Nell’ultimo periodo la quotazione dell’Oro ha subito un discreto apprezzamento, di cui una delle principali cause è sicuramente la decisione della Federal Reserve (FED) di lasciare invariati i tassi di interesse; scelta determinata dal livello di inflazione crescente, ma sotto il 2%, e dalla crescita lenta dell’occupazione (cresciuta a settembre di 142 mila posti di lavoro contro i 200 mila attesi).
Tra le altre concause che fanno ben sperare circa le prospettive sull’ulteriore moderata crescita della quotazione dell’Oro c’è sicuramente il rallentamento delle vendite degli E.T.F. che in passato era stata una delle principali cause della debolezza del metallo prezioso. A ciò si aggiunge un incremento degli acquisti di Oro da parte delle banche centrali a cui ha fatto da contraltare la contemporanea riduzione dell’offerta di oro proveniente dal recupero di gioielleria usata.
Altro fattore positivo per l’incremento della quotazione, come accennato in altre occasioni, deriva dalla domanda crescente dell’industria orafa alimentata dalle richieste di gioielleria proveniente dai Paesi Asiatici e, in modo particolare, da Cina e India. Il dato è connesso al trend positivo di fenomeni socio/economici e, occasionalmente, alle festività indù.
Festività che, nel recente passato, hanno fatto rilevare un consumo di 100 tonnellate di oro al mese per due mesi consecutivi; tendenza che dovrebbe continuare con l’avvicinarsi del capodanno cinese.
Nello scenario generale vanno considerate le politiche monetarie dei paesi come la Russia che, a fronte del continuo crollo del Rublo per lo squilibrio finanziario causato dalla drastica caduta del prezzo del petrolio (fondamentale componente delle entrate di bilancio), ha dovuto ricorrere a politiche di sostegno alla moneta attuata con l’incentivazione del ritorno dei capitali nazionali e con l’acquisto di oro.
L’insieme convergente di dette dinamiche sta facendo registrare la migliore quotazione del metallo giallo dell’ultimo trimestre con un forte incremento degli investimenti nell’oro.
Se concentrassimo l’analisi sulle cause che negli ultimi mesi hanno portato il prezzo dell’oro ai minimi storici, oggi si evince una forte mutazione dell’andamento dell’economia reale. Nell’ultimo periodo, infatti, vi erano incoraggianti segnali di ripresa dell’economia alimentati dal calo dei prezzi delle materie prime (di produzione), dall’inflazione contenuta e dalle previsioni di innalzamento dei tassi da parte della FED (Federal Reverse) che hanno spinto gli investitori ad impegnare le proprie risorse in capitale di rischio o capitale di debito.
Non si può affermare lo stesso scenario consultando i dati macroeconomici diffusi nelle ultime settimane, i quali danno segnali scoraggianti per il rilancio dell’economia negli Stati Uniti d’America, difatti, il dato sui NFP (Non Farm Payrolls) è risultato nettamente al di sotto delle previsioni, le vendite dei beni essenziali non hanno sorpreso, l’inflazione sembra essere in aumento e la Federal Reserve ha rinviato l’aumento dei tassi d’interesse al 2016.
Gli investitori, a fronte di tali manifestazioni e alla forte richiesta di metalli preziosi da parte delle piazze orientali, hanno riportato la concentrazione dei propri capitali nel mercato dell’oro sottraendo i propri investimenti al mercato dei titoli azionari e obbligazionari con rendimenti poco soddisfacenti.
Le recenti quotazioni, dunque, hanno rilevato una crescita che ha portato il prezzo dell’oro da livelli minimi, anche al di sotto dei 1.100 $ l’oncia, agli attuali 1177$. In prospettiva, fermo restando che la tendenza al rialzo resti costante, ci si aspetta che i valori arriveranno, entro fine anno, a 1200$ l’oncia riaccendendo l’attenzione su questa forma di diversificazione di investimenti.
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