In caso di problematiche relative alla gestione dei beni comuni, l’amministratore è tenuto a rivolgersi al proprietario dell’immobile dato in locazione, dal momento che, per legge, deve svolgere la sua attività esclusivamente nei confronti dei condomini e non anche di altri soggetti. Nel caso di danni alle proprietà private, ad esempio perdite d’acqua, l’interessato potrà invece contattare direttamente l’utilizzatore dell’immobile, se presente, altrimenti dovrà rivolgersi anche in questo caso al proprietario.
La stessa legge sulle locazioni, peraltro, prevede che tutti gli obblighi di pagamento degli oneri condominiali e i rapporti con l’amministratore siano a carico dei proprietari e non degli inquilini. In caso di immobile dato in affitto, quindi, gli altri proprietari non hanno alcun diritto di conoscere nomi, dati, e informazioni relative agli utilizzatori e al contratto.
Questo vale appunto per tutti gli altri proprietari, ma per l’amministratore di condominio la questione è leggermente differente.
Secondo parte della giurisprudenza di merito: “La rappresentanza, non soltanto processuale, dell’amministratore del condominio è circoscritta alle attribuzioni, ai compiti ed ai poteri stabiliti dall’art. 1130 c.c. ed in tale veste, per il corretto esercizio delle funzioni di rappresentanza e di gestione attribuitegli dal suindicato articolo, deve conservare le generalità complete dei condomini, facendo, laddove necessario, espressa richiesta di informazioni ai medesimi.” (Trib. Nocera Inferiore Sez. II, 30/04/2014).
Ma il corretto esercizio delle sue funzioni, in primis, la gestione dell’ente condominiale, può comportare anche l’esigenza da parte dell’amministratore di richiedere ai condomini-proprietari di visionare le generalità dell’affittuario così come recita testualmente l’art. 1130 comma I n. 6 secondo cui l’amministratore deve: “curare la tenuta del registro di anagrafe condominiale contenente le generalità dei singoli proprietari e dei titolari di diritti reali e di diritti personali di godimento, comprensive del codice fiscale e della residenza o domicilio” ma anche per la tutela del condominio stesso, laddove ad esempio si ravvisino atteggiamenti molesti posti in essere dall’affittuario e difformi da quanto previsto nel regolamento condominiale.
Vero è che in tali circostanze, comunque, la tutela del condominio è salvaguardata dal diritto dell’ente di rivalersi nei confronti del proprietario, quest’ultimo, poi, dovrebbe a sua volta chiamare in causa l’inquilino inadempiente.
Un importante e fondamentale criterio per la trattazione dei dati sensibili da parte dell’amministratore è quello della pertinenza: in linea di principio, possono essere trattate solo le informazioni personali pertinenti e non eccedenti le finalità di gestione e amministrazione delle parti comuni, mentre esulano dal trattamento i dati che non siano correlati alle predette attività o che siano strettamente collegate alle quote dovute dai partecipanti al condominio.
In particolare, il trattamento dei dati sensibili (come quelli relativi alla salute) o dei dati giudiziari è consentito esclusivamente nel caso in cui siano strettamente indispensabili ai fini dell’amministrazione del condominio. Lo stesso art. 1130 n. 6 c.c. specifica che “Ogni variazione dei dati deve essere comunicata all’amministratore in forma scritta entro sessanta giorni. L’amministratore, in caso di inerzia, mancanza o incompletezza delle comunicazioni, richiede con lettera raccomandata le informazioni necessarie alla tenuta del registro di anagrafe. Decorsi trenta giorni, in caso di omessa o incompleta risposta, l’amministratore acquisisce le informazioni necessarie, addebitandone il costo ai responsabili”.
Si rende necessario comunicare all’amministratore tutto ciò che riguarda questi aspetti, altrimenti lui può reperirli di propria iniziativa addebitando le spese della ricerca al proprietario. La questione, se così si può dire, rispetto ai dati del conduttore è che non esiste alcuna anagrafe pubblica dei contratti di locazione.
