Pubblico impiego dopo la spending review

L’articolato decreto sulla spending review interviene con molteplici disposizioni sul pubblico impiego; tra queste, emerge quanto prescritto dall’art. 5 comma 8, che inibisce qualsivoglia forma di retribuzione per le ferie non godute.

Dispone la norma che le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale delle amministrazioni pubbliche sono obbligatoriamente fruiti secondoquanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione ditrattamenti economici sostitutivi. La presente disposizione si applica anche in caso di cessazione del rapporto di lavoro per mobilità, dimissioni, risoluzione, pensionamento e raggiungimento del limite di età. Eventuali disposizioni normative e contrattuali più favorevoli cessano di avere applicazione a decorrere dall’entrata in vigore del presente decreto. La violazione della presente disposizione, oltre a comportare il recupero delle somme indebitamente erogate, è fonte di responsabilità disciplinare ed amministrativa per il dirigente responsabile.”

La portata della disposizione è inequivocabile, nella prescrizione della assoluta impossibilità di retribuire le ferie non godute, in qualsiasi caso di cessazione dal lavoro e a prescindere da qualsiasi motivo le stesse non siano state fruite.

E’ importante sottolineare come i motivi della eventuale mancata fruizione delle ferie non siano minimamente considerati dalla norma in questione, e come questa mancanza possa dar luogo ad interpretazioni in contrasto col dettato costituzionale.

E’ il caso, ad esempio, alla base della sentenza della Corte di Cassazione del 9 luglio 2012, n. 11462, che interviene sul medesimo tema (singolarmente a poche ore di distanza dal decreto), analizzando un caso specifico di impossibilità di fruizione delle ferie, ovvero quella causata, per un dipendente pubblico, da lunghi periodi di malattia. Nel caso concreto, si chiedeva il corrispettivo tramite pagamento di indennità sostitutiva, al momento del collocamento a riposo.

La Cassazione afferma un principio discordante con la decretazione di urgenza governativa sopra richiamata, disponendo non solo che“il diritto alle ferie … gode di una tutela rigorosa, di rilievo costituzionale, visto che l’art. 36 terzo comma Cost. prevede testualmente che “il lavoratore ha diritto al riposo settimanale e a ferie annuali retribuite, e non puo’ rinunziarvi” ma anche che “ove in concreto le ferie non siano effettivamente fruite…spetta al lavoratore l’indennità sostitutiva che, oltre a poter avere carattere risarcitorio…costituisce un’erogazione di natura retributiva, perché non solo è connessa al sinallagma caratterizzante il rapporto di lavoro…ma più specificamente rappresenta il corrispettivo dell’attività lavorativa resa in un periodo che, pur essendo di per sé retribuito, avrebbe dovuto essere invece non lavorato”.

Fondamentale è il richiamo che la Cassazione opera alla sentenza della Corte di Giustizia della UE del 20 gennaio 2009, resa in sede di interpretazione della direttiva europea 2003/88, sentenza che stigmatizza le disposizioni nazionali che “escludano il diritto ad un’indennità finanziaria sostitutiva delle ferie non godute del lavoratore che sia stato in congedo per malattia…”.

Sulla stessa stregua si era pronunciato il Consiglio di Stato, con sentenza n. 3637/2008 “il diritto al congedo ordinario e al compenso sostitutivo costituiscono due facce inscindibili di una stessa situazione giuridica, costituzionalmente tutelata dall’art. 36 e riconosciuta dalle specifiche norme di settore”.

Altri motivi, sempre non imputabili al lavoratore né al datore di lavoro ma previsti dal codice civile e dalle singole contrattazioni, possono comportare la non fruizione delle ferie, come ad esempio il decesso del lavoratore, che lascia agli eredi il diritto al pagamento dell’indennità sostitutiva, oppure specifiche disposizioni che espressamente prevedono l’impossibilità di concedere le ferie e l’obbligo di indennizzare la mancata fruizione delle stesse: è il caso del preavviso.

Le disposizioni contrattuali che ricalcano la normativa generale dettata dal codice civile all’art. 2109 (come l’art. 12 del CCNL Enti Locali del 2006, ad esempio) espressamente vietano la concessione delle ferie nel periodo di preavviso, obbligando a corrispondere l’indennità sostitutiva anche per le ferie maturate nel medesimo periodo di preavviso (che puo’ arrivare a quattro mesi), come da conforme parere ARAN del febbraio 2012.

Ebbene è ipotizzabile, stando alla rigorosa lettura del decreto, un contratto a tempo indeterminato che, a fronte di prestazioni rese, come nel caso appunto del preavviso, non faccia di fatto maturare diritto alle ferie, diritto garantito dalla Costituzione?

E’ ipotizzabile che a fronte del decesso di un dipendente e della domanda di indennità sostitutiva inoltrata dagli eredi, in una situazione già di per sé penosa, il singolo ufficio del personale neghi qualsivoglia emolumento, appellandosi all’operatività di una disposizione che non prevede eccezioni?

E’ ipotizzabile che una tale interpretazione, rigorosamente letterale, del divieto assoluto di monetizzare le ferie, prevalga sul dettato costituzionale, il diritto comunitario, l’interpretazione nomofilattica della Cassazione?

  E infine: i contenziosi che potrebbero essere devoluti, in sede di legittimità, alla Consulta a fronte di una disposizione che non tiene conto delle circostanze molteplici che prescindono dalle volontà del lavoratore non costituiscono, anche queste, “spreco” di denaro pubblico?

Francesca Ciangola

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