A partire dal 12 agosto 2016, tutte le amministrazioni dovranno abbandonare definitivamente la carta e gestire i procedimenti amministrativi di propria competenza solo attraverso gli strumenti informatici.
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Dopo anni di annunci (spesso azzardati) e di promesse (mai mantenute), perché questa volta dovrebbe essere quella buona?
E infatti, come spesso accade quando si parla di amministrazione digitale, le reazioni vanno dallo scetticismo (“le PA non ce la faranno mai”) al benaltrismo travestito da realismo (“se non ci sono sanzioni, nessuno rispetterà la scadenza”).
In realtà, la scadenza di agosto è realmente cruciale e cade – ironia della sorte – proprio nei giorni in cui è alle battute finali l’adozione del decreto attuativo della Riforma Madia (art. 1 Legge n. 124/2015) che riformerà in modo importante il Codice dell’Amministrazione Digitale (CAD).
Visto che però la confusione sugli adempimenti è ancora grande, può essere utile provare a fare ordine e capire cosa le amministrazioni sono tenute a fare prima del 12 agosto.
Le regole tecniche sul documento informatico
Andiamo con ordine. Il termine dell’11 agosto è posto da una norma ben precisa: si tratta dell’art. 17, comma 2, del DPCM 13 novembre 2014 che contiene le Regole tecniche attuative del Codice dell’Amministrazione Digitale (D. Lgs. n. 82/2005) in materia di formazione, trasmissione, copia, duplicazione, riproduzione e validazione temporale dei documenti informatici.
Questo decreto è stato pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 12 gennaio 2015 ed è entrato in vigore l’11 febbraio 2015. Da allora, sulla base dell’art. 17, comma 2, le amministrazioni avevano ben 18 mesi di tempo per adeguare i propri sistemi: 18 mesi che scadono, appunto, l’11 agosto 2016.
Un adeguamento complesso, che riguarda tutte le pubbliche amministrazioni (dai Ministeri ai Comuni, dalle Regioni alle Università, passando per Scuole, Camere di Commercio e Aziende Sanitarie) nonché le società partecipate dalle pubbliche amministrazioni e inserite nel conto economico consolidato della pubblica amministrazione. Questi soggetti, entro l’11 agosto, sono tenuti:
- a formare gli originali informatici nel rispetto di precise regole in materia di formati, metadati, accessibilità;
- a formare, con modalità altrettanto precise, i fascicoli di procedimento, i repertori e i registri;
- a seguire le procedure indicate dalle regole tecniche per certificare la conformità delle copie informatiche (es. scansioni) dei documenti analogici pervenuti agli uffici.
Si tratta di un adeguamento sotto un triplice profilo: tecnologico (bisogna dotarsi di tutti gli strumenti hardware e software necessari), organizzativo (attraverso la reingegnerizzazione di processi e la ridefinizione dei flussi di lavoro) e giuridico (modificando i regolamenti e i Manuali già adottati dagli enti, come quello sulla Gestione documentale già obbligatorio ai sensi del DPCM 3 dicembre 2013).
Naturalmente, a valle di tale adeguamento, si rende indispensabile un’attività di formazione del personale volta a far conoscere le nuove modalità di lavoro a tutti i soggetti coinvolti nella gestione dei procedimenti e nella formazione dei documenti.
Tuttavia, le Regole tecniche sul documento informatico – complici anche i tanti altri adempimenti normativi che hanno riguardato le amministrazioni in questo ultimo anno e mezzo – sono però passate ben presto nel dimenticatoio e, salvo un numero pure cospicuo di eccezioni, la sensazione è che la gran parte delle PA sia ben lontana dal completare il processo di adeguamento che dovrebbe concludersi prima di ferragosto.
Gli obblighi del Codice dell’Amministrazione Digitale
“Abbiamo sempre usato la carta, continueremo ad usare carta, stilografica e timbro. Tanto non ci sono sanzioni”. Questo il tenore di alcune conversazioni avute negli ultimi giorni con dirigenti e funzionari di pubbliche amministrazioni.
A loro ho provato a spiegare come in quest’affermazione ci sia un (grave) errore di fondo.
