Gestione del servizio pubblico locale in house, bastano i presupposti?

La travagliata materia dei servizi pubblici locali si arricchisce di un’ulteriore pronuncia giurisprudenziale che interviene ancora una volta sulla questione della legittimità del ricorso all’autoproduzione.

Con la sentenza n. 854 del 2011, il Consiglio di Stato ha infatti ribadito l’illegittimità di un affidamento del servizio ad una società a capitale interamente pubblico in assenza di una adeguata motivazione circa la scelta di tale modalità di gestione.

Com’è noto l’art. 23 bis D.L. n. 112/08 ha relegato a ipotesi eccezionale e derogatoria la gestione in house del servizio pubblico locale, con il relativo obbligo da parte dell’ente affidante di motivare analiticamente circa le ragioni che non hanno consentito il ricorso ad una delle modalità di gestione previste dalla norma in via ordinaria.

La pronuncia dei giudici di Palazzo Spada si inserisce tuttavia nel precedente contesto normativo di cui all’art. 113 del D.L.gs. n. 267/00 in cui la scelta della gestione in house non presenta carattere subordinato rispetto a quella dell’affidamento a terzi tramite gara ad evidenza pubblica o a società mista, ma ciononostante ribadisce la necessità di una congrua motivazione circa la scelta compiuta.

In particolare, il Consiglio di Stato ha condiviso le ragioni del T.A.R. che aveva ritenuto insufficiente la motivazione di una deliberazione consiliare comunale che si limitava a dare conto della sussistenza delle condizioni per l’affidamento in house, senza specificare le ragioni per le quali tale affidamento sarebbe stato preferibile rispetto alle altre modalità di gestione del servizio.

Il T.A.R. aveva evidenziato che l’art. 113 del TUEL configura come alternative le modalità di gestione dei servizi pubblici locali con conseguente obbligo, derivante dai principi generali dell’azione amministrativa, di operare una valutazione comparativa, con adeguata motivazione delle ragioni per le quali si è scelto di utilizzare una modalità di gestione piuttosto che un’altra.

I giudici di Palazzo Spada hanno poi precisato che, pur non essendo necessaria un’apposita e approfondita motivazione del ricorso all’affidamento diretto, occorre comunque dimostrare, non solo la sussistenza dei presupposti richiesti per l’autoproduzione, ma anche la convenienza rispetto all’affidamento della gestione del servizio a soggetti terzi.

In difetto, la scelta sarebbe infatti del tutto immotivata e contraria al principio di buona amministrazione che impone la scelta più consona agli interessi dell’amministrazione all’atto dell’adozione di atti comportanti una scelta tra più opportunità, non potendosi escludere a priori che il ricorso ad un soggetto terzo sia più conveniente rispetto al ricorso ad una società in house.

Salvatore Mattia

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