Redditometro: è l’Istat la vera arma dell’Agenzia delle Entrate

Redazione 08/01/13
Da quando il redditometro è passato dall’essere un progetto dell’Agenzia delle Entrate ad un vero e proprio strumento per rilevare il reddito famigliare dei cittadini italiani, abbiamo cominciato a famigliarizzare con l’Istat e il suo paniere, che di fatto determinano il valore medio entro cui i consumi dovrebbero stare, ecco dovrebbero.

In sostanza, l’Istat fonda la propria ricerca su un campione di 28 mila famiglie, a fronte dei 22 milioni nazionali, e mediante lo studio di questo campione, dislocato in 480 comuni d’Italia, vengono prodotti i dati dell’indagine annuale Istat sui consumi. Questa non è una polemica contro la ricerca Istat che presenta una storia quarantennale ed ampio riconoscimento, anche in ambito internazionale, ma risulta evidente che applicare modelli matematici in valori fiscalmente attinenti, come dimostra l’esperienza degli studi di settore, può generare alcuni problemi di analisi.

Nel dettaglio, secondo gli studi Istat, nel 2011, un single spende mediamente al mese 1.781 euro, ossia la media fra quanto si spende al Nord, 2.062 euro, e quanto si spende al Sud, 1.301 euro. Discorso identico vale per una famiglia costituita da due genitori ed un figlio che mediamente spende mensilmente 2.960 euro, con punte di 3.500 euro al Nord e 2.307 euro al Sud, per i pensionati, il dato nazionale medio è di 1.507 euro mese.

Questi modelli rischiano di essere una morsa quasi ineludibili per i contribuenti che devono far fronte al rebus rappresentato non solo dalle spese ma soprattutto dalle “non spese” attribuite in modo del tutto presuntivo. Il dm di messa in atto del redditometro fornisce la possibilità al contribuente, diversamente che in precedenza, di dimostrare un ammontare differente delle spese che gli sono state attribuite, anche se per una famiglia è praticamente impossibile conservare e archiviare scontrini e ricevute di tutte le microspese quotidiane, soprattutto se si pensa che il periodo di indagine riguarda gli ultimi 5 anni di contribuzione.

Di fatto l’unica forma di tutela, in assenza di una documentazione analitica di supporto, rimane l’ammissione di buon senso dichiarata ripetutamente dai vertici dell’Agenzia delle Entrate; il redditometro verrà utilizzato  dal fisco solo per scostamenti rilevanti, ossia a partire dai 100 mila euro di effrazione in su. La rassicurazione, tuttavia, continua ad essere informale e non è suffragata in alcun modo a livello normativo.

Bisogna poi fare i conti anche con l’articolo 3, comma 1, lettera b) del decreto Mef, il quale stabilisce che le “spese Istat” vengano assegnate al contribuente sulla base della percentuale di apporto di reddito al nucleo familiare. Rimane dunque a carico del cittadino dimostrare in fase di contraddittorio la teoria secondo cui in famiglia c’è chi non spende e non guadagna, come anziani o figli carico, e di conseguenza anche chi guadagna e non spende.

In mancanza di redditi dichiarati dal nucleo familiare, inoltre, l’imputazione delle spese per i singoli si verificherà sulla base delle informazioni presenti nella anagrafe tributaria. Giova ricordare a proposito di questo come Attilio Befera, il direttore dell’Agenzia delle Entrate abbia sostenuto che una famiglia su cinque (4,3 milioni di nuclei in totale) dichiari redditi nulli, pur spendendo.

Sono numerose le voci, fra le 100 che costituiscono il paniere del redditometro 2.0, presenti nei database dell‘anagrafe tributaria e sono più precise a partire dalle compravendite mobiliari e immobiliari, utenze domestiche, leasing, mutui, autovetture e quanto altro serva ad attestare le uscite di un reddito familiare. A queste voci, inoltre, sarà possibile aggiungere anche le informazioni dello spesometro e i dati sulle movimentazioni finanziarie che saranno trasmessi costantemente dagli intermediari.

Queste ultime spese sono tutte tracciabili in quanto avvengono mediante canale bancario o con moneta elettronica, dunque sono facilmente ricostruibili, per quanto questa operazione richieda sicuramente tempo e pazienza. In queste circostanze, in sede di contraddittorio, il confronto appare più semplice , soprattutto laddove il contribuente abbia conservato la relativa documentazione di appoggio.

Redazione

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