Se è vero che il DPCM 13 ottobre 2014 non contiene sanzioni dirette, non bisogna dimenticare che si tratta di regole attuative di obblighi che già da anni erano imposti dal Codice dell’Amministrazione Digitale ma che – fin qui, in assenza delle regole tecniche – non erano mai diventati pienamente efficaci.
Si tratta, in particolare, dell’obbligo di redigere gli originali dei documenti delle pubbliche amministrazioni come documenti informatici e dell’obbligo di aprire un fascicolo informatico per ogni procedimento amministrativo di competenza dell’ente.
Quanto al primo, è indispensabile ricordare come l’art. 40, comma 1, CAD rubricato “Formazione di documenti informatici”, introduce il seguente obbligo: “le pubbliche amministrazioni formano gli originali dei propri documenti con mezzi informatici secondo le disposizioni di cui al presente codice e le regole tecniche di cui all’articolo 71”. La norma stabilisce un preciso precetto: i documenti delle pubbliche amministrazioni devono essere prodotti esclusivamente in modalità informatica, secondo le modalità previste proprio dalle Regole Tecniche contenute dal DPCM 13 novembre 2014 (il cui termine per l’adeguamento scade l’11 agosto 2016).
La dematerializzazione dei flussi documentali all’interno delle pubbliche amministrazioni non rappresenta solo un’opportunità o un percorso volto al raggiungimento di livelli di maggior efficienza, efficacia, trasparenza, semplificazione e partecipazione, ma costituisce – finalmente – una precisa ed improrogabile scadenza normativa.
Non rispettare questa norma (a partire dal 12 agosto 2016) esporrà sicuramente le amministrazioni a contestazioni sulla legittimità degli atti (come le delibere e le determine, i decreti e le ordinanze) dal momento che una norma di legge ben precisa individua dei requisiti di forma specifici per i documenti delle pubbliche amministrazioni (che dovranno essere informatici).
Ce n’è abbastanza, quindi, per dire addio ai documenti cartacei. Infatti, come sa chiunque abbia una minima dimestichezza con il diritto amministrativo, una previsione di questo tipo ha l’ovvia conseguenza di incidere sulla legittimità degli atti (e quindi sulle responsabilità di tutti i soggetti che dovessero formare dei documenti in modo diverso rispetto a quanto previsto dalle regole tecniche).
Stesso discorso vale per l’art. 41, comma 2, CAD in base al quale la pubblica amministrazione titolare di ciascun procedimento amministrativo raccoglie “in un fascicolo informatico gli atti, i documenti e i dati del procedimento medesimo da chiunque formati”.
Il fascicolo informatico è realizzato, nel rispetto delle regole tecniche contenute nel DPCM 13 novembre 2014, garantendo la possibilità di essere direttamente consultato ed alimentato da tutte le amministrazioni coinvolte nel procedimento (e nel quale dovranno confluire anche i documenti che continuassero ad arrivare come cartacei).
Anche questa rappresenta una piccola rivoluzione copernicana per le pubbliche amministrazioni, vista la centralità che il fascicolo del procedimento riveste nell’attività quotidiana degli uffici pubblici.
Obblighi che non rimangono “sulla carta”
L’adeguamento al DPCM 13 novembre 2014 è un lavoro obbligatorio e articolato, reso ancora più complesso dal necessario coordinamento con le attività poste in essere sulla base delle Regole tecniche sul protocollo informatico e sulla conservazione dei documenti informatici.
Alla luce di queste brevi considerazioni è quindi possibile affermare come quella dell’11 agosto sia probabilmente una delle più importanti scadenze nella ultradecennale (e travagliata) storia della PA digitale italiana. Il punto di partenza imprescindibile per le future sfide legate all’erogazione di servizi on line a cittadini e imprese.
Una scadenza che, come è ovvio, non troverà tutti pronti e – molto probabilmente – genererà contenziosi sull’efficacia e sulla validità dell’attività amministrativa posta in essere dalle amministrazioni inadempienti.
Per approfondire si consiglia il seguente corso:
Il Codice delle Amministrazioni digitali dopo la riforma Madia
Milano, 4 ottobre 2016
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