Quando le bestialità vengono dall’Europa…

L’Italia è uno dei 27 Stati che compongono l’Unione Europea.

Questa organizzazione sopranazionale ha competenze sulle più svariate materie, dagli affari esteri alla difesa, dalle politiche economiche all’agricoltura, dal commercio alla protezione ambientale, e la legislazione che emana in merito è vincolante per gli Stati membri.

La struttura organizzativa dell’Unione è mastodontica, con migliaia di funzionari e uffici in sedi diverse. Per rendersi conto della sua complessità gestionale, basti ricordare che vi si parlano ben 23 lingue: dal francese all’inglese, dal tedesco allo spagnolo, fino al maltese, una lingua che nel mondo è parlata da appena 400.000 anime, un’inezia rispetto al mezzo miliardo di cittadini europei. E meno male che nella Repubblica di San Marino si parla l’italiano, altrimenti per uno staterello di 30.000 abitanti chissà quanti interpreti sarebbero stati stipendiati dall’UE.

A proposito di San Marino, il suo ingresso nell’Unione Europea le fu precluso per diversi anni in quanto la minuscola Repubblica risultava essere… in guerra nientemeno che con la Svezia! Certo uno stato di guerra solo formale. Pare infatti che, in occasione della pace di Westfalia (1648) che concluse Guerra dei Trent’anni, il trattato che avrebbe dovuto porre fine allo stato di belligeranza tra San Marino e la Svezia, per un disguido, non fosse stato sottoscritto dalle due parti né allora né in seguito. Sistemato il tutto senza bisogno di deporre le armi il 6 novembre 1988, anche la Repubblica del Titano fu ammessa all’Unione Europea. E dunque i manuali di storia andrebbero riscritti, poiché, per questo fatto, quella che è detta Guerra dei 30 anni è durata in realtà 380 anni!

Gli obblighi derivanti dall’appartenenza all’Europa Unita hanno creato un nuovo corpus giuridico che si affianca alle leggi nazionali e che, per la regolamentazione di alcune materie, è in concorrenza con esse, rendendo tutto più complicato.

Se poi si aggiunge che in certi settori (quali l’organizzazione sanitaria, scolastica, del commercio) vi è anche una regolamentazione regionale concorrente, si capisce che il caos è assicurato. E per avere un’idea di quanto smisurata sia la produzione legislativa comunitaria, basti ricordare che i provvedimenti legislativi che si occupano di fiori sono quasi 300, di cui una settantina riservati alle rose, 5 alle petunie e ben 24 ai crisantemi!

Esamineremo qui di seguito le disposizioni europee più bizzarre, o che tali possono apparire agli occhi dei profani, in fatto di merci, limitandoci, per non tediare il lettore, al campo dell’agricoltura e dei prodotti alimentari.

Il regolamento CEE 58 del 1962 disciplina minuziosamente le carote, stabilendo che non devono presentare alcuna traccia di ammollimento e non devono essere né legnose né biforcute. Ma non basta: il loro calibro minimo è fissato a 10 mm di diametro o 8 g di peso e il calibro massimo a 40 mm di diametro o 150 g di peso. Ma – ci si chiede – come si fa a controllare le carote una ad una?

Anche gli spinaci sono sottoposti a una regolamentazione ben precisa: la lunghezza del picciolo non deve superare i 10 cm.

E la cicoria? Regolamentata anch’essa: in nessun caso il diametro delle cicorie può misurare meno di 2,5 cm quando la loro lunghezza sia inferiore a 14 cm. In nessun caso il diametro può essere inferiore a 3 cm quando le cicorie siano di lunghezza pari o superiore a 14 cm. Tutto chiaro?

E che dire dei piselli? Guai a chiamarli tali se il baccello non contiene almeno tre semi (All. 1/3 del Regolamento 58 del 1962). Ma quanto tempo ci si impiega a verificare baccello per baccello se all’interno di semi ce ne sono almeno una terna!

E i fagiolini? Anch’essi regolamentati: la larghezza massima deve essere compresa fra 6 e 9 mm. E così via per carciofi, uva, ciliegie e fragole. Pure per i meloni vi è una normativa specifica: guai se il peduncolo supera i 2 cm, recita il regolamento 1615 del 2001!

Ma quello che mi fa impazzire è l’‘arco del cetriolo’. Come si fa a misurare l’arco del cetriolo (così si esprime la legge) che secondo il regolamento CEE 15 giugno 1988 deve avere un’altezza massima di 10 mm per 10 cm di lunghezza? E le banane? Anch’esse hanno una misura stabilita dal reg. 2257 del 2004: «il calibro è determinato dalla lunghezza del frutto, espressa in centimetri e misurata lungo la faccia convessa, dal punto in cui il peduncolo si inserisce sul cuscinetto fino all’apice, dal grado, cioè dallo spessore, espresso in millimetri, di una sezione trasversale del frutto praticata tra le facce laterali e nel mezzo del frutto stesso, perpendicolarmente all’asse longitudinale».

Chiaro? Mica tanto! Se poi – sempre a proposito di banane– andate al mercato a comprarne qualcuna e volete essere precisini, portatevi dietro un metro: se la loro lunghezza non supera i 14 cm, il venditore è nei guai. A meno che non provengano dalle Azzorre, da Cipro o da Creta, per come consentito dal regolamento 228/06.

A volte invece le norme sono chiarissime: quel che non si capisce è perché siano state fatte. Prendete il regolamento CEE 316 del 1968 e provate a farvi una ragione perché mai «i rami di mimosa devono essere disposti a strati o presentati in mazzi da 150, 250 e multipli di 250 grammi». E subito ci si immagina che alla festa della donna decine di poliziotti e vigili urbani stiano là, pronti a pesare i mazzi e contravvenzionare quei delinquenti che non rispettano la regola.

E perché mai gli orinatoi delle strutture turistiche devono avere un dispositivo di risciacquo automatico o manuale tale da consentire il risciacquo simultaneo di non più di 5 orinatoi? (Dec. 14 aprile 2003, n. 2003/287/CE).

Ora provate a immaginare tutte queste norme astruse tradotte in 23 lingue, magari in quelle di nazioni che conoscono la cicoria solo dai libri… E buona notte ai suonatori!

copertina

Giuseppe D’Alessandro

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