Appena uscito dal Quirinale, lunedì mattina, il presidente del Consiglio incaricato, ricevendo il mandato di formare il governo dalle mani del capo dello Stato Giorgio Napolitano, ha infatti indicato le riforme per i prossimi mesi, una volta che il governo si sarà insediato nel pieno dei poteri, e avrà ricevuto la fiducia da entrambe le Camere.
Ricapitolando, le scadenze indicate da Renzi nella sua – finora – unica conferenza da premier, sono quelle che vedono il mese di febbraio, che volge al termine, dedicato alla messa a punto delle riforme costituzionali, come definito in base all’accordo del 18 gennaio con Silvio Berlusconi: dunque, in primis, Italicum e riforma del Senato.
Quindi, tra marzo e maggio, il pallino del governo passerà dagli interventi sul lavoro, alla riforma della pubblica amministrazione, fino alle novità in tema fiscale. In quale di questi tre passaggi chiave dovrebbero, allora, innestarsi le pensioni, con le novità in tema di previdenza?
Intanto, va precisato che qualsiasi riforma deve fare i conti con il periodo di transizione che si sta vivendo ai vertici Inps, dopo l’addio di Antonio Mastrapasqua e l’avvicendamento con il manager Vittorio Conti, che ne ha rilevato la guida nelle vesti di commissario straordinario.
Poi, si dovrà capire se davvero Renzi avrà intenzione di aggredire la spesa sociale anche sul fronte delle pensioni, in particolare di quelle più remunerative. Per adesso, sul fronte della previdenza le posizioni di Renzi più note riguardano i contributi richiesti agli assegni più elevati, espresse nel corso della trasmissione Servizio Pubblico, di cui è stato ospite nello scorso novembre.
L’occasione, naturalmente, era la campagna elettorale per le primarie che lo hanno visto vincitore con ampio consenso e eletto segretario nazionale del Pd. Una posizione, quella dell’austerità nei confronti delle pensioni d’oro, ribadita anche nel documento ufficiale del suo programma in sede di consultazione per la segreteria, dove, in ottica welfare, veniva ribadita la necessità di un nuovo contributo di solidarietà alle pensioni più remunerative e l’aiuto alle famiglie meno abbienti.
Ora, bisognerà capire se il contributo di solidarietà introdotto da Enrico Letta nell’ultima legge di stabilità verrà ritenuto sufficiente dal nuovo premier, lasciando, così, immutato il quadro, oppure se Renzi sceglierà di spingere ancora più a fondo i prelievi sugli assegni più ricchi.
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