Mentre per l’usufrutto è sufficiente effettuare una ricerca nei pubblici registri immobiliari, o per la residenza presso l’ufficio anagrafe del Comune, per gli affitti (siano essi ad uso abitativo o ad uso diverso) non è così. Esiste una norma esattamente l’art. 18, terzo comma, d.p.r. n. 131/86, che recita: “su richiesta delle parti contraenti, dei loro aventi causa o di coloro nel cui interesse la registrazione è stata eseguita, l’ufficio del registro rilascia copia delle scritture private, delle denunce e degli atti formati all’estero dei quali è ancora in possesso nonché delle note e delle richieste di registrazione di qualunque atto pubblico o privato…”
Insomma l’amministratore per conoscere il nome del conduttore, meglio per avere certezza, a meno che questo non si palesi personalmente, potrebbe adire un giudice. Al condomino, quindi, anche se praticamente questa pare una soluzione remota, conviene collaborare e rispondere alla richiesta.
Tuttavia, risulta auspicabile, anche se non ancora previsto dalla normativa in materia, che l’amministratore conosca i termini del contratto di locazione intercorrente, tra un proprietario ed il suo affittuario esercente, ad esempio, attività di piano bar notturno, discoteca o altro, tanto rientrerebbe nella diligenza che l’amministratore condominiale è tenuto a porre in essere nell’esercizio della sua attività, laddove si creino immissioni acustiche o di altro genere, nonché danni di diversa natura verso il condominio ma anche verso i terzi.
“E’ davvero importante – sottolinea il Presidente dell’Autorità garante per la privacy, Antonello Soro – garantire un giusto livello di riservatezza nei rapporti condominiali e tra vicini di casa nella vita di ogni giorno. Bisogna fare in modo, però, che la tutela della privacy non sia usata come pretesto per limitare la trasparenza nella gestione condominiale, omettendo dati che tutti i condomini devono poter conoscere”.
Orbene, nel caso di un affittuario che perpetri comportamenti lesivi per la salute (immissioni olfattive, uditive…), per il decoro architettonico o che danneggi in altro modo le parti comuni condominiali, si renderebbe necessario da parte dell’amministratore di condominio conoscere del contratto locatizio per poter addivenire ad una decisione in merito all’opportunità o meno di incardinare procedimenti giudiziari ad hoc nei confronti del locatario e/o del proprietario.
Tanto perché spesso non è ben chiara la titolarità della legittimazione passiva processuale tra inquilino e proprietario e perché, soprattutto, l’amministratore del condominio riveste una specifica posizione di garanzia, ex art. 40, comma secondo, cod. pen., in virtù della quale ha l’obbligo di attivarsi per rimuovere le situazioni di pericolo per l’incolumità di terzi.
Del resto, deve esiste un rapporto anche tra amministratore di condominio ed inquilino relativo, se non altro, al rispetto del Regolamento condominiale, nonché in sede di assemblea. Infatti, il conduttore godendo delle parti comuni del condominio è sempre tenuto al rispetto delle regole inserite nel regolamento, e può essere chiamato giudizialmente dall’amministratore nel caso in cui non le rispetti, assieme al proprietario il quale sarà sempre obbligato a dover vigilare sul buon uso della propria unità abitativa nonché sulle parti comuni del condominio.
La legge, inoltre, attribuisce al conduttore la sua partecipazione alla vita condominiale seppur limitatamente, evitando di sostituire il proprietario nella gestione di tutti i servizi condominiali. In merito, l’art. 10 della Legge sull’equo canone attribuisce al conduttore “il diritto di voto in luogo del proprietario dell’appartamento locatogli, nelle delibere dell’assemblea condominiale relative alle spese e alle modalità di gestione dei servizi di riscaldamento e di condizionamento d’aria”, e di intervenire, seppur senza diritto di voto, sulle delibere riguardanti la modificazione di altri servizi comuni.
