Quest’ultimo, secondo l’opinione tradizionale (C.M. Bianca, P. Trimarchi, A. Torrente, R. Sacco, F. Messineo) è un contratto mediante il quale una o più parti si obbligano alla stipulazione di un successivo contratto, detto definitivo.
Al contratto preliminare, riconosciuto ma non definito dall’art. 1351 CC, si ricorre di norma quando le parti, avendo determinato almeno i termini essenziali di un affare conveniente, intendono, vincolarsi in vista della stipulazione di quello definitivo, perché al momento non è realizzabile l’accordo che si vuole concludere (esempio, immobile in costruzione) oppure, pur essendo le stesse od una di esse giunta ad una valutazione definitiva sulla convenienza economica dell’affare, si ritiene opportuno approfondirne i presupposti di validità e regolarità.
Un settore ove l’uso del contratto preliminare si è particolarmente sviluppato è quello delle compravendite di beni immobili in cui un ruolo importante ha avuto ed ha da tempo l’attività delle c.d. Agenzie Immobiliari che hanno dato vita ad un tipo di negoziazione molto articolata. Nella prassi essa si snoda sostanzialmente in cinque fasi: a) nella prima, colui che vuole vendere l’immobile conferisce l’incarico al mediatore immobiliare, contenuto e sottoscritto in un modulo predisposto dall’agenzia con cui vincolare l’immobile ad una futura vendita; b) nella seconda, il mediatore, in un modulo denominato proposta irrevocabile d’acquisto raccoglie il consenso del potenziale acquirente che sottoscrive il foglio, consegnando normalmente una somma di denaro; c) nella terza, l’aspirante venditore accetta la proposta di acquisto da cui si forma la fattispecie definita preliminare di preliminare; d) la quarta, è quella della stipulazione del preliminare vero e proprio; e) la quinta è quella in cui viene stipulato il contratto definitivo, ossia l’atto pubblico avanti il Notaio.
Abbiamo voluto richiamare l’attenzione su detta prassi perché proprio nell’ambito della procedimentalizzazione delle varie fasi della negoziazione, caratteristiche delle vendite immobiliari assistite da un mediatore professionale, si è maggiormente sviluppata la problematica della configurabilità del contratto preliminare di preliminare sulla quale è intervenuta la recente sentenza della Cassazione a S.U. 06.03.2015 n. 6226.
Prima di addentrarci nella vexata questio, va notato che il problema si pone per quelle negoziazioni in cui le parti “con lo scambio della proposta/accettazione” si siano obbligate a stipulare un vero e proprio contratto preliminare in cui fissare con esattezza gli elementi essenziali dell’accordo e non anche nella ipotesi in cui tali elementi siano già contenuti concretamente e conformemente nella proposta ed accettazione, ivi essendo indicato il bene da compravendere, il prezzo, le modalità di pagamento, il termine entro cui stipulare il rogito presso il Notaio scelto da una delle parti stesse, sostanziando un preliminare vero e proprio che rende inutile “il passaggio“ attraverso il preliminare di preliminare, permettendo di approdare alla fase di conclusione attraverso il negozio definitivo di compravendita (cfr. Cass. 14/07/2004 n. 13067; Tribunale di Salerno 07/09/2007 n. 2041; Tribunale di Torino 03/12/2010 n. 7329).
Particolarmente significativo nelle suddette decisioni è il fatto che il riferimento, nella fattispecie concreta, alla necessità di procedere alla redazione di un futuro contratto preliminare di natura ricognitiva e finalizzato ad una più compiuta formalizzazione dell’accordo non priverebbe della natura di preliminare del primo accordo a cui si è dato vita attraverso lo scambio di proposta/accettazione contenente gli elementi essenziali del negozio. In questo senso, illuminante appare la citata Cass. 2004/13067 che nella parte motiva chiarisce come dalla proposta dell’aspirante acquirente accettata dall’aspirante venditore e contenente l’indicazione del prezzo, delle modalità di pagamento, della data della stipula del contratto definitivo e della consegna dell’immobile debba configurarsi già un preliminare con la conseguenza che la previsione di stipulare innanzi il Notaio lo stesso preliminare non implichi che le parti non lo abbiano già concluso, significando soltanto la loro intenzione di riprodurlo per dargli una veste più sicura senza esprimere una nuova volontà. Tali conclusioni sono state condivise da Cass. 09/12/2014 n. 25923 che ha ritenuto sussistere l’accordo vincolante anche nel caso di semplice conoscenza dell’accettazione da parte del proponente.
