E le ultime notizie hanno sicuramente alterato l’umore dei candidati, in special modo di quelli che, domenica, si contenderanno la premiership nel faccia a faccia risolutivo: naturalmente, il segretario del Pd Pier Luigi Bersani e il sindaco di Firenze Matteo Renzi.
Il divario tra i due, infatti, nelle ultime ore si sarebbe allargato, fino a sfiorare i 9 punti percentuali: stando alle ultime rilevazioni, ormai considerabili come dati definitivi, Bersani si attesta al 44,9%, con il suo diretto avversario che fermo al 35,5%.
Insomma, ha preso corpo un distacco che, a pochissimi giorni dal responso finale, appare quasi incolmabile per il primo cittadino fiorentino.
Bersani, invece, ha attraversato l’ultima fase dello spoglio senza particolari contraccolpi: sin dalle prime proiezioni di ieri sera, infatti, l’ex governatore dell’Emilia-Romagna era dato stabilmente al di sopra del 40%. Un primato che, di fronte ai dati finali, non accenna a scalfirsi.
In linea, invece, le percentuali raggiunte dagli altri tre candidati alle primarie, con Nichi Vendola a guidare il drappello degli sconfitti al 15,6%, Laura Puppato al 2,6% e Bruno Tabacci fanalino di coda fermo all’1,4%.
Insomma, se i renziani speravano che il margine da Bersani potesse oltremodo assottigliarsi lungo la nottata, sono rimasti delusi: lo stesso Renzi, intervenendo al suo quartier generale, aveva anticipato di essere dietro di 5 punti, un’affermazione di fatto, smentita dagli ultimi conteggi.
Ma il vero dato che ha segnato questa piccola, ma significativa inversione di tendenza è quello del numero complessivo dei votanti. Nelle prime battute, infatti, ieri sera si era diffusa la cifra tonda di 4 milioni di cittadini iscritti alle primarie delal coalizione “Italia. Bene Comune“.
Un numero che avrebbe dovuto favorire, stando alle analisi svolte nelle scorse settimane, proprio il sindaco toscano, essendo riuscito, in sostanza, nel proposito di portare alle urne un numero di elettori oltre le previsioni più rosee.
L’ipotetico scenario, se pareva concretizzarsi in tarda serata, oggi trova dunque un fondo di verità, ma perché si è verificato esattamente l’opposto: il boom dei 4 milioni non è stato raggiunto, l’affluenza dei votanti si è fermata a 3 milioni e 100mila e Bersani ha accresciuto il suo vantaggio.
Questa è la ragione per cui Renzi ha perso terreno nei confronti del segretario democratico nelle fasi finali dello spoglio: possibile che le regole “ostiche” per la registrazione, l’insofferenza generale verso la politica e l’obolo di 2 euro per la votazione indubbiamente abbiano costituito un mix tale per cui molti potenziali elettori si siano convinti a disertare le primarie.
Naturalmente, che tutti gli elettori “non votanti” fossero in massa renziani, resta tutto da provare, ma indubbiamente tra i cinque papabili candidati premier, il sindaco di Firenze è quello che detiene il maggior potenziale di mobilitazione verso coloro che meno si identificano nell’organizzazione partitica del Partito democratico.
Ora, i due possibili premier al ballottaggio guardano all’elettorato di Nichi Vendola, che ha portato in dote al leader di Sel un totale vicino alle 500mila preferenze, il vero bacino che, domenica, deciderà la gara, dato che non saranno ammessi nuovi votanti ai seggi, tranne in caso di comprovata impossibilità di presentarsi al primo turno.
A Renzi ne servirebbero 300mila solo per superare la quota raggiunta ieri da Bersani, compito improbo anche per chi ha dimostrato di sapere mettere in campo forze sconosciute alla sinistra sul fronte della comunicazione politica.
Bersani, dal canto suo, è padrone del suo destino: in teoria, potrebbe anche vincere senza l’endorsement pubblico di Vendola – che a questo punto segnerebbe di fatto la contesa – e attendere la vittoria senza troppi affanni. Ma c’è da scommettere che il partito – a larghissima maggioranza raccolto attorno al suo segretario – farà campagna fino alle ultime ore disponibili.
Sull’altro fronte, a questo proposito, c’è da attendersi che Renzi ricorrerà a tutto il suo arsenale comunicativo, magari estraendo qualche coniglio dal cilindro e spremendosi fino all’ultimo per ribaltare una partita a, suo avviso, ancora tutta da giocare: “Si riparte da zero a zero“, ha arringato ieri i suoi in tarda serata. Intanto, fa già sapere di essere in possesso di dati diversi da quelli sin qui divulgati.
Indubbiamente, nessuno dei due si darà per vincente o sconfitto in partenza: il sovvertimento del pronostico è una tradizione che, alle urne, si ripresenta tanto spesso quanto avviene in ambito sportivo. E, si sa, per chi arriva secondo in uno spareggio, non è previsto alcun premio di consolazione.
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