Si tratta di una pronuncia che riapre una questione mai risolta da parte dei vari governi succedutisi negli ultimi anni, che vede oltre quattromila persone obbligate a rimanere al lavoro nonostante il maturato diritto alla pensione.
La ragione ben nota è il mancato riconoscimento del diritto al ritiro per i dipendenti della scuola, insegnanti e amministrativi, che avessero maturato i requisiti vigenti prima della riforma delle pensioni al 31 agosto 2012. La previsione del governo, infatti, riguardava solo i lavoratori in regola al 31 dicembre 2011, dunque senza considerare come l’anno di lavoro tra i banchi si concluda al termine di quello scolastico.
Una svista madornale, che, ancora oggi, non ha trovato un rimedio sotto forma di legge, costringendo gli interessati a ulteriori, e non previsti, anni di lavoro.
La sentenza di Salerno
Ora, però, arriva una nuova, concreta speranza per i lavoratori della scuola privati del diritto all’assegno previdenziale: il giudice del lavoro del Tribunale campano, infatti, ha inflitto quello che è il colpo più duro alla legge sui pensionamenti voluta dal governo Monti nel lontano 2011 e, insieme, la vittoria più netta dei dimenticati da una riforma, ormai, sempre più traballante.
La sentenza è la numero 31595 emanata il 3 novembre scorso nei confronti di 42 ricorrenti, che hanno mosso giudizio contro la legge Fornero causa del prolungamento dei loro anni di lavoro.
Ciò che colpisce, poi, è l’effetto immediato della sentenza, che di fatto ripara in maniera urgente e per via giudiziaria una mancanza dei legislatori, che, malgrado i tentativi emersi per correggere l’errore, non è mai riuscito a imporre a forza di legge il diritto già maturato agli interessati. Recita infatti la sentenza: “Per l’effetto accertato e dichiarato il diritto dei ricorrenti al collocamento in quiescenza alla data dell’1.9.2012”. Una disposizione che lascia adito a ben pochi dubbi, se non quelli che, da questo momento, aleggiano sulla stessa legge delle pensioni varata due anni fa.
A caldo, il commento di Manuela Ghizzoni, esponente del Pd che, in passato, ha firmato l’emendamento per mandare in pensione i Quota 96, poi respinto dal Parlamento per mancanza di coperture: “Una sentenza che ha ridato speranza, perché conferma la bontà delle ragioni che portiamo avanti dal gennaio 2012. Una sentenza che non può essere ignorata. Nel merito, il governo dovrà esprimersi e in questo caso, una interrogazione è invece utile e appropriata) perché non si può lasciare questa vicenda interamente nella mani dei tribunali”.
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