Raccolta delle giocate: la Giustizia frena la Pubblica Amministrazione

Si a “distanziometro” e “luoghi sensibili” ma con scelte oculate e senza fenomeni espulsivi degli operatori dal mercato

Cons. Stato, sez. III, ord. 12 giugno 2020, n. 3487

Tar Puglia, Lecce, sez. III, ord. 24 giugno 2020, n. 424

Tar Valle d’Aosta, sez. un., 25 giugno 2020, n. 20

 

Tre recenti pronunce della giurisprudenza amministrativa intervengono sul dibattuto tema dei limiti all’esercizio delle attività di “giochi” e “scommesse” da parte degli operatori del settore regolarmente autorizzati.

La linea tracciata è chiara: l’apporto pretorio fa luce sulle modalità con cui la P.A. può dettare regole e procedure da seguire. Modalità che non possono tradursi in generici richiami ad esigenze di contenimento della ludopatia ma che devono dare atto di quali ragioni, nel caso concreto, portino alla compromissione dell’interesse privato alla conservazione, o all’ottenimento, degli atti autorizzativi.

L’intero sistema sia normativo, sia provvedimentale non può prescindere dal rispetto dell’ordinamento euro-unitario retto (come insegna Corte di giustizia, 6 novembre 2003, n. 243) dal principio di diritto secondo cui <<laddove le autorità di uno Stato membro inducano ed incoraggino i consumatori a partecipare alle lotterie, ai giuochi d’azzardo o alle scommesse affinché il pubblico erario ne benefici sul piano finanziario, le autorità di tale Stato non possono invocare l’ordine pubblico sociale con riguardo alla necessità di ridurre le occasioni di giuoco per giustificare provvedimenti>> restrittivi.

Soffermandoci più da vicino sulle pronunce rese dalla giurisprudenza amministrativa nel giugno scorso deve sottolinearsi come, secondo i Giudici di Palazzo Spada (ord. 12 giugno 2020, n. 3487), ben difficilmente gli alunni di una <<scuola per l’infanzia>> possono allontanarsi dall’edificio per recarsi nel vicino esercizio autorizzato ai sensi dell’art. 88 R.D. n. 773/1931 (T.U.L.P.S.).

Il rilievo, per quanto di lampante evidenza, non è di poco peso ma presenta uno spessore destinato ad incidere sulla futura regolamentazione del settore.

Ed invero, se l’attuale sistema normativo consente alle Regioni di prevedere (con apposite leggi regionali) distanze minime dai luoghi sensibili per l’esercizio delle attività legate ai giochi leciti, individuando anche luoghi diversi rispetto a quelli previsti dal Decreto Balduzzi (D.L.  n. 158 del 2012), oggi l’inclusione delle scuole di infanzia tra detti luoghi (sensibili) non può più ritenersi scontata.

Essa è stata messa seriamente in discussione dal Consiglio di Stato ed il motivo è chiaro, e condivisibile, giacché risponde ad una massima di comune esperienza che i bambini dell’asilo non possono abbandonare i locali scolastici e recarsi, per conto loro, nelle sale giochi.

Di pochi giorni successivi è l’ordinanza del G.A. salentino (Tar Puglia, Lecce, sez. III, ord. 24 giugno 2020, n. 424) che, nella fase cautelare del giudizio, precisa come, in punto di motivazione circa la prevalenza dell’interesse pubblico alla rimozione della licenza ex art. 88 TULPS, rispetto al contrapposto interesse privato alla sua conservazione, non siano sufficienti affermazioni generiche.

Occorre invece che la P.A. si faccia guidare da criteri di <<certezza>> anche quanto alle modalità per determinare la distanza tra il punto scommesse e l’ingresso del luogo sensibile.

Infine, il Tar Valle d’Aosta (25 giugno 2020, n. 20) – innanzi al quale veniva impugnato il decreto del Questore di Aosta che disponeva <<la revoca della licenza ex art. 88 T.U.L.P.S.>> (per motivi legati alla distanza dai luoghi sensibili) – ritenendo tale provvedimento puntuale applicazione della nuova normativa di cui alla L.R. n. 14 del 2015 (essendosi verificata, nella specie, una successione di leggi nel tempo), sgombrato il campo da dubbi di costituzionalità, ha ritenuto detta revoca legittima.

Pur non sussistendo alcuna responsabilità in senso proprio da parte dell’amministrazione, l’adito G.A. ha ritenuto su di essa comunque gravante <<un obbligo indennitario da commisurare al solo danno emergente>>.