A maggior ragione, quando nel modulo contenente proposta e accettazione sono indicati oltre i suddetti elementi della futura vendita anche l’esplicita affermazione che il modulo stesso deve considerarsi preliminare all’esito della sottoscrizione delle parti (Trib. Savona 06.08.12 in Red. Giuffrè 2012).
Detto questo, va osservato che, al contrario, la giurisprudenza ha visto sempre con sfavore la configurabilità di un preliminare quando le parti si obbligano alla futura stipulazione non del contratto definitivo bensì di un contratto preliminare senza essere sottoposto (alla conclusione della c.d. fase iniziale) alla possibilità di esecuzione in forma specifica.
Sarebbero quelle intese che vanno sotto il nome di “minute” o “puntuazioni“ che, secondo la giurisprudenza di legittimità, ricorrono allorché simili documenti contengono intese parziali in ordine al regolamento di interessi (c.d. puntuazione di clausole) o accordi negoziali compilati in funzione preparatoria dello stesso ( c.d.puntuazione completa di clausole).
L’ipotesi è quella sub c), che nella sequenza ricordata viene a porsi come un anello intermedio, privo di valenza giuridica tant’è che all’esito di detta fase procedimentale, per ritornare all’istituto della mediazione, ancora non si è verificata la condizione della conclusione dell’affare (agganciata alla esistenza quantomeno di un preliminare vero e proprio, ravvisabile anche in una proposta accettata contenente tutti gli elementi testé indicati), idonea per il sorgere del diritto alla provvigione ex art. 1755 c.c.
La ritenuta inammissibilità nel nostro Ordinamento del preliminare di preliminare sarebbe giustificata dal fatto che la fattispecie giuridica si paleserebbe essere priva di causa, difettando la funzione economico-sociale, con conseguente nullità del negozio. In buona sostanza, non sarebbe possibile ravvisare nella figura del preliminare di preliminare alcun interesse economico meritevole di tutela idoneo a giustificare qualsivoglia vincolo.
Tale impostazione si trova affermata in alcune sentenze del Tribunale di Napoli da cui ha preso le messe la problematica in questione: si citano Trib. Napoli 23.11.1982 in Giust. Civ. 1983, 283; Trib. Napoli 21.02.1985 in Diritto e Giur. 1986, 725 ed ancor più risalente Trib. Napoli 30.07.1947 n. 2298.
Su tale scia si segnalano nella giurisprudenza di merito anche Trib. Firenze 10.07.99 (in Gius 2000,6), Trib. di Imperia 21.03.2005 (Fonte Redazione Giuffrè 2006), Trib. Bologna 19.03.2013 n. 858 (in Sole 24 ore Mass. Lex 24), l’inedita Tribunale di Civitavecchia 29.03.2013 n. 271 (in un caso in cui le parti all’interno di una loro scrittura privata si erano impegnate a concludere entro una tale data un “compromesso” vincolante per la successiva vendita).
Per quanto riguarda la giurisprudenza della S.C. il disfavore nei confronti del preliminare di preliminare è stato esplicitato soprattutto nelle sentenze 02.04.2009 n. 8038 e 10.09.2009 n. 19557 in cui a chiare lettere si afferma che “l’art. 2932 c.c. istaura un diretto e necessario collegamento strumentale tra il contratto preliminare e quello definitivo, destinato a realizzare effettivamente il risultato finale perseguito dalle parti. Riconoscere come possibile funzione del primo anche quella di obbligarsi ad ottenere quell’effetto, darebbe luogo ad una inconcludente superfetazione, non sorretta da alcun effettivo interesse meritevole di tutela secondo l’ordinamento giuridico, ben potendo l’impegno essere assunto immediatamente: non ha senso pratico il promettere ora di ancora promettere in seguito qualcosa, anziché prometterlo subito”. Si tratterebbe in altre parole soltanto di singolari architetture giuridiche che non avrebbero altro scopo che quello di aumentare inutilmente il contenzioso e come tali non meritevoli di alcuna tutela perché prive di causa giuridica.
