Bellissimi ed interamente bardati a festa giunsero nella Capitale per festeggiare il secondo anniversario del Trattato di Amicizia italo – libico.
Celebrazioni in pompa magna, tende beduine, stupende fanciulle ad elegante cornice dei “dotti insegnamenti” del Colonnello. E noi a fare finta di volerlo ascoltare….
Otto mesi dopo, a quello stesso Gheddafi osannato ed abbracciato da tutti i Capi di Stato gli abbiamo buttato le bombe addosso, gli abbiamo ammazzato il figlio ed i tre nipotini, lo abbiamo additato come carnefice e dittatore.
Forse lo processeremo. Per crimini di guerra o per crimini contro l’umanità, fa lo stesso. Di certo per fatti e misfatti che solo oggi abbiamo deciso di dovere ricordare; fatti e misfatti che per anni tutti hanno saputo e taciuto, innanzitutto i capi di Stato ed i loro servizi segreti.
Oggi si è deciso che è moralmente giusto perseguire Gheddafi, e non importa che il processo venga poi barattato con l’esilio. Vale l’affermazione di principio.
Ma siamo realmente certi che processi di questo tipo, al di là del nome e della forma, rispettino i crismi della legalità formale e sostanziale, e non siano tutti – o quasi – sfacciatamente contraddistinti dalla ipocrisia del “senno del poi” ?
Mai come in questa materia il concetto di giustizia e di verità è liberamente interpretato, su vari i fronti: quello della verità storica, che dovrebbe essere rappresentata dai fatti oggetto dell’imputazione non appena gli stessi siano scoperti, e che invece è disvelata solo a guerra persa quando la “folla” internazionale reclama vendetta contro l’oppressore; quello della verità giuridica, che dovrebbe connotare la sacralità di un processo penale internazionale in cui si prende per la prima volta atto di determinati crimini, e che invece viene normalmente celebrato quando i fatti sono già più che accertati e diventati stantii.
Solo raramente i processi penali internazionali per crimini di guerra, o per reati contro l’umanità, sono improntati ad una giustizia sostanziale che si incontra e si abbraccia con la giustizia formale. Forse, solo laddove i fatti oggetto della imputazione sono talmente fuori dalla comune e prevedibile “violenza di stato” che l’aula giudiziaria penale finisce per diventare teatro eletto di una dirompente divulgazione storica.
Se alla fine della seconda guerra mondiale non fosse stato celebrato il Processo di Norimberga (o meglio, i due distinti gruppi del processo) sui crimini contro gli ebrei nessuno mai avrebbe potuto credere ai paralumi realizzati con pelle umana …
Allo stesso modo, se non ci fosse stato il Processo di Norimberga, forse non ci sarebbero state neanche la Commissione di Diritto Internazionale che nel 1950 produsse il rapporto sui Principi di Diritto Internazionale, lo Statuto della Corte Penale Internazionale siglato a Roma nel luglio del 1998, l’insediamento della stessa Corte Penale Internazione a L’Aia nel 2002.
E’ certamente giusto che i grandi processi sui crimini contro l’umanità siano previsti, regolati, celebrati e conclusi. Ma, ad una condizione: di avere l’onestà intellettuale di ammettere che di effettivo spessore giuridico questi processi finiscono per averne davvero poco. Sono punizioni politiche dei vittoriosi sui perdenti o formali occasioni giudiziarie in cui si decide di raccontare pubblicamente quello che già si sapeva e che si faceva finta di non sapere e di non avere mai visto.
Un eventuale processo a Gheddafi si inserirebbe perfettamente in questo tipo di logica.
Basti solo pensare che la piattaforma d’accusa a suo carico dovrebbe essere quella della Risoluzione del Consiglio di Sicurezza dell’ONU n. 1973 del 17 marzo 2011, in cui si avanza una infinità di ipotesi accusatorie e tra queste “il continuo uso dei mercenari da parte delle autorità libiche”.
E lo si dice solo oggi? E lo si è scoperto solo oggi? E lo si vuole punire solo oggi?
Tutti hanno sempre saputo che Gheddafi ha insanguinato l’Africa con i suoi mercenari e che ha, anche, compiuto tra i più indicibili crimini contro l’infanzia come la crudele politica di addestramento dei bambini soldato.
Il nostro Colonnello ha violato libertà, menti, corpi ed infanzia.
Come se non bastasse, è stato tra quelli che hanno finanziato a piene mani le milizie mercenarie della Guerra Civile in Sierra Leone, tra le più atroci e lunghe (dal 1991 al 2002) nei confronti di uno dei popoli più pacifici dell’Africa.
….mezze maniche e maniche lunghe…. E’ l’esercito degli amputati a cui i mercenari di Gheddafi mozzavano un intero braccio, o un pezzo di arto, a colpi di machete.
La verità è che mentre i trenta meravigliosi cavalli berberi del Colonnello venivano applauditi “criniera al vento”, insieme ai nostri cavalli dell’Arma dei Carabinieri, gli ex bambini ed amputati di Freetown – vittime risapute di Gheddafi da almeno una decina di anni – erano costretti a giocare a pallone con le loro stampelle.
Ovviamente gli amputati più fortunati….
I più disgraziati, rimasti maniche corte su entrambi i lati, rimanevano in attesa di una mano generosa che si ricordasse di farli mangiare imboccandoli….
Scrivi un commento
Accedi per poter inserire un commento