Reddito di cittadinanza: cosa rischia chi lavora in nero

Paolo Ballanti 29/04/19
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Dal reato di truffa aggravata con reclusione da due a sei anni passando per la revoca del Reddito con restituzione di quanto già percepito fino ad arrivare alla semplice decadenza dal beneficio. Queste sono in sintesi le conseguenze che potrebbero presentarsi a coloro che percepiscono il sussidio statale e sono anche lavoratori in nero.

Nel frattempo, l’Ispettorato nazionale del lavoro nel suo documento di programmazione dell’attività di controllo per l’anno 2019 annuncia specifiche iniziative volte a verificare l’esistenza e il mantenimento dei requisiti per accedere al Reddito, con particolare attenzione proprio ai lavoratori in nero.

Lo speciale Reddito di cittadinanza 

Ma vediamo nel dettaglio le sanzioni.

Reddito di cittadinanza: sanzioni penali per chi lavora in nero

Coloro che lavorano in nero rischiano innanzitutto sanzioni penali. E’ punito infatti con la reclusione da due a sei anni chi per ottenere il Reddito rende dichiarazioni o produce documenti falsi o attestanti informazioni non vere ovvero omette informazioni dovute.

Pene inferiori da uno a tre anni, sono invece previste per coloro che non comunicano variazioni di reddito o altre informazioni comunque rilevanti per la riduzione o la revoca del Reddito, entro i seguenti termini:

  • 30 giorni in caso di instaurazione di un rapporto come lavoratore dipendente o di avvio di attività d’impresa;
  • 15 giorni in caso di modifica della situazione patrimoniale che comporti la perdita dei requisiti per il sussidio.

Chi viene condannato in via definitiva per le fattispecie citate incorre anche nel reato di truffa aggravata finalizzata al conseguimento di erogazioni pubbliche, prevista dall’articolo 640 bis del Codice penale.

In automatico scatta anche la revoca del Reddito con efficacia retroattiva e il conseguente obbligo di restituire quanto già percepito, oltre all’impossibilità di richiedere il sussidio prima che siano decorsi dieci anni dalla condanna.

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Reddito di cittadinanza e lavoro nero: la revoca

A norma del decreto che istituisce il Reddito (decreto legge n. 4/2019 convertito in legge n. 26/2019) i lavoratori in nero possono altresì incorrere nella revoca del beneficio e nella restituzione di quanto indebitamente percepito se l’INPS accerta la non corrispondenza al vero delle dichiarazioni e delle informazioni poste a fondamento della richiesta di sussidio ovvero se i beneficiari non comunicano qualsiasi variazione del reddito, quali possono essere appunto quelle derivanti da attività in nero.

Reddito di cittadinanza: decadenza dal sussidio per chi lavora in nero

E’ disposta invece la semplice decadenza dal Reddito quando uno qualsiasi dei componenti il nucleo familiare viene sorpreso a svolgere attività di lavoro dipendente o di collaborazione coordinata e continuativa in assenza delle comunicazioni obbligatorie.

Ci si riferisce appunto ai lavoratori dipendenti e ai co.co.co per i quali è dovuta la comunicazione di inizio attività al Centro per l’impiego entro le ore 24 del giorno precedente quello di instaurazione del rapporto, a mezzo modello Unilav.

Stessa sorte per i nuclei che abbiano percepito un Reddito maggiore di quello effettivamente spettante grazie a dichiarazioni mendaci rese in sede di Dichiarazione Sostitutiva Unica (DSU), indispensabile per ottenere l’attestazione ISEE sui cui valori si basa il diritto o meno al sussidio, ovvero qualsiasi altra dichiarazione necessaria per ricevere il Reddito. In questi casi è prevista anche la restituzione di quanto percepito in eccedenza.

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Reddito di cittadinanza: quali sono le attività sommerse

In assenza di precisazioni ufficiali in materia si ritiene che incorrano nelle sanzioni citate tutti coloro che svolgono lavori in nero, a prescindere dal fatto che si dedichino anche ad attività regolari per le quali peraltro si tiene conto ai fini della misura del beneficio economico.

Lavoratori in nero e Reddito di cittadinanza: i controlli dell’Ispettorato

Di fronte all’introduzione del Reddito e al rischio che si manifestino fenomeni di indebita percezione del sussidio, l’Ispettorato del lavoro nel suo documento di programmazione dell’attività di vigilanza per l’anno 2019 ha dedicato particolare attenzione al tema dei lavoratori in nero che siano anche destinatari del sussidio.

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In particolare, nell’ambito dei 147.445 accessi ispettivi previsti per l’anno corrente, saranno programmate iniziative specifiche volte a verificare l’esistenza o il mantenimento dei requisiti richiesti dalla normativa per ottenere il Reddito di cittadinanza.

Nel concreto si accerterà l’eventuale occupazione di lavoratori in nero attraverso un’opera di incrocio dei dati come la mancata partecipazione ai percorsi di politica attiva che, secondo l’Ispettorato, potrebbero essere un segnale dello svolgimento di attività irregolari ovvero, nei casi più gravi, rappresentare la punta dell’iceberg di un sistema più complesso di truffa aggravata ai danni dello Stato, realizzato con il coinvolgimento di imprese o professionisti.

Paolo Ballanti

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