Si precisa fin da subito che non si intende analizzare la natura di tale contratto né le problematiche dottrinali ad esso correlate.
In cosa consiste il preliminare di preliminare?
Nel caso di specie la Suprema Corte è stata chiamata a giudicare l’efficacia vincolante di una scrittura privata intitolata “dichiarazione preliminare d’obbligo” con cui il promittente venditore e il promissario acquirente si obbligavano alla stipula di un futuro e “regolare preliminare” qualora la Banca avesse liberato l’immobile oggetto della futura compravendita da ipoteca.
Una prima considerazione da fare è che se le parti si obbligano alla stipula di un regolare preliminare sono consapevoli del fatto che la scrittura privata oggetto della controversia non costituisse un vero e proprio contratto preliminare.
In sostanza l’interesse delle parti che emerge dalla scrittura privata, così descritta dalla sentenza, era solo quello di obbligarsi a concludere un preliminare. Qualificare tale obbligo come costituente un preliminare di preliminare è poi operazione della giurisprudenza e degli studiosi.
Prescindendo dal preliminare di preliminare, l’efficacia vincolante di tale scrittura privata si sarebbe potuta riconoscere anche mediante l’indagine sull’effettiva volontà delle parti ai sensi dell’art. 1362 c.c., che è norma imperativa.
Punto pacifico in dottrina e giurisprudenza è che si possa parlare di preliminare di preliminare solo laddove il secondo preliminare non costituisca una semplice ripetizione del primo: nel caso in cui il primo preliminare già contenesse elementi essenziali del contratto definitivo, infatti, il secondo costituirebbe soltanto un inutile aggravio.
Per tale ragione si può dire che nel caso di specie proprio perché la scrittura privata non disciplina in maniera completa l’assetto di interessi, la medesima possa essere qualificata come preliminare di preliminare.
Occorre una seconda riflessione: come le stesse Sezioni Unite sottolineano, nel mercato attuale la contrattazione tra privati diventa sempre più articolata. La verifica dell’affidabilità dei contraenti, i controlli da effettuare sui beni, la complessità dei contatti ha portato ad una tripartizione delle fasi contrattuali: per riassumere, una prima fase in cui c’è la proposta (d’acquisto), una seconda in cui si conclude il vero e proprio preliminare ed infine una terza in cui si stipula il definitivo mediante il rogito notarile.
In particolare nella prima fase, è difficile per il giurista dare una qualificazione giuridica stabile agli innumerevoli moduli delle agenzie immobiliari nonché gli svariati documenti frutto dell’autonomia dei privati.
In tale contesto forse, sarebbe più corretto considerare tali atti come preparatori al contratto: lettere d’intenti, minute o puntuazioni, la cui obbligatorietà peraltro non è pacifica tra gli studiosi.
Si tratta di atti che stabiliscono con precisione variabile il contenuto contrattuale: generalmente sono documenti che fissano i punti sostanziali del futuro contratto, il quale si perfezionerà solo una volta raggiunto l’accordo su tutti gli elementi.
In tale fase della trattativa ci sono dei punti (essenziali o secondari) ancora “in sospeso”, e i suddetti atti sono appunto prodromici al raggiungimento progressivo della convergenza delle volontà.
In tale ottica è vero che nel caso di specie l’atto contiene la volontà delle parti di obbligarsi, ma se le Sezioni Unite hanno riconosciuto efficacia vincolante ad una scrittura privata, in futuro non potrebbe parlarsi di preliminare di preliminare anche per i moduli su carta carbone che fanno compilare le agenzie immobiliari?
Giungere ad una simile conclusione potrebbe essere eccessivo: come detto, già esistono nel nostro ordinamento altre figure che sanciscono l’impegno graduale, anche se poi in concreto l’eventuale soggetto inadempiente di una minuta (giuridicamente rilevante) risponderebbe solo a titolo di responsabilità extracontrattuale. Consolidata giurisprudenza ritiene infatti che in caso di responsabilità precontrattuale il soggetto inadempiente sia responsabile solo dell’affidamento ingenerato nella controparte circa la conclusione nel futuro contratto.
L’inadempimento del preliminare, invece, dà luogo, ai sensi dell’art. 2932 c.c., a tutela in forma specifica: una sentenza costitutiva in luogo del contratto definitivo non stipulato.
Se ciò è vero, dal preliminare del preliminare violato dovrebbe derivare l’applicazione di tale forma di tutela. Le Sezioni Unite invece precisano che da tale violazione derivi sì una responsabilità contrattuale ma non una tutela in forma specifica.
Tale conclusione comporta un’ulteriore considerazione: se il preliminare del preliminare non garantisce l’applicazione dell’art. 2932 c.c., in cosa differirebbe da una minuta o puntuazione?
In fin dei conti a volte anche con la minuta le parti definiscono il contenuto del futuro contratto riservandosi di trascriverlo in un documento diverso (ad esempio un atto pubblico), usando la minuta stessa come documento provvisorio (Bianca, Il contratto).
È vero anche che la Suprema Corte precisa che non bisogna abusare del c.d. preliminare di preliminare; tuttavia ciò non assicura che in futuro un modulo dell’agenzia immobiliare, che fissi in via generale gli elementi essenziali del contratto, non potrà essere anch’esso qualificato come preliminare di preliminare quando in realtà è utilizzato il più delle volte solo per comunicare al notaio i dati da inserire nell’atto pubblico.
Per concludere occorre riflettere su un fenomeno più generale: si assiste negli attuali e sofisticati traffici economo-giuridici ad una “procedimentalizzazione” del contratto (Palermo, L’autonomia negoziale).
Trasponendo il procedimento istituto tipico del diritto amministrativo al diritto civile (S. Romano), si può oggi dire che la trattativa si compone di una serie di atti prodromici al contratto finale.
Preliminare del preliminare, lettere di intenti, puntuazioni testimoniano un’esigenza più profonda dei privati: ovvero quella di contrattualizzare una serie di obblighi che altrimenti sarebbero riconducibili al generico obbligo di buona fede, ai sensi dell’art. 1337 c.c..
Per esigenze di certezza nei traffici commerciali, le parti quindi preferiscono procedimentalizzare la trattativa, la quale sarà sempre governata dall’obbligo di buona fede. Durante tale fase però, i contraenti definiscono i contenuti specifici di tale obbligo vincolandosi in maniera graduale con una serie di atti.
Secondo il presente articolo, l’esigenza è in sostanza quella di sottrarsi all’arbitrio del giudice, il quale richiamandosi all’art. 1337 c.c. potrebbe intervenire in maniera distorsiva rispetto alla reale volontà delle parti: esigenza legittima in un sistema di diritto positivo.
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