Tre inchieste (prima a carico dei neofascisti bresciani, poi di quelli milanesi, infine degli ordinovisti veneti), undici sentenze, nessun colpevole. E 38 anni dopo quel 28 maggio del 1974 in cui furono uccise otto persone e altre cento rimasero ferite dall’esplosione di una bomba nel corso di una manifestazione antifascista promossa dai sindacati nell’agorà della città lombarda, non si conosce ancora la verità. E forse non la si saprà mai.
I giudici della Corte d’assise d’appello di Brescia, dopo quattro giorni di camera di consiglio, hanno assolto l’ex ispettore per il Triveneto di Ordine nuovo, il medico veneziano Carlo Maria Maggi, l’ex ordinovista, ora imprenditore in Giappone Delfo Zorzi, l’ex collaboratore del Sid, Maurizio Tramonte – che aveva confessato con molti dettagli per poi ritrattare tutto in aula – e il generale dei carabinieri Francesco Delfino, nei giorni dell’eccidio capitano, comandante del Nucleo investigativo dei Carabinieri di Brescia e accusato di aver saputo della strage imminente e di averla assecondata.
Per loro il procuratore Roberto Di Martino e il pm Francesco Piantoni avevano chiesto l’ergastolo; per il fondatore di Ordine Nuovo, Pino Rauti, assolto come gli altri in primo grado, la Procura non aveva fatto appello e quindi non ne aveva chiesto la condanna.
I giudici, sulla scorta di una prassi che sembra aver preso piede ultimamente in vicende analoghe, hanno condannato tutte le parti civili al pagamento delle spese processuali. Una cifra che sarà comunque modesta, dal momento che di attività istruttoria non ne è stata praticamente fatta, ma che suona comunque come una beffa per chi per tutti questi anni ha chiesto incessantemente giustizia. I parenti delle vittime hanno accolto la sentenza con compostezza, quasi con rassegnazione, in un’aula in cui è sceso il gelo. Della loro amarezza si è fatto interprete Manlio Milani, presidente dell’Associazione familiari delle vittime, che il 28 maggio del ’74 perse la moglie, Livia Bottardi, e che si batte costantemente per cercare la verità «Una beffa, è ridicolo, permettetemi di dirlo, che in questi processi che sono contro anche due uomini che rappresentavano lo Stato, si debbano anche pagare le spese processuali». Il riferimento è al parlamentare Rauti e a Delfino che si occupò inizialmente delle indagini: «E l’esito è anche il risultato di come sono state condotte le prime indagini», ha aggiunto Milani.
C’è amarezza ma anche la «serenità di aver fatto tutto il possibile» nelle parole del procuratore Roberto Di Martino dopo la sentenza con la quale in appello è stata confermata l’assoluzione per tutti gli imputati nel processo per la strage di piazza della Loggia a Brescia. «E’ una vicenda da affidare alla storia», ha detto il procuratore. «Già solo il fatto che siano passati 38 anni non poteva non condizionare il risultato, noi abbiamo fatto il possibile, ci siamo impegnati al massimo. Era una cosa che doveva raggiungere una sua conclusione. Per questo ho ritenuto doveroso partecipare alla fase di appello», ha affermato il procuratore Di Martino.
Di Martino è convinto che le parole del presidente Enzo Platè che ha ringraziato i giudici popolari per la loro abnegazione non siano pro forma. «Altrettanto ha fatto il collegio – commenta – lo abbiamo capito già dalla lettura della relazione che ha seguito passo per passo i momenti del nostro appello. E questo denota anche da parte dei togati una conoscenza approfondita degli atti e quindi non possiamo che prendere atto di questa decisione. È chiaro che siamo oramai a una valutazione storica, più che giuridica». Di un’eventuale impugnazione in Cassazione sarà il suo collega Francesco Piantoni ad occuparsi, perché di Martino non fa più parte della Procura di Brescia, quando tra 90 giorni si conosceranno le motivazioni.
La sentenza su piazza della Loggia non fa che allungare la lista degli attentati rimasti senza colpevoli. Le attività di depistaggio hanno avuto un ruolo fondamentale in queste storie, è evidente. Ma è altrettanto evidente che c’è qualcosa che non va in questa giustizia, in queste attività investigative, in queste assoluzioni.
Solo per ricordarne alcuni:
12 dicembre 1969, Piazza Fontana
Attentato alla banca nazionale dell’ Agricoltura in piazza Fontana a Milano, 16 i morti. Ancora ignoti gli esecutori della strage. Tutti gli imputati finora processati sono stati assolti. Ignota ancora anche la dinamica della morte dell’anarchico Pinelli.
17 maggio 1973, Questura di Milano
Attentato alla questura di Milano, 4 le vittime. L’esecutore è Gianfranco Bertoli,che ha una condanna definitiva all’ergastolo. Ma Bertoli è solo l’esecutore. Resta ancora giudiziariamente irrisolto il problema dei mandanti.
23 novembre 1973, Argo 16
Tutti assolti gli imputati per l’incidente dell’aereo dei servizi segreti, morti tutti e 4 i componenti dell’equipaggio.
4 agosto 1974, treno Italicus
L’attentato al treno “Italicus”, 12 morti. Ancora ignoti gli esecutori. Tutti gli imputati processati sono stati assolti.
27 giugno 1980, Ustica
Strage di Ustica, 81 vittime. Ancora ignota la dinamica stessa dell’ accaduto.L’anno scorso la condanna a un risarcimento record (110 milioni) ai familiari dei ministeri della Difesa (per omissioni e depistaggi) e dei Trasporti (per non aver garantito la sicurezza del volo). Ma il verdetto è stato impugnato.
2 agosto 1980, Stazione di Bologna
Attentato alla stazione di Bologna,85 morti. Valerio Fioravanti e Francesca Mambro sono stati condannati all’ergastolo, e la sentenza è definitiva. La Mambro e Fioravanti, che hanno ammesso le loro responsabilità in altri gravi episodi, si proclamano però innocenti. Ora c’è un’inchiesta bis alternativa, con indagati tedeschi, e fondata sull’ipotesi di una pista palestinese.
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