È proprio alla c.d. scuola napoletana che va assegnato il merito di aver tentato di delineare una giustificazione causale alla fattispecie in esame, sulla base dell’art. 1322 c.c.
In questa direzione appare orientata la giurisprudenza successiva del Tribunale partenopeo, molto attivo in argomento, laddove è stato affermato che proprio in virtù del principio della autonomia negoziale, “deve ritenersi accessibile e meritevole di tutela nel nostro Ordinamento il c.d. contratto preliminare di preliminare quando lo stesso costituisca un momento ben caratterizzato dall’iter progressivo per il raggiungimento del compiuto regolamento di interessi, ben potendo le parti dapprima addivenire ad un contratto in cui siano precisati i soli elementi essenziali della stipulanda vendita (cosa, prezzo, modalità di pagamento, ecc.) indi ad un contratto che pur non costituendo vendita definitiva, puntualizzi dettagliatamente tutti gli elementi della stessa (la quarta fase nell’iter procedimentale suddetto) per giungere alla stipula della vendita definitiva: un momento avente una sua autonoma funzione economico-sociale che a vendita conclusa consentirà di inquadrarlo nell’articolato processo formativo, avente come punto di arrivo il contratto finale di compravendita.
A parte i dubbi interpretativi che tale momento, appartenente alla c.d. fase tre dell’anzidetto processo formativo, non possa costituire esso stesso contratto preliminare vincolante a tutti gli effetti le parti, tanto da far dire che in esso potrebbe ravvisarsi, ad esempio, quella conclusione dell’affare propedeutica al sorgere del diritto di provvigione nella mediazione immobiliare (Cass. 2004/13067 citata, Trib. Lecce 02.01.2013 n. 4), il pensiero di quella che è stata definita “scuola napoletana” ha costituito senza dubbio un passo in avanti per accordare dignità giuridica ad una fase formativa della volontà delle parti meritevole di tutela. Ed è utile richiamarlo perché in dette argomentazioni sembra riecheggiare quanto osservato, con l’autorevolezza che le è propria, dalla Cassazione a Sezioni Unite nella motivazione della pronuncia 2015/4626.
L’occasione dell’intervento delle Sezioni Unite viene offerta dalla Seconda Sezione Civile della stessa Cassazione attraverso l’ordinanza interlocutoria del 12.03.2014 n. 5779 proprio in un caso deciso dalla Corte di Appello di Napoli, la quale aveva dichiarato la nullità del contratto preliminare relativo alla vendita di un immobile in Avellino in cui si era prevista la stipulazione di un “regolare preliminare di compravendita ove, entro un certo termine, il Banco di Napoli avesse dato il suo assenso alla cancellazione dell’ipoteca gravante su detto immobile.
Nella ordinanza in questione la S.C., ricordando l’orientamento giurisprudenziale di cui si è accennato, che vede nel preliminare di preliminare un negozio nullo per difetto di causa, non essendo meritevole di tutela l’interesse di obbligarsi ad obbligarsi, in quanto produttivo di inutili duplicazioni, ha ritenuto che “tale orientamento, nella sua assolutezza, potrebbe essere meritevole di precisazioni, con riferimento alle ipotesi che in concreto possono presentarsi”.
Se “potrebbe dubitarsi della nullità del contratto preliminare il quale si limitasse a prevedere un obbligo di riproduzione del suo contenuto al verificarsi di determinate circostanze (come nel caso di specie in cui la stipulazione del preliminare era subordinata al consenso del Banco di Napoli alla cancellazione dell’ipoteca)”, tuttavia continua la SC, quel che più conta è che il contratto preliminare di preliminare non esaurisce il suo contenuto precettivo nell’obbligarsi ad obbligarsi ma contiene anche l’obbligo di addivenire alla conclusione del contratto definitivo”. In questo senso, “apparirebbe difficile, in considerazione del principio di cui all’art. 1419 1° comma CC, ritenere che la nullità dell’obbligo di concludere un contratto preliminare già perfetto possa travolgere anche l’obbligo, che si potrebbe definire finale, di concludere il contratto definitivo”.
