Una donna mentre scendeva dall’automobile riportava lesioni cadendo a causa di una buca situata sul manto stradale, coperta da uno strato di pioggia ed in condizioni di scarsa visibilità , ore 23 di notte, nelle vicinanze della casa abitativa.
La convenuta soccombente in appello, il quale, aveva ritenuto che l’evento lesivo fosse imputabile alla condotta imprudente della donna che ben conosceva lo stato dei luoghi, avendo la abitazione a circa quaranta metri di distanza, e non era stata data la prova della non visibilità della insidia né della persistenza della mancata manutenzione della strada, la stessa ricorreva in Cassazione per ottenere, il risarcimento dei danni dal Comune deducendo sia l’error in iudicando per la violazione dello art. 2043 c.c. sul rilievo che il tribunale non ha considerato che dinanzi al Giudice di Pace ha dato la prova della situazione reale costituito dalla buca non visibile, che assenza della prova da parte del Comune sull’impossibilità di rimuovere la situazione di pericolo.
Al fine di verificare la sussistenza in capo alla donna del diritto ad essere risarcita dal Comune occorre preliminarmente svolgere brevi cenni relativamente alla disciplina codicistica in materia di responsabilità della P.A.( il Comune).
In particolare, in materia di responsabilità trovano applicazione gli artt. 2043 c.c. secondo cui: “ qualunque fatto doloso o colposo che cagiona ad altri un danno ingiusto, obbliga colui che ha commesso il fatto a risarcire il danno”, e l’art. 2051 avente ad oggetto danno cagionato da cosa in custodia. secondo cui : “Ciascuno è responsabile del danno cagionato dalle cose che ha in custodia, salvo che provi il caso fortuito”.
Su tali assunti è previsto il risarcimento se l’evento pregiudizievole è riconducibile a una situazioni di pericolo connesse alla struttura o alle pertinenze della strada stessa, salvo il caso in cui si accerti la concreta possibilità per l’utente danneggiato di percepire o di prevedere, con l’ordinaria diligenza, la situazione di pericolo, tanto da incidere sul dinamismo causale della cosa sino ad interrompere il nesso eziologico tra la condotta attribuibile all’Ente e l’evento dannoso ( sentenza 13/01/2015 n. 287).
Pertanto, l’attore che agisce per il riconoscimento del danno, ai sensi dell’ art. 2051 c.c. ha l’onere di provare l’esistenza del nesso causale tra la cosa e l’evento lesivo, mentre il custode convenuto deve provare l’esistenza di un fattore estraneo alla sua sfera soggettiva, idoneo ad interrompere quel nesso causale ( Cass. 23/10/2014 n. 22528) o ai sensi dell’ art. 2043 dare prova di un pericolo occulto non visibile e prevedibile riconducibile alla criticità del manto stradale (così, ex multis, Cass. 1985/2319; Cass. 2004/1571; Cass. 2004/22592).
Dalla ricostruzione storica della vicenda a parere dei giudici di legittimità che si pronunciavano con sentenza n. 21940 del 28 ottobre 2015, il ricorso andava rigettato poichè non era in discussione il principio dell’onere probatorio, ma il diverso principio inerente alla imputabilità soggettiva per colpa del convenuto Comune ed al correlativo principio relativo alla condotta imprudente della donna che scivolava.
Ne consegue, che non è colpevole il Comune quando l’ evento non si sarebbe realizzato se ci fosse stata una condotta diligente della donna che era al corrente dello stato dei luoghi.
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