Perché la scuola fa sciopero contro la riforma Renzi-Giannini

Redazione 04/05/15
Scuola, riecco i giorni della protesta. Martedì 5 maggio è il giorno in cui l’istruzione tornerà a fermarsi per dire no al disegno di legge “la buona scuola”, che il governo ha portato in Parlamento nelle scorse settimane.

La data scelta è quella del 5 maggio 2015, cioè domani, quando in centinaia di istituti in tutto il Paese le lezioni si fermeranno, del tutto o in anticipo rispetto all’orario canonico, a seguito delle adesioni dei lavoratori alla giornata di agitazione.

A proclamare la protesta i maggiori sindacati della scuola, con in prima linea Flc Cgil, Cisl, Uil Scuola, Snals e Gilda. Insomma, sul fronte delle sigle sindacali, lo sciopero ha fatto il pieno di adesioni: ora, si attende solo la risposta dei lavoratori che, dai primi riscontri, dovrebbe essere massiccia.

Professori, dipendenti, amministrativi, collaboratori scolastici e Ata in genere incroceranno le braccia per dire no alla riforma del governo Renzi. Un clima piuttosto caldo, come testimoniano i recenti sviluppi sul fronte del dibattito, entrambi avvenuti a Bologna: prima, la contestazione al ministro della Pubblica istruzione Giannini, che ha dovuto lasciare il palco dove stava intervenendo, poi, ieri, gli scontri dentro e fuori la festa dell’Unità per l’intervento del presidente del Consiglio, che, nell’occasione, ha anche incontrato i rappresentanti del mondo della scuola.

Ma perché insegnanti e lavoratori hanno deciso di scioperare?

La riforma “la buona scuola” è il disegno di legge che il governo ha presentato alle Camere e attualmente è in esame alla Commissione Cultura di Montecitorio.

Tra i punti contestati dai sindacati figurano:

il potere di “chiamata” dei docenti affidato ai dirigenti scolastici, che potranno attingere all’Albo territoriale. A parere dei promotori questa norma, da una parte, va contro il dettato costituzionale – lì dove conferma la necessità di accedere a lavori pubblici tramite concorso – e potrebbe creare profonda disparità tra gli istituti nel territorio;

dopo un triennio, il Dirigente può rispedire indietro l’insegnante. A parere dei sindacati, questa legge indurrebbe una forte limitazione della libertà e dell’autonomia degli insegnanti, nel timore di non venire “bocciati”.

la scomparsa del ruolo del Collegio Docenti. In sostanza, si critica la centralità che dovrebbe venire ad assumere il dirigente scolastico, mentre ai docenti non resterebbe che un ruolo di consulenza, senza possibilità di incidere direttamente sulle decisioni concernenti l’offerta didattica.

le assunzioni inferiori alle promesse. A parere dei sindacati, i docenti che entreranno in ruolo non saranno 100mila, ma a malapena 40mila i quali, peraltro, saranno immessi negli Albi a disposizione dei dirigenti, che potranno poi decidere o meno di chiamarli. C’è poi la seconda fascia di istituto, un bacino di altre migliaia di insegnanti che potrebbero trovarsi tutti disoccupati a partire da settembre.

scuole private: agevolazioni illegittime. Ultimo punto, è quello degli sgravi per chi decide di iscrivere i figli alle scuole private paritarie.

Vai al testo del ddl “La buona scuola”

Redazione

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