Secondo la legge i soggetti tenuti a sottoscrivere tale polizza sono le donne (e gli uomini) che si occupano della cura della casa e del nucleo familiare in via esclusiva, gratuitamente e senza subordinazione, di età compresa tra i 18 e 65 anni.
Il costo di questa polizza è veramente esiguo: viene richiesto, infatti, il pagamento di un premio annuale di 12,91 euro, mentre la copertura è addirittura gratuita per le famiglie con reddito annui che non superi i 9296,22 euro.
Eppure sono poco più di un milione le polizze che sono state sottoscritte nel 2017, laddove si stima che in Italia gli uomini e le donne che si occupano della casa senza avere altre attività lavorative e con meno di 65 anni siano più di 4 milioni. Quindi, se solo una casalinga su quattro è in regola con il pagamento del premio annuale INAIL, le restanti tre sono a rischio sanzione.
Dove sono da ricercare i motivi dell’insuccesso di questa pur lodevole (almeno sulla carta) iniziativa?
È utile, a questo proposito, precisare brevemente quali rischi copra la polizza INAIL per le casalinghe. Si tratta dei casi di infortunio avvenuti in occasione (e a causa) dello svolgimento del lavoro in ambito domestico, ma solo nel caso in cui sia derivata una inabilità permanente pari o superiore al 27%.
Nel verificarsi di tali eventi viene corrisposta dall’INAIL una rendita vitalizia con periodicità mensile, il cui ammontare può oscillare dai 186,18 euro ai 1292,90 euro, a seconda del grado di invalidità effettivo.
Quindi la polizza non prevede un indennizzo in caso di inabilità temporanea a seguito dell’infortunio, nè in tutti quei casi in cui l’eventuale invalidità permanente sia inferiore al 27%. In altre parole, è una polizza che paga soltanto in caso di infortuni molto gravi, per altro con un riconoscimento economico dilazionato nel tempo e di entità veramente esigua.
Per intenderci, se la massaia si rompe un braccio cadendo da uno sgabello o si trancia un dito, non riceverà nessun indennizzo, fermo restando che anche i casi più gravi saranno sempre i medici dell’INAIL a stabilire se l’assicurato abbia diritto alla rendita, sempre che si riesca a dimostrare che l’incidente è avvenuto durante lo svolgimento degli affari domestici.
Appare evidente che la tutela garantita da questa polizza obbligatoria è, nei fatti, del tutto marginale: paga poco, e solo per sinistri gravissimi. La circostanza che non sia “sentita” dai diretti interessati come uno strumento utile, quindi, è del tutto giustificata.
Del resto lo stato non fa poi molto per fare rispettare l’obbligo a contrarre previsto per legge, visto che l’eventuale sanzione è pari a 12,91 euro, cioè l’esatto importo del premio!
E poi, come si fa a verificare che un soggetto si occupi “della cura della casa e del nucleo familiare” esclusivamente, gratuitamente e senza subordinazione? Sanzione praticamente inesistente e impossibilità, nel concreto, di perseguire gli “evasori”.
Insomma, un’altra occasione mancata da parte dello Stato per offrire un servizio utile ai cittadini, in particolare a quei soggetti che si assumono il gravoso compito di garantire il benessere del nucleo essenziale che compone lo Stato stesso, e che è garantito solennemente nella Costituzione: la famiglia.
Ecco, se letta in questa chiave, la tutela della sicurezza di milioni di uomini e donne che si occupano stabilmente del benessere dei propri congiunti meriterebbe strumenti più efficaci.
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