Nei giorni scorsi, il presidente del Consiglio ha iniziato la sua personale campagna per il Sì, forse spinto dai sondaggi non troppo entusiasmanti, o da una generale stanchezza dei suoi colonnelli, Maria Elena Boschi su tutti, improvvisamente sparita dai riflettori pur avendo “battezzato” la riforma.
La polemica più recente riguarda il quesito referendario, che è stato reso noto nei giorni scorsi, generando immediatamente un vespaio, con i sostenitori del No pronti a tacciare il governo di “spot per il Sì” anche nella stessa scheda che gli elettori dovranno barrare in segreto. Un fronte quantomai trasversale, quello contrario alla legge, con il direttore del Fatto Quotidiano Marco Travaglio, il leader della Lega Nord Matteo Salvini, il MoVimento 5 Stelle ed ex ministri berlusconiani come Renato Brunetta insolitamente allineati.
Il testo della scheda per il referendum costituzionale 2016
Approvate il testo della legge costituzionale concernente “disposizioni per il superamento del bicamerlaismo paritario, la riduzione dei parlamentari, il contenimento dei costi di funzionamento delle istituzioni, la soppressione del Cnel e la revisione del Titolo V della parte II della Costituzione”, approvato dal Parlamento e pubblicato nella Gazzetta ufficiale n.88 del 15 aprile 2016?
Soprattutto, gli avversari di Renzi lo hanno accusato di aver superato anche lo stesso Silvio Berlusconi in quanto a sfruttamento delle istituzioni per fini di marketing politico. In effetti, il testo del quesito al fallimentare referendum costituzionale del 2006, suonava molto più distaccato:
Approvate il testo della Legge Costituzionale concernente ‘Modifiche alla Parte II della Costituzione’ approvato dal Parlamento e pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale n. 269 del 18 novembre 2005?
Come abitualmente accade in Italia, le rivalse politiche hanno messo in ombra le – macchinose – procedure amministrative. Vanno infatti riconosciuti due aspetti tecnici della vicenda. Anzitutto, secondo la legge 352/1970 che regola l’istituto, il testo del quesito referendario deve riprendere il titolo della riforma votata in Parlamento, indipendentemente dalla sua supposta tendenziosità. Ecco perché, lo scorso 8 agosto, la Corte di Cassazione ha dichiarato legittimo il quesito, ammettendo la corettezza delle oltre 579mila firme raccolte dai promotori del referendum.
Insomma, il dibattito sul referendum, a due mesi dal voto, verte più che altro su cavilli burocratici. Il governo, indubbiamente, ci ha messo del suo rinviando fino a oggi la decisione sulla data in cui tenere la consultazione e alimentando, così, i sospetti delle opposizioni, già inferocite per la decisione della Consulta di rinviare l’esame Italicum.
Una volta approvata la data da parte del Consiglio dei Ministri, toccherà al Presidente della Repubblica indire ufficialmente il referendum tramite apposito decreto quirinalizio. Quindi, esaurite le procedure burocratiche, finalmente, si potrà pensare ai contenuti della riforma, con la speranza che resti abbastanza tempo per informare adeguatamente i votanti.
Pensare che su una riforma simile – che, se approvata, potrebbe durare decenni – gli elettori decideranno leggendo la scheda all’ultimo momento, non è certo un grande attestato di stima verso i cittadini e la dice lunga sullo stato del quadro politico in Italia. Ma, alle volte, sono proprio le lungaggini istituzionali a ridurre lo spazio per il dibattito: una zavorra che mai come in questa occasione può pesare sul destino delle isituzioni stesse.
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