Ecco, dunque, che i senatori Antonio D’Alì e Giorgio Santini hanno presentato la proposta di modifica alla finanziaria che allarga la platea delle pensioni alte interessate al contributo di solidarietà. Obiettivo, cercare di porre un freno allo stop all’indicizzazione delle pensioni, che una recente sentenza ha peraltro sospettato in odore di incostituzionalità.
In principio, lo stop alle rivalutazioni delle pensioni doveva riguardare quelle sopra i 3mila euro al mese per il 100%, con fasce a scalare che contemplano riduzioni ridotte ma comunque presenti.
Sempre 3mila, ma in numero di quantità, dovevano essere, poi, le pensioni sottoposte a contributo di solidarietà secondo le disposizioni del testo originale della legge di bilancio, cioè quelle superiori a 150mila euro, con prelievi del 5%, 10% o 15% fino a 250mila euro o superiori. Ora, invece, la modifica inserita nel testo in commissione, a ridosso del via libera definitivo, prevede che anche i redditi da pensione a partire dai 90mila euro vengano interessati da questo contributo di solidarietà.
Nella fattispecie, a cambiare è il rapporto prelievo-reddito, nella misura in cui entro i 155mila euro arriverà l’esborso del 5%, quindi, entro i 167mila l’asticella salirà al 10%. Per chi, invece, supera i 14mila euro al mese di pensione, il versamento solidale ammonterà al 15%.
Tutto ciò, provocherà un allargamento delle pensioni interessate del versamento agli ex lavoratori più poveri pari a 37mila unità in definitiva. Con ciò, si amplia di riflesso anche il novero degli assegni pensionistici che avrebbero dovuto essere oggetto della mancata rivalutazione, stabilita, come tetto, a 1443 euro al mese nel testo originale della legge. Da ora, con il nuovo emendamento, a subire la rivalutazione piena saranno le pensioni fino a sfiorare i 2mila euro. In questo modo, insomma, la mancata rivalutazione delle pensioni finisce quasi con lo scomparire del tutto, dal momento che i pensionati che vedranno il proprio assegno ricalcolato verso l’alto saranno 20 milioni di 23.
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