge il secondo enorme problema che finisce per irrobustire l’insofferenza verso questo referendum.

E’ normale che una Costituzione, che almeno in teoria dovrebbe rappresentare l’equilibrio perfetto del patto non scritto tra Stato e cittadini, sia data in pasto alla partitocrazia e alle sue scellerate dinamiche di banale contrapposizione, alla stregua di quanto accade in occasione dell’approvazione di una normalissima disposizione di legge ordinaria?

E’ normale che la riforma della Costituzione italiana, scritta nel 1948 a più mani dalle diverse anime democratiche, laiche, cattoliche e liberali del Paese, sia diventata un “tiro alla fune” tra il Governo Renzi e tutti coloro che lo avversano (dal M5S a Forza Italia)?

E considerato, alla luce dei fatti, il pasticcio di alcune delle riforme proposte, non sarebbe stato più opportuno ricercare in Parlamento una maggioranza tale (due/terzi) che evitasse al popolo italiano l’imbarazzo di esprimersi su questioni che non è in grado di approfondire, così costringendolo a sviarne la causa tipica barrando un “si” o un “no” non certo sul quesito referendario ma sulla permanenza, o meno, del Governo Renzi?

Massimo Greco

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