Eccoci, dunque, alla sentenza delle Sezioni Unite, che sicuramente non ha tradito le attese degli operatori del diritto intervenendo, con la autorevolezza che le è propria, in un settore, quello della contrattazione immobiliare e della attività di mediazione professionalmente gestita, che nell’ultimo decennio ha avuto un tale sviluppo ed evoluzione da richiedere dei precisi parametri di riferimento per gli attori (parti, mediatori, legali) coinvolti nella quotidiana contrattazione, che spesso richiede approfondimenti sulla fattibilità e regolarità della operazione e finanche sulla affidabilità delle parti, che permettono di fissare alcuni elementi essenziali condivisibili tra le stesse rinviando ad altri momenti o ad una fase successiva l’accordo e la formalizzazione finale, all’esito delle suddette verifiche.
L’interrogativo posto dalla giurisprudenza e dalla dottrina riguarda la validità di detti accordi prodromici che intervengono nel corso di quelle che possiamo chiamare trattative o meglio come dicono le S.U. stadi pre-negoziali molto avanzati, che di per sé non potrebbero essere connotati di disvalore giuridico in quanto assunti dalle parti come punti non più contrattabili, essendo già stati concordati esaurientemente ma ancora inidonei per la configurabilità di un vero e proprio contratto preliminare, pur escludendosi che si possa tornare a discutere di quelli già fissati.
Le Sezioni Unite scrutando doverosamente quanto accade nella società, dunque, forniscono in un certo senso una interpretazione che “incontra” le esigenze emergenti nel corso della contrattazione laddove, come già accennato, occorre sviluppare ulteriori accertamenti in un settore, quello della pratica degli affari, dove l’evoluzione sociale ed economica ha determinato la necessità di una maggiore attenzione prima di definire una operazione commerciale che potrebbe rilevarsi (come purtroppo sovente accade) del tutto fallace. Non a caso la S.C. riconosce la esistenza di tali esigenze a motivo di “una società complessa come la nostra interessata da pervasivi fenomeni criminosi, da sospette manipolazioni nel tessuto economico, dal fiorire incontrollabile di nullità minori”.
In buona sostanza, le S.U. valorizzano la libertà delle parti e la loro autonomia di determinare e di fissare un nucleo di interessi da trasfondere nelle varie fasi contrattuali, dando centrale rilievo all’interesse concretamente perseguito dalle stesse nel caso specifico, discostandosi dalla teoria della funzione economico-sociale del contratto per sposare, quindi, la c.d. causa concreta dello stesso, intesa (come già argomentato da Cass. 08/05/2006 n. 10490) come “scopo pratico del soggetto…….sintesi degli interessi che lo stesso è concretamente diretto a realizzare quale funzione individuale della singola e specifica negoziazione al di là del modello astratto utilizzato”.
Mercé tale scelta, le S.U. criticano le teorie che pongono l’alternativa “preliminare o definitivo” che “amputerebbe” forme di autonomia privata “laddove è possibile, nell’ambito della c.d. procedimentalizzazione delle fasi contrattuali, di riconoscere valore ad accordi che corrispondono ad “un complesso di interessi che stanno realmente alla base della operazione negoziale”.
In questo, senso se certamente deve considerarsi nullo un mero obbligo di obbligarsi a produrre un vincolo che non abbia o non possa avere contenuto ulteriore e differente rispetto a quello assunto, non potrebbe configurarsi la nullità di un contratto che contenga la previsione della successiva stipula di un preliminare, allorquando il primo contenga già gli estremi del preliminare, come le parti, il bene, il prezzo. Anzi l’assenza della causa (riscontrata in Cass. 2009/8038) potrebbe riguardare eventualmente il secondo e non il primo contratto.
