Tra tutti i mali che poteva scardinare, tra tutte le crudeltà che poteva pungolare, tra tutte le lordure che poteva mettere a nudo, quello di spingere i propri avversari – ossia i preti cui vengono affidate le anime che i suoi strali tentano quotidianamente di aggredire – verso lo sfruttamento sessuale dei minori è certamente il suo migliore risultato.
L’invasione dei preti pedofili – o meglio, la pentola scoperchiata su secoli di abusi ai minori, ancor più indifesi ed inermi in quanto assegnati alla loro tutela – è una piaga che non accenna a rimarginarsi. Decine e decine le condanne terribili emesse sulla base di prove schiaccianti, tutte univoche nel confermare il più bieco tra i reati del nostro codice penale.
Don Riccardo Seppia – il parroco genovese della Chiesa del Santo Spirito di Sestri Ponente finito in manette per aver violentato un 16enne e aver ceduto cocaina a un altro giro di ragazzi – potrebbe essere l’ennesima pecora nera del gregge.
E potrebbe essere tra le peggiori (ma il condizionale è d’obbligo sino a condanna definitiva) ove si pensi alla carica denotante della miscela esplosiva lussuria-droga.
Superfluo un commento ad una condotta che viola legge, morale, diritto penale, diritto canonico, voto e veste sacri.
E’, invece, interessante constatare che finalmente i vertici ecclesiastici hanno deciso di prendere pubblicamente atto di questo vergognoso fenomeno e di iniziare ad affrontare di petto il problema, non importa se con spirito più o meno laico, più o meno morale e religioso, più o meno efficace.
Quel che conta è l’atto di buona volontà, ed indubbiamente dimostra di esserlo la Circolare della Congregazione per la dottrina della fede, pubblicata lo scorso 3 maggio 2011 ed inviata alle Conferenze episcopali per elaborare le Linee guida contro la pedofilia. Documento importante, soprattutto sul piano dei principi, dove viene formalmente sottolineato che la pedofilia non è solo un delitto canonico ma innanzitutto un crimine perseguito “dall’autorità civile”, con la quale i vertici ecclesiastici hanno il dovere di cooperare per il relativo deferimento dei religiosi.
Sarà il tempo a dimostrare la reale azione requirente nei confronti dei colpevoli, e l’effettiva portata riparatoria nei confronti delle vittime e dell’intera “utenza” cristiana.
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