La sintesi di questi recenti interventi della giurisprudenza comporta per l’interprete l’obbligo di una riflessione sul cd. distanziometro che, lungi dall’essere contrastato nella legislazione nazionale e regionale, o nella giurisprudenza, rappresenta, oggi, uno dei principali strumenti cui è affidata la tutela di quelle fasce di popolazione particolarmente esposte al rischio della dipendenza da gioco.

Esso si traduce, essenzialmente, nella previsione di distanze minime delle sale da gioco rispetto a taluni luoghi che sono definiti <<sensibili>> in quanto frequentati da categorie di soggetti che si presumono particolarmente vulnerabili alla ludopatia.

La distanza dai luoghi sensibili prescritta dalle diverse Leggi Regionali oscilla solitamente fra i 300 e i 500 metri, distanza ritenuta dalla giurisprudenza ragionevole, adeguata e proporzionata, rispetto ai fini di tutela della salute dei soggetti più deboli (Cons Stato, sez. V, 26 aprile 2018, n. 5237; Cons. Stato, sez. V, 6 luglio 2018, n.4145).

Ma il distanziometro comporta più di un problema pratico – operativo di non poco contro per gli operatori di settore e di sicuro rilievo giuridico.

Si tenga sempre presente che detti operatori svolgono un’attività ammessa, lecita e disciplinata dalla normativa di riferimento, e possono essere vittime di un fenomeno c.d. “espulsivo” legato proprio al distanziometro.

Infatti, al variare della distanza dai luoghi sensibili (e cioè a dire con il disporre distanze sempre minori) e con l’aumentare dei luoghi sensibili  (considerata la natura non tassativa dell’elencazione contenuta nell’art. 7, comma 10, D.L. n. 158 del 2012) si può finire con il determinare la chiusura di tutti gli esercizi del settore in un intero Comune.

Il Tribunale di Torino, sez. III, ord. 31 ottobre 2018 ha affrontato una vicenda nella quale emergeva che, applicando il distanziometro previsto dalla Regione Piemonte, sul 99,32% del territorio comunale in cui operava l’attore non era possibile collocare apparecchi da gioco (ciò, di fatto, traducendosi in un inammissibile divieto generalizzato di gestire macchinette sull’intero territorio comunale).

La misura in esame – di “prevenzione logistica” come definita da Corte Cost., 11 maggio 2017, n. 108 – pone ancora la questione di come calcolare la distanza normativamente posta.

Occorre, in particolare, un metodo di calcolo che dia certezza sia agli operatori del settore (che devono poter operare nel rispetto di leggi e regolamenti chiari), sia alla P.A. (che certo non ha interesse all’adozione di provvedimenti illegittimi): a tal fine il riferimento è al più breve tragitto pedonale (cioè <<quello ordinariamente percorribile mediante una normale deambulazione, senza particolari ostacoli naturali>>, v. Cons. Stato, Sez. III, 28 settembre 2015, n. 4535) rilevando così la norma dell’art. 190 Codice della Strada.

Una condivisibile interpretazione del sistema di riferimento (distanziometro – luoghi sensibili), è offerta proprio dalla richiamata ordinanza n. 3487/2020 con cui il Collegio di Palazzo Spada, come detto, mette in discussione la possibilità di considerare luogo sensibile un asilo in quanto se è vero, come certamente lo è, che le misure restrittive in esame devono tutelare la salute dei più vulnerabili rispetto alla ludopatia, certo non è possibile pensare – lo si è anticipato – che i bambini dell’asilo lascino le strutture  cui sono affidati per recarsi a scommettere o a giocare.

Sul punto, poi, si rende doverosa una riflessione di carattere generale. L’art. 7, VIII, Decreto Balduzzi fa espresso divieto di ingresso <<ai minori di anni diciotto nelle aree destinate al gioco con vincite in denaro>> onerando <<il titolare dell’esercizio commerciale, del locale ovvero del punto di offerta del gioco con vincite in denaro>> del compito di identificare <<i minori di età mediante richiesta di esibizione di un documento di identità, tranne nei casi in cui la maggiore età sia manifesta>>.

Si tratta di un precetto rispettato scrupolosamente dagli addetti al settore come si evince dal Libro Blu 2018 ADM (rapporto annuale delle attività dell’Agenzia Dogane Monopoli) che, nel cotesto delle <<Attività di contrasto sul divieto di gioco ai minori>> riporta come, nel 2018, siano state irrogate solo 46 sanzioni a fronte di ben 38.745 esercizi controllati.

Operando un divieto, normativamente posto e pienamente rispettato, a tutela dei minori non vi è di conseguenza una reale esigenza di includere le scuole (dell’infanzia) tra i luoghi sensibili.

Giuseppe Cassano

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