Tornando all’oggetto specifico del presente studio, appare opportuno riprendere ciò che viene detto nel vademecum –il condominio e la privacy- compilato dal garante, secondo cui i singoli condomini non possono appellarsi al cosiddetto diritto di accesso ai dati previsto dalla normativa sulla privacy (art.7 del Decreto legislativo 30 giugno 2003, n. 196 Codice in materia di protezione dei dati personali) per consultare le informazioni riferibili all’intera compagine condominiale: ad esempio, il contratto di affitto di un appartamento di proprietà condominiale stipulato con un soggetto terzo. Tale specifico diritto, infatti, spetta all’amministratore (o altra persona munita di apposito incarico da parte della compagine condominiale), mentre il singolo condomino può richiedere l’accesso solamente ai propri dati personali.
Naturalmente ogni condomino può conoscere tutte le informazioni relative all’intera gestione condominiale in base ad altre norme dell’ordinamento, ed in particolare alle disposizioni del codice civile. Sempre secondo il garante per la privacy, l’amministratore deve sempre saper conciliare le esigenze di trasparenza nella gestione condominiale con la riservatezza dei singoli.
L’assemblea può decidere di designarlo anche formalmente “responsabile del trattamento” dei dati personali dei partecipanti al condominio (proprietari, locatari, usufruttuari), attribuendogli uno specifico ruolo in materia di privacy. Possono essere trattate soltanto le informazioni personali pertinenti e non eccedenti le finalità di gestione e amministrazione delle parti comuni.
Si possono usare, ad esempio, i dati anagrafici e gli indirizzi dei condòmini (ai fini della convocazione dell’assemblea o per altre comunicazioni), i dati riferiti alle quote millesimali di proprietà, eventuali ulteriori dati necessari al calcolo delle spese condominiali.
Non possono essere trattati, invece, dati che non siano correlati ad attività di gestione e amministrazione delle parti comuni o che non siano strettamente collegati alle quote dovute dai partecipanti al condominio. È vietato, ad esempio, riportare in fogli cartacei o elettronici condominiali, vicino a nomi di condòmini o inquilini, annotazioni personali quali “single”, “non verrà all’assemblea”, “va in vacanza a giugno”, “risponde sempre la segreteria”.
Nel caso in cui vengano utilizzati dati riferibili a soggetti terzi rispetto ai condòmini, è importante non dimenticare di informarli in particolare sugli scopi e sulle modalità del trattamento dei dati, nonché sugli altri diritti riconosciuti dal Codice della privacy.
Pertanto, la tutela della privacy su cui l’amministratore deve vigilare non deve scalfire il diritto dell’ente a tutelare la trasparenza nella gestione. Del resto la riforma del condominio ha statuito con la modifica dell’art.1130 I comma n.6 c.c, come già accennato, l’obbligo per l’amministratore di redigere l’anagrafe condominiale, con l’indicazione dei dati personali non solo dei condomini-proprietari ma anche degli inquilini, al fine di scoraggiare la tentazione (da parte dei proprietari) di omettere la registrazione dei contratti di locazione come per Legge.
L’anagrafe condominiale ha l’ulteriore funzione di fornire all’amministratore la mappatura globale dello stato giuridico di ogni unità immobiliare afferente all’ente, in modo da semplificare la gestione dello stesso. Pertanto, concludendo, l’amministratore di condominio non può conoscere o meglio la Legge non prevede che conosca il contenuto degli eventuali contratti di locazione intercorrenti tra inquilini e proprietari ma deve secondo il garante per la privacy conoscere del contratto di locazione dell’immobile di proprietà del condominio, intercorrente tra lo stesso condominio e l’inquilino (anche perché sarebbe il medesimo amministratore a stipularlo), escludendo da tale diritto i singoli condomini che possono avere accesso solo ai propri dati personali.
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