Si sono chiuse lo scorso venerdì 14 febbraio le domande per la cessazione del servizio, inoltrate da coloro che matureranno i requisiti nell’anno in corso. Innanzitutto, bisogna registrare il drastico calo di richieste, rispetto alla mole attesa prima della riforma Fornero, che ha cambiato i requisiti, rendendo molto più difficile l’ingresso al sistema pensionistico.
Così, invece degli 80mila messi in preventivo per l’anno in corso, le domande pervenute dovrebbero essere circa 12mila e 500, ossia il 50 percento rispetto alle 25mila persone che potrebbero ritirarsi dal lavoro.
Il dato che balza all’occhio riguarda una crescita sensibile delle domande rispetto alla platea degli aventi diritto, pari alla metà dei possibili pensionati: un aumento di non poco conto rispetto alla situazione pre riforma, quando a chiedere la pensione era esclusivamente il 30 percento degli aventi diritto.
Secondo gli osservatori, ciò è dovuto al fatto che la situazione precaria dei conti pubblici e del sistema previdenziale in particolare, unita alla preoccupazione di ulteriori riforme in seno alla previdenza, che potrebbero complicare ulteriormente l’accesso al sistema previdenziale, sta spingendo più lavoratori a chiedere il ritiro non appena maturati i requisiti.
Si tratta, secondo i primi resoconti, in gran parte di amministrativi Ata, che hanno potuto accedere anche alla pensione anticipata, in virtù di agevolazioni che consentono il ritiro dal lavoro con le precedenti leggi. Poi, nutrita dovrebbe essere la rappresentanza dei docenti al di sotto dei 64 anni, con 38 anni di anzianità contributiva, oltre alle donne che abbiano compiuto i 57 anni e 3 mesi, con contributi per almeno 35 anni.
Poi, come dicevamo, ci sono i dimenticati, ossia i Quota 96 – coloro che abbiano maturato, tra età anagrafica e anzianità di contributi versati, appunto cifra pari a 96 . Il disegno di legge che dovrebbe sbloccare la loro situazione, è fermo alla Camera. Prima del parere della Commissione Bilancio sulle coperture, l’iter non verrà fatto ripartire e, con il cambio di governo imminente, l’attesa rischia di diventare davvero infinita.
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