Si tratterebbe nello specifico di un accordo iniziale non configurabile come preliminare perché mancano elementi essenziali ma che esclude che si possa tornare a discutere sui punti già compiutamente regolati. La violazione di tali “intese a contrattare” dà luogo a responsabilità contrattuale da inadempimento di una obbligazione specifica sorta nel corso della formazione del contratto, riconducibile alla terza delle categorie considerate nell’art. 1173 C.C. cioè alle obbligazioni derivanti da ogni fatto o atto idoneo a produrle in conformità dell’ ordinamento giuridico.
Tali conseguenze, in relazione ad esempio a quanto previsto dall’art. 1755 C.C. riferito ad un settore della vita economica in cui si è posta maggiormente la problematica de qua, comportano il sorgere del diritto alla provvigione da parte del mediatore. Ed invero se la giurisprudenza fino a ieri ha ritenuto la stipulazione del preliminare, nella accezione tradizionale, come condizione minima per il riconoscimento del diritto alla provvigione, l’intervento delle S.U. amplia la gamma di tali possibilità (è questa una buona notizia per gli agenti immobiliari) considerato che la conclusione dell’affare ex art. 1755 C.C. ha un significato più ampio di quello di contratto comprendendo ogni operazione di contenuto economico risolventesi in una utilità di carattere patrimoniale ossia di un atto in virtù del quale viene costituito un vincolo che dà la possibilità di agire per l’adempimento dei patti raggiunti o, in mancanza, per il risarcimento danni (cfr. ex multis Cass. 22/03/2001 n. 4111; Cass. 08/08/2002 n. 12022; Cass. 26/09/2005 n. 18779; Cass. 09/06/2009 n. 13260; Cass. 02/11/2010 n. 22273).
Quindi, anche per la c.d. puntuazione vincolante o per quell’accordo che produce effetti obbligatori con esclusione della esecuzione in forma specifica ex art. 2932 C.C. (negli esempi citati).
Occorre indagare, secondo le S.U., se tale accordo costituisce già un contratto preliminare valido e suscettibile di determinare gli effetti di cui all’art. 1351 e 2932 C.C. o se al contrario produca solo effetti obbligatori con esclusione dell’applicabilità dell’art. 2932 C.C. per il caso di inadempimento. Ed occorre anche indagare, aggiungono le S.U., se nei c.d. stadi pre-negoziali molto avanzati si presentino quei fenomeni (c.d. mere puntuazioni) in cui le parti hanno solo iniziato a discutere di un possibile affare e senza alcun vincolo fissano una possibile traccia di trattativa: essi tanto si arricchiscono di contenuti, tanto si avvicinano al preliminare.
Dalle mere puntuazioni occorre distinguere le puntuazioni vincolanti che fissano i contenuti dell’accordo irrevocabilmente raggiunto.
Alla luce di dette considerazioni il Giudice di legittimità ha potuto, quindi, formulare il presente principio di diritto:
“In presenza di contrattazione preliminare relativa a compravendita immobiliare che sia scandita in due fasi, con la funzione di stipula di un contratto preliminare successiva alla conclusione di un primo accordo, il Giudice di merito deve preliminarmente verificare se tale accordo costituisce già esso stesso contratto preliminare valido e suscettibile di conseguire gli effetti ex art. 1351 e 2932 cpc, ovvero anche soltanto effetti obbligatori ma con l’esclusione della esecuzione in forma specifica in caso di inadempimento. Riterrà produttivo di effetti l’accordo denominato come preliminare con il quale i contraenti si obbligano alla successiva stipula di un altro contratto preliminare, soltanto qualora emerga la configurabilità dell’interesse delle parti ad una formazione progressiva del contratto basata sulla differenziazione di contenuti negoziali e sia identificabile la più ristretta area del regolamento di interessi coperta dal vincolo negoziale originato dal primo preliminare.
La violazione di tale accordo, in quanto contraria a buona fede, potrà dar luogo a responsabilità per la mancata conclusione del contratto stipulando, da qualificarsi di natura contrattuale per la rottura del rapporto obbligatorio assunto nella fase precontrattuale”.
Più chiaro di così!
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